venerdì 13 maggio 2016

Microbo e Gasolina (Gondry 2015)

È come se I quattrocento colpi (Truffaut 1959) e Stand by me (Reiner 1986) avessero incontrato la leggerezza di Hayao Miyazaki...
L'ultima pellicola di Michel Gondry, ambientata nel piccolo centro di Versailles, è indubbiamente una bella storia di formazione e allo stesso tempo un particolarissimo road movie, che racconta l'amicizia di Daniel (Ange Dargent) e Theo (Théophile Baquet), rispettivamente Microbo, come lo chiamano a scuola per la statura, e Gasolina, il nuovo arrivato che ha spesso l'odore di benzina a causa dei suoi esperimenti con i motori.
Due realtà profondamente differenti: il primo è il più piccolo di tre fratelli maschi in una famiglia apparentemente unita e solida, in cui la madre (Audrey Tautou) è stanca ma inerme di fronte alle bravate dei figli. Il secondo, invece, è dovuto crescere ben oltre la sua età, tra una madre malata che demanda a lui molte incombenze casalinghe, e un padre rigattiere che lo reputa un buono a nulla a differenza del fratello maggiore che ha scelto la carriera militare.
Daniel è l'unico che rimane affascinato da Theo, che tutti gli altri sembrano scansare, e quest'ultimo gli dimostra la sua amicizia sostenendolo quando espone i suoi disegni in una piccola galleria di Versailles, in un vernissage di cui resta l'unico presente. È in questa occasione, peraltro, che Daniel si guadagna il nomignolo di Schizzo-rock, per i soggetti punk delle sue composizioni ispirate al gruppo musicale del fratello maggiore. Ma è proprio Theo che spesso interpreta il ruolo del ragazzo più maturo e non a caso è vicino a Daniel quando gli rivela di essersi innamorato della compagna di classe Laura che lo tratta come un amico.
A questa non certo banale quotidianità i due danno un'ulteriore impennata, decidendo di partire per le vacanze costruendosi un proprio mezzo di locomozione, usando un motore e tutto quello che riescono a montargli attorno. Ne viene fuori una sorta di casa mobile costituita dalla rete di un letto, pezzi di mobili, assi di legno tra le quali trova posto l'oblò di una lavatrice, e persino un abbaino, in pieno stile francese... Problemi di omologazione, patente di guida, tenuta in strada? Non cercate realismo in una bella fiaba come questa: il realismo non interessava un maestro come Hitchcock, figuriamoci quanto possa interessare un regista visionario come Gondry.
Eppure il cineasta francese si pone la domanda e la risolve con naturalezza e con un pizzico di ironia: Theo prova a chiedere l'omologazione della vettura senza successo, burocrazia e lungaggini rischierebbero di cancellare il loro viaggio; due poliziotti si fermano per osservarla, ma solo per scattarsi un selfie; in fondo, come sostiene Daniel, basta parcheggiare in un prato e tutti penseranno che si tratti di una vera abitazione..
Una cosa è certa, la macchina con cui viaggiano in giro per la Francia entra a buon diritto tra le più strambe della storia del cinema, al pari del trattore di Una storia vera (Lynch 1999), al gatto-bus de Il mio vicino Totoro o lo stesso maniero ambulante che dà il titolo a Il castello errante di Howl (Miyazaki 1988, 2004).
Non mancano le suggestioni cinefile. Dopo i già citati I quattrocento colpi, che anche la colonna sonora di Jean-Claude Vannier omaggia in alcuni passi, e Stand by me, con Daniel e Theo che diventano giovani uomini durante un'estete, nel corso del loro viaggio, Microbo e Gasolina si ritrovano nel giardino di una coppia che vorrebbe tenerli con sé al posto dei figli ormai lontani da casa. L'uomo è un dentista ossessivo che fa pensare al suo omologo de La piccola bottega degli orrori (Corman 1960 e remake Oz 1986), ma Gondry non ci dà la possibilità di appurarlo, facendo fuggire i suoi protagonisti troppo presto. Il secondo rimando è più diretto: Daniel immagina di conquistare la sua Laura a bordo lago, in un bacio rotolante che fa il verso ad uno dei baci più famosi della storia del cinema, quello tra Burt Lancaster e Deborah Kerr in Da qui all'eternità (Zinnemann 1953).
La sceneggiatura funziona e i due protagonisti hanno battute che illustrano bene le loro personalità. Daniel, che fa davvero il diavolo a quattro... o i quattrocento colpi, per dirla con la frase idiomatica francese che dà il titolo al capolavoro di Truffaut, è capace di giustificare un buco nel muro nella stanza con un eloquente "ormai è in prescrizione, è un anno che è là", che lascia la madre senza parole. Il suo romanticismo traspare da parole quali "non voglio rinunciare all'amore, è un dolore nobile". Theo, invece, prima sentenzia con superiorità il bullismo scolastico - "i bulli di oggi sono le vittime di domani" - e poi. con un arduo paragone storico, dice "la nostra auto è la Francia dl '40".
Quest'ultima battuta è solo una delle tante dietro le quali sembra esserci il pensiero di Michel Gondry, che dà vita a due personaggi profondamente inattuali: Daniel ha una disavventura con l'i-phone regalatogli dal fratello e preferisce lasciarlo in una buca insieme ai suoi escrementi piuttosto che tentare di salvarlo da quella scomoda condizione; lo stesso Daniel, in fuga dalla casa del dentista, si dispera per aver visto un poster di Shakira in camera; e così Theo, all'inizio del viaggio, non sapendo usare un navigatore, prende una comune mappa e prorompe in un emblematico "noi siamo dell'era della carta", che è solo la prova del nove della loro inattualità adolescenziale.
I dialoghi sono tutti da seguire e il momento in cui Daniel teme di essere troppo influenzabile da Theo è un piccolo gioiello della sceneggiatura, tanto più che sul finale il ragazzino con la "faccia da angelo d'argento" - in un calembour che usa il nome del giovane attore, Ange Dargent -, sembra davvero aver imparato qualcosa dal suo amico...

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