venerdì 22 aprile 2016

Mad Max: Fury Road (Miller 2015)

Impossibile parlare di questo film senza partire dalla notte degli Oscar, che gli ha conferito ben 6 statuette: montaggio, scenografia, costumi, sonoro, montaggio sonoro, trucco.
Eppure l'ennesima pellicola della saga di Mad Max non sembra meritare tutta questa gloria. Futuro distopico e trama pressoché nulla, alla fine si ha la sensazione di aver assistito ad una versione aggiornata, in una società praticamente priva di acqua e benzina, de La corsa più pazza d'America.

Road movie su un pianeta totalmente virato al rosso che sembra Marte, in cui la bellissima Imperatrice Furiosa (Charlize Theron), con un braccio bionico, è a capo delle "generatrici", cinque splendide schiave che hanno il compito di far riprodurre il terribile Immortan Joe (Hugh Keays-Byrne). Il gruppo di donne, costituito da Angharad la splendida (Rosie Huntington-Whiteley), Toast la sapiente (Zoë Kravitz),  Capable (Riley Keough), Dag (Abbey Lee) e Cheedo la fragile (Courtney Eaton), è in fuga per terre desertiche - le scene sono state girate in Namibia -, ed è inseguito da Nux (Nicholas Hoult), figlio del tiranno e dai Figli della guerra, i suoi miliziani, che tengono prigioniero l'ex poliziotto Max Rockatansky (Tom Hardy, che per l'ennesima volta dimostra la sua versatilità), a prua del loro veicolo.
Naturalmente, anche se la corsa si ferma per la prima volta solo dopo mezz'ora di film, Max e le generatrici riusciranno a proseguire insieme la fuga e daranno speranza di rinascita all'umanità.
Le prue umane dei veicoli suscitano ilarità: non solo Max con una museruola a gabbia che lo fa sembrare un portiere di hockey su ghiaccio, ma anche un uomo che suona due tamburi, davanti al quale è un chitarrista mascherato, il cui strumento lancia fiamme ad ogni accordo, e che resta in silenzio e mugola come lo "storpio" di Pulp Fiction (Tarantino 1994).
Il sonoro assordante, unito alla colonna sonora all'insegna del rock elettronico (ventisei brani dell'olandese Tom Holkenborg, noto come Junkie XL) e ai grugniti dei personaggi, rendono incomprensibili gran parte delle battute, ma il danno non è poi così grave, dato che quando sentiamo qualcosa di più distinto, una delle "generatrici" prorompe in un "noi non siamo cose", in cui si riassume tutta la loro autodeterminazione... ma non basta, perché uno dei primi scambi tra Max e Furiosa, vede la seconda dichiarare "loro cercano speranza" e alla domanda di Max "e tu che cerchi", la risposta della donna è "redenzione". Tutto sommato l'assordante sonoro non era poi così male.
L'unico centro abitato che vediamo per tutto il film è la Cittadella, una sorta di grande fabbrica, che naturalmente fa pensare a Metropolis (Lang 1927), dove la ritualità ricorda quella dei popoli precolombiani di Mel Gibson (proprio lui che era stato l'eroe dei precedenti episodi di Mad Max, 1979, 1981, 1985) in Apocalypto (2006).
Le sequenze notturne sono girate con un bell'effetto notte, ma non si fa a tempo ad apprezzarle, perché il viaggio dei ribelli fa tappa in un luogo che ha un traliccio dell'alta tensione come unico elemento dello skyline, evidente rudere post-industriale che rimandi al presente dello spettatore. Qui incontrano le Molte Madri rimaste in vita, donne di una civiltà distrutta capeggiate da Valchiria (Megan Gale - sic).
State certi... la corsa, nonostante le vostre speranze, non è ancora finita!

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