La trentottenne Gia(ncarla) Coppola, figlia del primogenito di Francis Ford Coppola, Gian-Carlo - morto in un folle incidente in motoscafo a soli 22 anni - affronta una storia tutta al femminile e ha nel cast due stelle, Pamela Anderson e Jamie Lee Curtis. Ne viene fuori un film non indimenticabile, ma che si sofferma e fa riflettere sullo sfruttamento del corpo femminile nel mondo dello spettacolo e sulle conseguenze che questo può avere sulla vita di una donna, sulla sua maternità, sul contrasto tra volontà, desideri e schemi sociali, che ha il merito di illuminare le ombre del sogno americano, come il celebre capolavoro di Billy Wilder del 1950 (trailer).
Le due attrici brillano nel drammatico ruolo di donne un tempo osannate per la loro bellezza, costrette a reinventarsi un presente, tra pragmatismo e malinconia. Per il resto, la pellicola non si segnala per innovazione né dal punto di vista cinematografico, né tantomeno da quello narrativo.
Shelley Gardner, 57 anni (la vera età di Pamela Anderson), è la ballerina di punta di Razzle Dazzle che va in scena da trentotto anni in un teatro di Las Vegas: ha iniziato appena maggiorenne e quello spettacolo è diventato il centro della sua vita. La sua migliore amica, Annette (Jamie Lee Curtis), ha invece lasciato quel palco da anni e ha trovato un lavoro come cameriera sexy in uno dei tanti casinò della "Sin City", ma non dimentica la sua prima vocazione e Gia Coppola le riserva una sequenza di danza sulle note di Total Eclipse of the Heart di Bonnie Tyler (1983), mentre il montaggio alterna anche le immagini di Eddie che tristemente si riscalda una minestra al microonde per cena, mentre Shelley passeggia triste per Las Vegas.
Shelley Gardner, 57 anni (la vera età di Pamela Anderson), è la ballerina di punta di Razzle Dazzle che va in scena da trentotto anni in un teatro di Las Vegas: ha iniziato appena maggiorenne e quello spettacolo è diventato il centro della sua vita. La sua migliore amica, Annette (Jamie Lee Curtis), ha invece lasciato quel palco da anni e ha trovato un lavoro come cameriera sexy in uno dei tanti casinò della "Sin City", ma non dimentica la sua prima vocazione e Gia Coppola le riserva una sequenza di danza sulle note di Total Eclipse of the Heart di Bonnie Tyler (1983), mentre il montaggio alterna anche le immagini di Eddie che tristemente si riscalda una minestra al microonde per cena, mentre Shelley passeggia triste per Las Vegas.
Anche per la protagonista c'è una sequenza musicale dedicata, ed è quella che fa da cornice al film: un provino con cui la storia si apre, ma che è in realtà è una prolessi della vicenda e, quindi, torna più avanti. La ballerina si esibisce con la musica di Shadow of the Night (Pat Benatar, 1982), ancora una volta un brano degli anni '80, segno del tempo passato, come non mancherà di sottolineare colui che deve giudicarla per quel provino ("eri solo bella... un tempo") e che, dopo il rifiuto, scatenerà la reazione di Shelley ("ho 57 anni e sono bella, testa di cazzo!").
La mdp in concitato movimento, gli altri momenti malinconici di Shelley che si guarda allo specchio o che balla sotto le due iconiche showgirl da quindici metri tra Main Street e Las Vegas Boulevard, il rapporto con Eddie (Dave Bautista), l'ideatore dello spettacolo con cui un tempo ha avuto una relazione, e quello con la figlia, Hannah (Billie Lourd, figlia di Carrie Fisher).
Con Eddie si vede una parte della visione femminista della pellicola, seppur molto edulcorata. Lui la considera una vera e propria leggenda dello show e, quando in una serata a cena la vede in forma smagliante, le fa dei complimenti che suonano male ("sei bellissima anche vestita"), mentre Shelley sottolinea come alle donne tocchi sempre fare quello che non vogliono e che c'è sempre qualcuno che dice loro cosa debbano fare. D'altronde per lui la vita nello showbusiness di Las Vegas potrà andare avanti, perché svolta dietro le quinte, mentre per lei, il cui successo si è sempre basato sulla bellezza, non potrà essere così: "tu continuerai, io dovrò sparire".
La donna si sente sempre sotto giudizio e, in effetti, è così anche con sua figlia, in quello che di fatto è il motivo centrale della pellicola. Shelley, infatti, dopo aver partorito ha affidato Hannah a un'altra famiglia, scegliendo di non occuparsene. Ora la ragazza è grande, si sta per laureare e ha tanti sassolini nelle scarpe contro una madre che ha preferito quella carriera a lei, una carriera non facilmente accettabile, tanto più dal suo punto di vista. Lo scambio di battute tra le due, dopo che Hannah ha visto per la prima volta lo spettacolo delle Razzle Dazzle è durissimo: "era più importante questa schifezza di me?" "mi dispiace, ma non posso più giustificarmi".
La donna si sente sempre sotto giudizio e, in effetti, è così anche con sua figlia, in quello che di fatto è il motivo centrale della pellicola. Shelley, infatti, dopo aver partorito ha affidato Hannah a un'altra famiglia, scegliendo di non occuparsene. Ora la ragazza è grande, si sta per laureare e ha tanti sassolini nelle scarpe contro una madre che ha preferito quella carriera a lei, una carriera non facilmente accettabile, tanto più dal suo punto di vista. Lo scambio di battute tra le due, dopo che Hannah ha visto per la prima volta lo spettacolo delle Razzle Dazzle è durissimo: "era più importante questa schifezza di me?" "mi dispiace, ma non posso più giustificarmi".
Il dolore si unisce, quindi, al moralismo e peggiora lo stato delle cose. Shelley soffre, e la realtà sbattuta in faccia in quel modo fa ancora più male: chiede scusa, ma è evidente, anche se la sceneggiatura non ne parla, che allora non si sentisse in grado di fare la madre.
Eppure, a un certo punto della sua vita si è persino sposata, è andata a New York per seguire il marito: Annette la prende in giro, "saresti stata una perfetta Rockette", riferendosi al celebre corpo di ballo femminile newyorchese. Ma le cose non sono andate ed è tornata a Las Vegas, quella che sente come casa, quella che le dà il brivido di cui ha bisogno per vivere.
The Last Showgirl è una pellicola sull'accettazione e sul lasciare scorrere, nella consapevolezza, e talvolta nell'amarezza, che non si possa modificare la realtà. Come dice Shelley "le nostre madri sono solo persone che fanno il meglio che possono", e lei, nonostante i sensi di colpa, sa cosa la fa stare bene. Non a caso le resta facile comprendere il desiderio di Hannah di viaggiare e di fare la fotografa, a dispetto della madre adottiva che vorrebbe spingerla verso un lavoro più redditizio. "La cosa più dura è fare un lavoro che non ci piace". In fondo la mela non è caduta molto lontano dall'albero...
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