La persona peggiore del mondo, parte di una trilogia che comprende anche Reprise (2006) e Oslo, 31 august (2011), è ambientato a Oslo ed è articolato in dodici capitoli introdotti da un prologo e chiusi da un epilogo. Una struttura decisamente letteraria per una pellicola "di parola", fatta soprattutto di dialoghi, grazie all'ottima sceneggiatura scritta dal regista e da Eskil Vogts (trailer).
Julia (Renate Reinsve, premio come miglior attrice a Cannes 2021), per dirla con Walt Whitman, "è vasta, contiene moltitudini", cosa che appare evidente sin da subito, quando, con un veloce montaggio, la regia ci mostra i vari cambiamenti di studi che fatalmente si uniscono all'alternarsi di compagni di vita. Lascia così la facoltà di medicina e un ragazzo che studia lì come lei, perché ha la sensazione che sia "come fare il falegname", per passare a psicologia e legarsi a uno dei docenti, poiché interessata più all'anima delle persone che ai meccanismi fisici del corpo.
A questo seguirà la passione per la fotografia e per un fotografo e, infine, per un fumettista, Aksel (Anders Danielsen Lie), ben più grande di lei, che per questo non vorrebbe continuare la loro storia, ma il coinvolgimento e la spinta di Julia lo convinceranno rapidamente ad andare oltre.
La musica che segna il montaggio che narra l'idillio tra i due, fino all'inizio della convivenza a casa di Aksel, è The Way You Look Tonight di Billie Holiday, che tanto fa pensare a una commedia di Woody Allen, maestro imprescindibile di racconti su storie d'amore impossibili come questa, un'analogia non certo casuale, in una colonna sonora variegata composta da brani contemporanei che strizzano l'occhio agli anni '80, come Bad feeling (Cobra Man), oppure in grado di accompagnare i diversi momenti del film come Wersailles di Chassol, I love music del The Ahmad Jamal Trio, fino alla musica elettronica Poly di Daphni. La fase dell'innamoramento si chiude con un bel movimento di macchina all'indietro che esce dalla camera da letto attraverso la serratura della porta, simbolo di un'oggettività che ormai appartiene solo allo spettatore.
I quattordici anni che separano la coppia (44/30) creano problemi anche rispetto al futuro, che per ora Julia vede ancora senza figli, mentre Aksel sarebbe già pronto a diventare padre. In tal senso per la protagonista la gita dalla sorella del compagno è un duro colpo: ci sono diversi bambini e, tra domande e comportamenti degli altri nei suoi confronti, avverte una forte pressione sull'argomento, che il compagno non riesce, e forse non vuole, stemperare. "Gli altri" - così si intitola il capitolo - e tutto questo sono dei campanelli d'allarme che Julia, ormai innamorata, vede ma vuole ignorare.
Secondo il meccanismo narrativo classico serve un elemento di rottura a scompaginare la situazione, qui rappresentato dall'incontro di un altro uomo. Il film si apre con un bel carrello in avanti che si avvicina al volto di Julia, ma solo ora scopriamo che la scena appartiene a questa fase, in cui le profonde riflessioni sul rapporto di coppia attanagliano costantemente la protagonista, che si ritrova a piangere e a scaricare la tensione passeggiando per la città fino a intrufolarsi in una festa di un matrimonio in cui conoscerà Eivind (Herbert Nordrum), anche lui fidanzato. L'attrazione è molto forte ed è reciproca, ma entrambi non vogliono tradire i rispettivi compagni. E così, per evitare di lasciarsi andare, ma allo stesso tempo senza rinunciare di passare quella serata insieme, si lasciano andare a un gioco perverso, in cui mostrare vicendevolmente il peggio di sé: annusare ascelle, vedersi fare pipì e tanto altro sono il percorso a ostacoli cui si sottopongono volutamente e che si chiude con un saluto che prevede la sola conoscenza dei rispettivi nomi propri, per evitare la ricerca dell'altro.
La vita, però, talvolta è chirurgica e lascia fare al caso quello che la volontà non ha il coraggio di fare...
La pellicola è strutturata benissimo e seguire la vita di Julia appassiona lo spettatore che riesce a identificarsi con lei, tra tormenti, passioni, ripensamenti, rotture, nuovi inizi, amore, affetto, malattie e tanto altro.
A questo si uniscono le sottotrame, come gli studi della protagonista, che pubblica un articolo sulla psicologia del sesso orale sulla famosa rivista Jubel, nel quale si chiede, tra l'altro, se si possa essere davvero femministe e amare praticarlo su un uomo (domande improbabili, certo, ma fino a qualche tempo fa possibili solo a parti invertite), rispondendosi di amare soprattutto essere responsabile dell'erezione maschile durante il sesso orale, questo decisamente più femminista.
Anche mostrare le vecchie foto di famiglia ad Aksel può essere l'occasione per un'analisi psicologica di se stessa, sottolineando che fino alla trisarcavola (l'utilizzo di questa parola, che sta per nonna della trisnonna, già merita la visione del film) tutte le donne della sua famiglia hanno avuto figli... e quanto sia difficile allontanarsi da una tradizione così assidua e persistente.
Aksel, in un lungo dialogo con Julia nell'ultima parte del film ha anche alcune linee di sceneggiatura cinefile, che gli fanno citare David Lynch e Il padrino - parte II (Coppola 1974), i suoi film preferiti (i preferiti di Joachim Trier?), ma unite alla considerazione malinconica di essere "cresciuto in un'epoca in cui la cultura passava per gli oggetti".
Merita di essere descritta la trovata più geniale della regia, che mette in scena quello che ogni persona che si innamora di qualcun altro mentre è impegnata vorrebbe poter attuare: Julia con un interruttore ferma la vita di Aksel e di tutta la città e, correndo per le vie di Oslo, raggiunge Eivind per passare con lui un'intera giornata parlando e baciandosi, senza ostacoli.
Anche la sequenza della rottura tra Aksel e Julia è molto ben scritta e girata e riesce a scandagliare al microscopio tutto ciò che succede molto spesso in quei momenti a una coppia che si è amata tanto. L'incredulità della persona lasciata, la rabbia, la tristezza, lo scontro, il pianto, gli abbracci, gli assurdi quanto umani gesti di consolazione della persona che lascia, il sesso appagante e narcotizzante come ultima spiaggia di possesso, le frasi che cercano il futuro pentimento dell'altro, uno strazio senza esclusione di colpi bassi.
E dopo tutto questo l'inizio di nuove storie, inizialmente perfette e opposte alle precedenti ("con te posso essere me stessa"), ma che pure finiranno, proprio perché i nuovi compagni sono privi di ciò che avevano quelli venuti prima di loro; l'amore passato che si trasforma, fino a un nuovo equilibrio, pronto per essere infranto e a cui rinunciare al successivo incontro che farà dimenticare, per fortuna, tutta la sofferenza passata.
Ne La persona peggiore del mondo la Nouvelle Vague francese incontra tutta la razionalità del nord Europa, in una commedia profonda in cui si ride, si piange e si riflette a lungo.
Si esce dalla sala ascoltando le note di Aguas de marco nella versione inglese cantata dallo stesso Antonio Carlos Jobim (Waters of march), e si pensa che sì, tutto scorre, non può essere altrimenti...
E dopo tutto questo l'inizio di nuove storie, inizialmente perfette e opposte alle precedenti ("con te posso essere me stessa"), ma che pure finiranno, proprio perché i nuovi compagni sono privi di ciò che avevano quelli venuti prima di loro; l'amore passato che si trasforma, fino a un nuovo equilibrio, pronto per essere infranto e a cui rinunciare al successivo incontro che farà dimenticare, per fortuna, tutta la sofferenza passata.
Ne La persona peggiore del mondo la Nouvelle Vague francese incontra tutta la razionalità del nord Europa, in una commedia profonda in cui si ride, si piange e si riflette a lungo.
Si esce dalla sala ascoltando le note di Aguas de marco nella versione inglese cantata dallo stesso Antonio Carlos Jobim (Waters of march), e si pensa che sì, tutto scorre, non può essere altrimenti...
A me non ha entusiasmato particolarmente. Intelligente sì, forse fin troppo, e compiaciutissimo. Non mi ha creato la minima empatia, classico filmetto buono per una platea radical-chic... ma una volta spente le luci resta davvero poco.
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