martedì 22 ottobre 2024

Megalopolis (Coppola 2024)

Un ipertrofico ottovolante! Megalopolis, ideata ormai quarant'anni fa, è una pellicola impossibile da comprendere, nel senso etimologico di abbracciarne il contenuto, con una sola visione. 
È da capogiro l'uscita dalla sala, dopo la proiezione del ventiquattresimo lungometraggio di Francis Ford Coppola, ottantacinquenne, un elemento imprescindibile per le caratteristiche di un film che naviga tra la storia del cinema, gli ultimi decenni che abbiamo vissuto e un'idea di futuro già splendidamente classica (trailer).
Tredici anni dopo l'ultima fatica, Twixt, il thriller-horror del 2011, il maestro statunitense, con una capacità così lontana in Europa quanto tipica tra i grandi autori a stelle e strisce, cambia di nuovo genere e affronta la fantascienza per la prima volta nella sua carriera. Una fantascienza che, però, oltre a immaginare un mondo futuribile in salsa fiabesca, contiene tanto della storia umana, del passato e del presente, con una critica feroce al sistema capitalistico e al consumismo, lasciando come flebile speranza che "una tendenza non è un destino".
Gli Stati Uniti sono la nuova antica Roma, un ossimoro che dà immagine a un luogo comune, ambientando la storia in una città clamorosamente kitsch che si chiama proprio New Rome e i cui potentati sono tutti legati tra loro, come in una famiglia imperiale del tempo. Tutto rimanda a Roma, le targhe che segnano i passaggi di scena, le greche sulle stoviglie, i nomi dei personaggi, gli spettacoli.
Franklyn Cicero (Giancarlo Esposito) è il sindaco, e sua figlia, la bellissima e intrigante Julia Cicero (Nathalie Emmanuel), si infatua dell'architetto visionario Cesar Catilina (Adam Driver), il cui zio è il più ricco della comunità, il banchiere Hamilton Crassus III (Jon Voight). Quest'ultimo, che sta per sposare Wow Platinum (Aubrey Plaza), anche lei innamorata di Cesar, ha dei figli che si portano dietro la vita agiata e priva di fatiche che si sono ritrovati all'ombra del padre, su tutti Clodio Pulcher (Shia LaBeouf), che odia il cugino Cesar, e che ha come sorelle Claudia (Chloe Fineman), Claudine (Isabelle Kusman), Claudette (Madeleine Gardella).
A chiudere il gruppo dei personaggi principali, la sorella di Francis Ford Coppola, Talia Shire, che nella pellicola è Constance Crassus Catilina, madre di Cesar e sorella di Hamilton, a cui spetta anche una battuta su una delle tante versioni della teoria delle stringhe, quella che prevede “undici dimensioni del tempo”, la cosiddetta Teoria M. (ipotizzata da Edward Witten nel 1995), che per Coppola è evidentemente la Teoria Megalopolis.
E, come se non bastasse, in questo incredibile overcasting compaiono in piccoli ruoli anche Jason Schwartzman, come Jason Zanderz, e Dustin Hoffmann, che interpreta Nush Berman, purtroppo poco più di un cameo per l'uomo che risolve i problemi ("the fixer") di Cicero. 
Tra invidie e gelosie, come in una tragedia classica (e c'è anche un brano recitato in latino), le vite di tutti si incrociano e New Rome rischia di implodere come quella antica e, in effetti, anche la statue dei grandi edifici stanno collassando e, significativamente, Coppola ci mostra la caduta di grandi figure allegoriche, come la Giustizia, con spada e bilancia. Come il regista di Apocalypse Now, Cesar è orientato verso il futuro ma non può dimenticare il valore del passato, come lo definisce a chiare lettere Julia, seppur sorpresa: "un uomo del futuro così posseduto dal passato".
L'immagine iconica del film è quella del suo protagonista, Cesar, che racconta questo contesto dalla sommità di un grattacielo - del tutto simile al Chrysler Building, in una città che ha la Statua della Libertà, Central Park, il Queens e il Madison Square Garden - e che ha il potere di fermare il tempo come fosse un regista alla moviola.
Cesar è regista, è demiurgo, è architetto: è lui ad aver inventato il megalon, il materiale straordinario con cui ha vinto il Nobel e che gli permetterà di costruire la Megalopolis del titolo. E lo ha fatto per amore e sensi di colpa, per rivedere la moglie Sunny Hope (Haley Sims), morta dopo una scenata di gelosia nei suoi confronti.
Per un visionario come lui, capace di pensare il futuro, lo scoglio più grande non può che essere rappresentato da coloro che amano tutto così com'è, intuisce Julia, vedendo in suo padre, Cicero, l'ostacolo principale. Non a caso Cesar ha una sorta di frase-mantra come "time show me the future", che lo rende una sorta di novello Steve Jobbs, mentre Cicero è convinto che "le utopie si trasformano in distopie". E che Cicero abbia una visione reazionaria del mondo e della società, lo dimostra anche la sceneggiatura, con la moglie, Teresa (Kathryn Hunter), che lo riprende quando dà a Cesar del donnaiolo, "è una brutta parola, come se la donna non c'entrasse niente".
Per quanto detto, è facile identificare Cesar con Coppola stesso, tanto più che il protagonista si muove per la città utilizzando una Citroen Pallas, automobile iconica tra gli anni '60 e '70 (la produzione si interruppe nel 1975). Tutto è meravigliosamente vintage, come ad esempio i flash dei fotografi montati sopra le loro reflex, in un futuro che è sempre più ancorato al passato.
Il megalon è un materiale che sa di pietra filosofale e di alchimia, in grado di creare vestiti che si modificano secondo il volere di chi li indossa, come quello che sfoggia Vesta Sweetwater (Grace VanderWaal) al matrimonio di Crassus e Wow Platinum. Vesta rappresenta la bellezza candida e pura, che viene coinvolta nello scandalo dal gossip e da un filmato che la vede a letto con Cesar, ma è vero quel video? Che mondo è quello in cui i fatti possono essere riprodotti come reali pur non essendolo? Ennesima critica di Coppola al mondo moderno sempre più dominato da dinamiche come queste, in cui le vite delle persone, date in pasto al pubblico, possono essere distrutte solo per gioco e per bieche volontà di profitto.
Nell'ipertrofia di Megalopolis le citazioni letterarie, i rimandi cinematografici sono tantissimi.
Cesar, in una delle prime sequenze, recita un monologo dall'Amleto in chiave politica e non possiamo dimenticare che il suo nome è Cesar Catilina e che il suo scontro con Cicero è anche un richiamo alle Catilinarie.
Su di lui pendono accuse di omicidio per la morte della moglie e un vecchio giornale paragona i fatti a un film di Alfred Hitchcock. In una sequenza Cesar è di profilo e ne vediamo la figura tra due specchi, con quell'effetto di infinita riproduzione in lontananza che per ogni cinefilo è subito quella di Charles Forster Kane in Quarto potere (Welles 1941).
Al cinema anteguerra fa pensare anche la fasciatura di Cesar, dopo aver subito un colpo di rivoltella in pieno volto, che lo apparenta al Claude Rains/Jack Griffin de L'uomo invisibile (Whale 1933).
C'è ovviamente Ben Hur (Wyler 1959) nella corsa delle bighe per intrattenere gli ospiti del matrimonio, a cui subito dopo viene proposta una lotta che somiglia più al wrestling, in questa continua fusione tra mondi e tempi, che tra gli spettacoli lascia spazio anche al circo moderno.
Durante il suo spettacolo, Vesta (che canta My pledge) scende dall'alto su uno spicchio di luna metallico che fa subito Broadway, ma la luna è protagonista anche nel sogno di Cicero, che vede una mano uscire da una nuvola per prenderla come in un'animazione di Terry Gilliam.
Coppola cita anche i suoi grandi compagni di generazione della Nuova Hollywood: da Brian De Palma, che percepiamo nell'ingresso di Clodio e dei suoi scagnozzi all'interno della banca di famiglia, con il piglio - e i cappelli a falde - di Sean Connery, Kevin Costner, Andy Garcia e gli altri ne Gli intoccabili (1987), ma anche Martin Scorsese.
L'immagine di Cesar, arrestato e picchiato per aver fatto sesso con una minore dopo lo scandalo "virtuale", infatti, lo mostra ferito e sanguinante come un Ecce homo che, oltre a costituire l'ennesima condanna alla società moderna, troppo spesso ferma alla superficie delle cose, ricorda sia il De Niro di Toro scatenato (1980) sia il Defoe de L'ultima tentazione di Cristo (1988). E c'è un'altra immagine identitaria del cinema scorsesiano quando vediamo il collaboratore e autista di Cesar, Fundi (Laurence Fishburne), in un ufficio alla cui finestra compare un enorme orologio, come quello di Hugo Cabret (2011).
Un orologio del tutto simile, peraltro, fa anche da pavimento per uno dei cantieri dei grattacieli, attorno ai quali si vedono diverse travi di megalon, su cui si siedono Cesar e Julia (che poi si baciano magicamente e con la leggerezza di un musical), facendoci immediatamente pensare alla celeberrima foto cult Lunch atop a skyscraper (1932), scattata nella New York in espansione tra la due guerre e che è diventata un'icona della Grande depressione.
L'aspetto favolistico è sempre presente e aleggia sull'intera pellicola, come dimostrano pienamente il momento in cui Cesar sistema la veste della moglie sdraiata sul letto, defunta, in un'atmosfera sognante come ne La bella addormentata nel bosco, o quello in cui Wow parla a se stessa specchiata nell'acqua che rimanda inequivocabilmente alla strega cattiva di Biancaneve e i sette nani, una strega manipolatrice, capace di sedurre anche Clodio per i propri fini, tagliandogli persino i capelli, novella Dalila con Sansone.
Nei disegni di Cesar che progettano la futura città, l'immaginario organico è decisamente analogo alle visioni di David Cronenberg, altro autore che in Megalopolis si percepisce (e che peraltro in una New York moderna e futuribile ha ambientato il suo Cosmopolis, 2012). Ma Megalopolis, naturalmente, rimanda anche al Fritz Lang di Metropolis (1927) e a La fonte meravigliosa di King Vidor (1949), capolavori di urbanizzazioni immaginifiche e di architettura e potere.
Coppola e la sua mdp non si fermano mai, in un turbinio cinefilo inarrestabile che recupera anche antichi motivi cari alla Nuova Hollywood, come lo split screen, utilizzato per il matrimonio tra Cesar e Julia, che si svolge durante i Saturnalia.
La colonna sonora, oltre al pezzo di Grace VanderWaal, ha brani classici e romantici come What Difference A Day Makes di Dinah Washington, che ascoltiamo mentre Cesar e Julia vivono i loro momenti d'amore, l'immancabile opera, con l'aria Senza mamma, o bimbo, tu sei morto, dalla Suor Angelica di Puccini (1918), e poi le tante musiche di Osvaldo Golijov, tra cui New Rome e Saturnalia: The Unveiling of Megalopolis, che echeggiano i peplum hollywoodiani, la bella The Map of the Utopia o Noir Love, anche loro partecipi del fascino vintage della pellicola. In quest'ottica Cicero non può che citare Frank Sinatra per ricordare che il suo nome è Franklyn.
La dedica del film a Eleanor, compagna di vita degli ultimi sessant'anni di Francis Ford Coppola, commuove e fa il paio con Cesar che ci ricorda che "non c'è niente da aver paura se ami o se hai amato", anche se poi con fermezza dice "mai sposarsi per amore". L'amore e le sue contraddizioni, tra gioia e sofferenza, Megalopolis è anche questo!
E allora è comprensibile il rammarico del protagonista che si chiede "se la nostra mente può creare gli dei, perché questo potere non possiamo usarlo direttamente?".
Sarebbe tutto più facile se le nostre vite riuscissero a stare nell'equilibrio precario e stabile delle sculture di Alexander Calder, una delle quali, forse non a caso, campeggia nella casa-studio di Cesar.
D'altronde Julia ci dice che "L'architettura è musica congelata", che possa esserlo anche il cinema di Coppola, che insieme ad Adam Driver e al suo Cesar urla "non voglio che i miei pensieri vengano intaccati dal tempo!"

2 commenti:

  1. Complimenti per aver azzeccato tutte le citazioni, di alcune non mi ero proprio accorto... ma aldilà di queste, purtroppo, ho trovato il film di una banalità disarmante, oltre che mal scritto e con tante scene al limite del ridicolo e forse oltre (l' "erezione" di Hamilton con tanto di ferale balestra spianata è una delle più kitsch del decennio!). Tanta, troppa carne al fuoco per un film che non mantiene le promesse e che non giustifica i 120 milioni di dollari spesi di tasca sua da Coppola, di cui non ci si accorge proprio. Un brutto scivolone, che ovviamente, però, non inficia una carriera straordinaria.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Personalmente non analizzo un'opera in base al denaro speso. E' un film gigantesco da tanti punti di vista e spero che nella mia analisi si capisca perché secondo me lo sia.

      Elimina