venerdì 22 dicembre 2023

La chimera (Rohrwacher 2023)

Il quarto lungometraggio di Alice Rohrwacher resta autoriale nel senso più pieno del termine e, come i precedenti (Corpo celeste, 2011; Le Meraviglie, 2014; Lazzaro Felice, 2018), il tocco della regista toscana è riconoscibile da pochi fotogrammi, anche se la poesia appare meno genuina e ispirata, un po' più artefatta e stavolta si esce dalla sala con la strana sensazione di aver visto una giustapposizione di momenti piuttosto che un insieme fuso e perfettamente congegnato.
Pier Paolo Pasolini e Federico Fellini sono i registi da cui la visione de La chimera non può prescindere: atmosfere, personaggi, ma anche semplici brani sono completamente esemplati sulla loro cinematografia (trailer).Siamo negli anni '80 e Arthur, un cupo e malinconico ragazzo inglese, torna in treno da una lunga assenza che, nel corso del film, comprenderemo essere dovuta alla sua detenzione in carcere.
Ad accoglierlo nel paese c'è Flora (Isabella Rossellini), un'anziana signora sulla sedie a rotelle, che vive nel vecchio palazzo di famiglia - affrescato e decadente - e che insegna canto a Italia (Carol Duarte), una ragazza madre brasiliana, che più che un'allieva sembra essere la sua domestica e servitrice. Flora è circondata da sole donne, tra figlie e nipoti, e una di loro, scomparsa, era Beniamina (Yle Yara Vianello), la fidanzata di Arthur. Per lui Flora ha una predilezione assoluta, ai limiti dell'infatuazione...
Arthur ha anche un gruppo di amici, un'armata brancaleone con cui effettua scavi illegali nei territori etruschi ed è quello il motivo per cui è finito in galera: lui ha il "dono" che gli permette, come un rabdomante, di trovare facilmente i punti in cui sono ancora nascosti i tesori nel sottosuolo.
Quest'attività di tombaroli gli permette di fare scoperte straordinarie e di vivere costantemente a contatto con reperti magnifici, di cui solo lui sembra percepire il valore, in un rapporto poetico e sensuale, che contrasta profondamente con il mero fine commerciale degli altri componenti della banda. I pezzi, poi, vengono perlopiù venduti a Spartaco (in realtà Alba Rohrwacher), un personaggio che acquista i bottini offrendo in cambio denaro, uno scambio che avviene attraverso degli intermediari e un piccolo ascensore-passavivande, consentendogli di mantenere nascosta la propria identità. La scoperta di una tomba a camera con un corredo funebre davvero incredibile cambierà la storia...
La pellicola mantiene un'atmosfera trasognata e trasognante per tutta la sua durata, un realismo magico che non ci dà mai la certezza se ciò che vediamo sia quello che vivono i personaggi oppure solo frutto della fase onirica di qualcuno di loro. In questa logica bretoniana va seguita la sequenza iniziale, in cui Arthur, in un infastidito dormiveglia, si ritrova in un vagone anni '80 (con i quadretti di palazzi e chiese italiane che decorano gli ambienti) a dialogare con tre ragazze che lo guardano con occhi allo stesso tempo timidi e predatori. Non siamo sul vagone di Nymphomaniac (Von Trier 2013), ma la sensazione è che le ragazze non disdegnerebbero un epilogo simile. La mdp indugia sui volti, sulle espressioni, sulle imperfezioni di quei volti e, soprattutto, sul grande naso di una di loro, presa in giro dalle altre, ma invece particolarmente apprezzato da Arthur, che pensa alle donne effigiate sui vasi etruschi: l'ellissi della regia è proprio quella del suo pensiero ed è quella che dà avvio ai titoli di testa del film.
Allo stesso modo è trasognante il rapporto tra Arthur e Beniamina, che vediamo nella sola versione sfumata nei ricordi del primo, in un sostanziale parallelo Orfeo-Euridice, acuito dal legame con il sottosuolo dell'intera trama, certificato anche dal ricorso nella colonna sonora a un brano de L'Orfeo di Monteverdi. Le musiche, selezionate con cura e ricercatezza, spaziano dall'atmosfera di paese e di fiera, con la scena della danza sulle note del Tango delle capinere cantato da Giorgio Consolini, a pezzi pop che rimandano al contesto anni '80 in cui è ambientata la pellicola, di cui rappresentano gli antipodi la terrena Vado al massimo di Vasco Rossi (1982) e la poetica Gli uccelli di Franco Battiato (1981), con cui si sposa alla perfezione una linea di sceneggiatura: "ma certo che erano tutti matti 'sti Etruschi: se credevano pure che nel volo degli uccelli si può leggere il destino".
Venendo ai tanti richiami al cinema di Pasolini e Fellini, non si può non partire proprio da Arthur, che è un uomo inglese, come l'ospite di Teorema (Pasolini 1968), e come quello esercita un gran fascino su chi lo circonda, soprattutto su Flora, che potrebbe essere considerata una Lucia/Silvana Mangano ormai invecchiata.
Il momento dell'apertura della tomba a camera è profondamente felliniano: in quell'antro, l'ingresso dell'ossigeno copre con una patina e poi cancella le pitture murali, proprio come avveniva in Roma (1972), quando gli scavi riguardavano i lavori per la metropolitana. E del maestro riminese viene ripetuta anche l'iconica sequenza che ne La dolce vita (1960, vedi) mostra la statua di Gesù che si staglia sui cieli della città grazie a un elicottero, qui declinata in una versione meno potente, ma comunque ben identificabile, con la scultura di una divinità etrusca che si staglia nel cielo issata da una gru.
Anche il personaggio di Italia, che Fabiana chiama ironicamente e alla romana "Viva l'Ità", è tanto felliniano e fa pensare alla svagatezza e a quel vivere tra le nuvole della Gelsomina de La strada (1954), soprattutto quando le deve essere spiegato come a una bambina l'attività fraudolenta del gruppo di amici. E non va dimenticato che la protagonista de Le Meraviglie si chiamava proprio Gelsomina.
Di Pasolini, ovviamente, c'è tutto il resto: a partire proprio dal gruppo di tombaroli, persone che sbarcano il lunario sfruttando ciò che hanno sul proprio territorio, senza una vera passione per quei "coccetti" o per la storia etrusca; il tono fiabesco che già avevamo apprezzato nelle altre pellicole; ma anche piccoli artifici registici che ce lo ricordano immediatamente, come le sequenze velocizzate alla Chaplin (Ninetto Davoli in Teorema e non solo). Anche la bionda Melodie (Lou Roy-Lecollinet), che viene incuriosita dal gruppo, lo fotografa e si unisce a loro, è creatura pasoliniana: la sua fisicità, la sua sfrontatezza, ricorda istintivamente Laura Betti, e non a caso a lei spetta la battuta nostalgica e di pieno amore per gli Etruschi: "con loro ci sarebbe meno patriarcato".
Una delle ciminiere della centrale Torrevaldaliga
Ed è altrettanto pasoliniano - solo per citare un altro esempio, ma si potrebbe andare avanti a lungo - il momento in cui Italia spiega ad Arthur i gesti più comuni del nostro linguaggio, in una sorta di Supplemento al dizionario italiano di Bruno Munari messo in immagini.
Al realismo magico del film contribuiscono anche le location, naturalmente trovate tra la Toscana e l'alto Lazio, terre di Etruschi:  la Tuscia con Tarquinia in testa, Montalcino, e poi Viterbo e la piccola Blera, ma anche Civitavecchia, dove spicca l'utilizzo della spiaggia antistante la centrale ENEL di Torrevaldaliga Nord che fa da sfondo alla centrale sequenza del ritrovamento della tomba a camera già citata.
Meritano un'ultima riflessione titolo e locandina della pellicola. Il primo rimanda inequivocabilmente al capolavoro etrusco del Museo Archeologico di Firenze, statuetta in bronzo proveniente da Arezzo che rappresenta un mostro ibrido con corpo di leone, testa di capra sulla schiena e serpente al posto della coda, ma allo stesso tempo anche al significato traslato di "sogno vano, fantasticheria strana, utopia".
La seconda, altrettanto palesemente, richiama la carta XII dei Tarocchi, L’Appeso o Il Traditore, nella versione dei Tarocchi di Francesco Sforza (New York, Pierpont Morgan Library, 1451), in cui la figura è appesa per il piede sinistro ed è priva delle sacche di denaro nelle sue mani, come invece si vede in altri mazzi che, in consonanza con il tradizionale binomio Giuda=traditore, mostrano anche la sostanza della ricompensa.
Le immagini possono essere sempre un'ottima chiave di lettura: ambiguità e utopia caratterizzano il film e anche il protagonista Arthur... traditore per idealismo.

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