mercoledì 27 settembre 2023

Following (Nolan 1998)

Il film d'esordio di Christopher Nolan è un thriller psicologico dalla struttura complessa, che mette in evidenza quello che sarà una caratteristica basilare del suo cinema: la deformazione del tempo attraverso il montaggio, in questo caso curato direttamente da lui (insieme a Gareth Heal), al pari di soggetto, sceneggiatura, fotografia e produzione.  
La pellicola è girata in bianco e nero e quelle immagini spesso sgranate e non perfette ricordano tanto un caposaldo degli anni '90 come Clerks di Kevin Smith (1994). Il titolo rimanda all'idea di pedinare le persone, seguirle, che nel film viene appunto definito "following", "shadowing". Bill (Jeremy Theobald), infatti, è un giovane e spiantato aspirante scrittore, che per trovare la giusta ispirazione e storie da raccontare segue le persone in strada, cercando di carpire qualcosa di loro, delle loro vite (trailer).
In uno dei suoi appostamenti, viene avvicinato da Cobb (Alex Haw), che si è accorto di essere spiato e che, una volta sinceratosi che non ci siano motivazioni sessuali a tale comportamento, prende in simpatia Bill e lo coinvolge nella sua ancora più particolare attività: entrare negli appartamenti altrui per fare la stessa cosa, comprendere e ricostruire, dagli oggetti e dai singoli dettagli trovati, la vita di chi ci vive. 
Da queste premesse la pellicola non può non coinvolgere lo spettatore cinefilo, che si ritrova subito in un mondo che gli può ricordare Hitchcock (La finestra sul cortile, 1954, e non solo), Michael Powell (L'occhio che uccide - Peeping Tom, 1960) e tanti altri, con una struttura narrativa che rimanda inequivocabilmente a Rapina a mano armata di Stanley Kubrick (1956): tre capisaldi del cinema inglese per un regista nato e cresciuto a Londra.
Notevole le prime spiegazioni che Bill dà a Cobb sul piacere che prova nel seguire le persone e sul meccanismo psicologico della "scelta", che gli fa pensare alla folla, allo stadio, quando improvvisamene, fissando la massa di persone, per caso (o forse no?), una di loro emerge e diventa individuo: da quel momento il nostro occhio non fa altro che seguirla con lo sguardo e tutti gli altri diventando sfondo sfocato. I suoi sono pedinamenti da gentleman, Bill per esempio non segue mai donne di sera, per non spaventarle, ma pian piano il suo decalogo viene infranto, e poi, di fronte a Cobb, appare come un pivello: il suo nuovo amico entra negli appartamenti per sentire l'adrenalina e il suo vero obiettivo non è rubare ma "entrare nella vita di qualcuno" con la presunzione di fargli riesaminare tutto, proprio attraverso l'invasione della privacy e lo spostamento di alcuni oggetti.
E Following è un film di oggetti, dettagli significanti, che raccontano le persone e i luoghi. All'inizio della pellicola, quando ancora non si è visto Bill, sullo schermo compare una scatola e il suo contenuto, tra cui ci sono, tra gli altri, un cavalluccio marino, delle foto, dei guanti in lattice. In tal senso è ancora più significativo l'arredamento della camera di Bill, stipata di una miriade di oggetti e di immagini, in un totale horror vacui. Alle pareti una libreria in cui si riconoscono una serie di volumi sulla Bauhaus, un poster di Rothko, una foto di Marylin Monroe, altre di Andy Warhol e di Jack Nicholson, sulla scrivania una macchina da scrivere, una lampada kitsch con una donna che fa la lap dance sull'asta, una macchina fotografica, una scacchiera, e poi un grande schedario. 
Tutto genera turbamento, la morale comune è decisamente lontana e, a questo continuo straniamento dello spettatore, contribuisce la narrazione che va in avanti e dietro senza soluzione di continuità e diventa sempre più complicato seguire la vicenda. Bill, ad esempio, improvvisamente compare tumefatto, ma solo più avanti capiremo il momento in cui si è procurato quelle ferite sul volto.
Allo stesso modo, la relazione dei due protagonisti con un'avvenente ragazza bionda (Lucy Russell) è lasciata per gran parte del film nella nebbia dell'incomprensibilità. Il suo è uno degli appartamenti che hanno "visitato" ed entrare nella vita di una persona in quel modo permette non solo di vederne alcuni segreti, ma anche di rimanerne coinvolti, come accade a Bill, che riuscirà ad incontrarla e ad uscirci. Vederla poi conversare con lui in accappatoio sul divano fa inevitabilmente pensare a Marylin... o meglio ancora ai personaggi femminili del noir classico, in cui le donne seducono i protagonisti mostrandosi vittime di boss e coinvolte, loro malgrado, in storie malavitose e di denaro dalle quali solo un eroe potrebbe salvarle. E in effetti, anche questa ragazza - come non pensare anche alla Barbara Stanwick del meraviglioso La fiamma del peccato (Wilder 1944)? - parlerà di un compagno detto "lo Stempiato" che ha ucciso un uomo proprio in casa sua, sul tappeto del salotto, colpendolo ripetutamente con un martello fracassandogli le mani, il naso e poi il cranio.
Cosa è vero, cosa non lo è? La verità di ciascuno, in fondo, è solo uno dei racconti possibili e proprio mentre il loro romanticismo sembra divenuto reale, con un bacio tra i tetti dei sobborghi londinesi, le cose appariranno sotto una luce diversa e la polizia dovrà districarsi per attribuire il giusto ruolo ai colpevoli, alle vittime e agli eroi di una storia non esattamente lineare, nella quale bisogna comprendere anche chi sia Danny, che la narrazione in soggettiva di Bill non ci aveva praticamente mai nominato, mentre qualcuno tornerà a confondersi tra la folla...

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