lunedì 17 marzo 2014

Grazie per la cioccolata (Chabrol 2000)

Claude Chabrol non perde la sua vena nera in uno dei suoi ultimi film - morirà dieci anni e cinque lungometraggi dopo - realizzando un'opera che affonda le sue radici nei temi più consueti del regista: la pochezza etica dell'alta borghesia che, sotto un'apparenza formalmente perfetta, mostra un'anima malata, piena di contraddizioni, di invidie e gelosie che causano le azioni più turpi.

La storia, tratta dal romanzo The Chocolate Cobweb della scrittrice statunitense Charlotte Armstrong (1948), è ambientata nell'asettica Losanna, dove Marie-Claire, detta Mika (Isabelle Huppert), ricca ereditiera della cioccolata Müller, sposa in seconde nozze il famoso pianista André Polonski (Jacques Dutronc), dopo la morte in un incidente stradale della prima moglie, Lisbeth, grande amica di Mika, da cui l'uomo ha avuto il suo unico figlio, Guillaume (Rodolphe Pouly), un adolescente privo di talento musicale e apparentemente apatico. La trama si complica proprio su questo punto, poiché la giovane pianista Jeanne Pollet (Anna Mouglalis), nata lo stesso giorno e nel medesimo ospedale di Guillaume, scopre che il giorno della sua nascita per errore di un'infermiera venne presa in braccio da André che per pochi secondi la considerò sua figlia. La ragazza, che inizia a fantasticare di aver per padre un suo idolo, autorizzata in qualche modo dal silenzio della madre a riguardo, si presenta a casa Polonski iniziando un rapporto allieva-maestro (sulle note di Funerailles di Liszt da preparare per l'esame di ammissione al conservatorio) che destabilizza l'intera famiglia. In uno degli incontri Jeanne nota uno strano comportamento da parte di Mika e porta il suo maglione macchiato di cioccolata al fidanzato che lavora in un laboratorio di analisi, scoprendo così che Mika tutte le sere serve una cioccolata corretta con benzodiazepina al povero Guillaume. Ben presto tutta la famiglia capirà che la follia di Marie-Claire già in passato era andata ben oltre...

Per tutta la durata del film lo spettatore percepisce il tipico straniamento delle vicende narrate da Chabrol e una suspense che il maestro francese ha imparato da Alfred Hitchcock, suo punto di riferimento costante. Al grandissimo Hitch sembra rifarsi anche l'algida sceneggiatura che a tratti regala esempi di ironia decisamente british: "Anche la domenica lavori con i morti?" "Bisogna pur vivere".
Di altissimo livello la prova nei panni di Marie-Claire di Isabelle Huppert, abilissima nell'interpretare una donna formalmente impeccabile ma con evidenti disturbi mentali e sociopatici, secondo un profilo di cui il cinema di Chabrol è pieno (es. Stephane. Una moglie infedele). Il lato cinefilo del regista, inoltre, passa proprio per la donna, che non a caso regala a Guillaume le videocassette di due celebri noir come Dietro la porta chiusa di Fritz Lang e di La nuit de carrefour (in it. La notte dell'incrocio) di Jean Renoir.
La centralità del personaggio di Mika, infine, è segnata da una delle ultime battute del film, davvero significativa, che la donna dice una volta messa con le spalle al muro: "Invece di amare dico 'ti amo' e mi si crede", frase incredibilmente chabroliana, capace di condensare in poche parole tutta l'ipocrisia borghese declinata alle estreme conseguenze narrate nel film. Mika, peraltro, la pronuncia su un divano coperto da un tessuto di maglia a trame larghe, così simile ad una ragnatela, che è la conferma visiva della trappola in cui è finita la perfida e fragile protagonista.

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