martedì 21 novembre 2023

Anatomia di una caduta (Triet 2023)

Una morte accidentale o dolosa? È su questo crinale che si sviluppa l'intera trama di Anatomie d'une chute, film della regista francese Justine Triet, vincitore della palma d'oro a Cannes. Una storia in cui la mdp non dà mai certezze: tutto è ambiguo, tutto è sempre interpretabile, tutto può essere visto nei modi che portano al duplice assunto di partenza.
Sandra (Sandra Hüller) e Samuel (Samuel Theis) sono due scrittori e vivono con il loro unico figlio undicenne, Daniel (Milo Machado Graner), in una non meglio precisata località di montagna in Francia, isolati dal mondo, quando un'improvvisa caduta dalla finestra causa la morte di Samuel.
Daniel trova il corpo senza vita del padre nella neve passeggiando col cane, Snoop, mentre Sandra sta dormendo in camera con i tappi alle orecchie a causa della musica ad alto volume che il marito ha messo su, una versione calypso di P.I.M.P. (Bacao Rhythm & Steel Band) che, se possibile, aumenta l'assurdità della situazione (trailer).
Questa, che potrebbe essere la fine di una storia, nel film di Triet è solo l'inizio e non perché da qui inizia un lungo flashback che ci riporta indietro, come magari lo spettatore si aspetterebbe, ma perché la vicenda - come precisa il titolo - è tutta nell'analisi di quanto accaduto. L'autopsia dopo la quale prendono avvio i titoli di testa è metafora della stessa struttura della pellicola, che viviseziona ogni minimo aspetto di quella morte e fa di Anatomia di una caduta un film giudiziario, ma incentrato anche sulle relazioni di coppia, in cui giustizia e amore appaiono governati dall'ambiguità.   
Sin dal giorno stesso dell'evento luttuoso, Sandra avrà al suo fianco l'avvocato e amico di famiglia Vincent (Giorgio Borghetti), il cui rapporto con la donna, a proposito di ambiguità, è costantemente ai limiti del flirt. Alla totale indecifrabilità di quanto accaduto, la condizione di Daniel, ipovedente per un incidente avuto quando aveva solo quattro anni. Quell'avvenimento, ma anche la scelta - non esattamente condivisa - di lasciare Londra per trasferirsi in quel luogo sperduto per risparmiare ha creato una grande frattura tra Sandra e Samuel, tanto da autorizzare i dubbi degli inquirenti su un possibile omicidio volontario da parte della moglie...
La tensione, l'ansia e il senso di incertezza lasciati allo spettatore, tanto più in quel bianco accecante della neve, ricordano molto Forza maggiore (Ostlund 2014), e, tra le molte inquadrature esteticamente valide - una su tutti uno split screen naturale, che vede da un lato Daniel suonare il pianoforte in casa e dall'altro un paesaggio innevato fuori dalla finestra -, la pellicola si dipana tra la neve, la casa e il tribunale in cui si svolge il processo un anno dopo i fatti. La caduta al centro del film viene riprodotta con i disegni, con le simulazioni dei manichini; ematologi che analizzano le macchie di sangue rintracciate; si tenta di ricostruire persino l'acustica, attraverso il racconto e i ricordi di Daniel, con la musica che c'era in quel momento, con le parole tra i genitori sentite dal bambino prima di uscire con il cane. Si tratta di mettere in scena un racconto, curarne il sonoro e i dialoghi, un'operazione metacinematografica evidente, messa al servizio di un'indagine.
E il lavoro sul sonoro del film reale è davvero molto ricercato, poiché Sandra è tedesca, ma parla alternando la sua lingua, il francese e l'inglese, un continuo gioco che naturalmente si perde nell'edizione doppiata in italiano, che crea facili cortocircuiti con parti tradotte, altre recitate in lingua con la voce dell'attore, altre ancora con quella della doppiatrice, con evidenti e stranianti differenze di pronuncia che non permettono di apprezzare appieno la pellicola.
L'analisi psicologica e relazionale è molto profonda: lo spettatore entra nella vita della coppia, anche attraverso delle sorprese narrative che, pur se poco realistiche (ma perché una concessiva? Siamo al cinema!), aiutano magnificamente il film, che si arricchisce di un flashback ricavato da una registrazione audio (altra scorrettezza narrativa pienamente giustificata), che ci mostra i due litigare senza esclusione di colpi rinfacciandosi i compromessi di anni, solo un giorno prima della morte di Samuel. E lì scopriamo dissapori, recriminazioni, gelosie, dispetti, rapporti di forza, squilibri e quel generale senso di oppressione e frustrazione con cui ogni coppia logora si ritrova fatalmente a fare i conti e che, in questo caso, viene acuito dal comune mestiere di romanzieri dei due, oltretutto con accuse di plagio e saccheggio, in un continuo scambio di ruoli tra vittima e carnefice. Le uniche immagini dei due felici le vediamo nelle foto di un tempo.
Anche la figura del piccolo Daniel è delineata in profondità e i suoi sguardi, le sue espressioni, i suoi movimenti, complice anche l'ipovisione, accrescono l'ansietà di una pellicola che, dall'inizio alla fine, non lascia mai tranquilli (e il personaggio del PM interpretato da un ottimo Antoine Reinartz non fa che aumentare la tensione e la scomodità della poltrona). Per dirla con cinefilia, e pensando anche al suo nome, il bambino ricorda il Danny di Shining (Kubrick 1980) in versione mora ed europea, soprattutto quando nella voglia di comprendere i dettagli di quanto accaduto coinvolge Snoop in un pericoloso esperimento... 
La chiave del film va ricercata in uno dei tanti dialoghi pregnanti, in cui si precisa che nell'analisi di ogni cosa bisogna abbracciare un punto di vista, nella consapevolezza che la verità sia una scelta, non una realtà, per un relativismo totale che inevitabilmente coinvolge anche la giustizia. "Io non l'ho ucciso", dice Sandra in cucina con decisione, "non è questo il punto", risponde Vincent.

1 commento:

  1. Sento parlare tanto di questo film, e anche la tua recensione è intrigante... Devo recuperarlo!

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