La poesia parlata e filmata di Jim Jarmusch affronta in tre episodi il tema del ritorno in famiglia, laddove il nucleo familiare in cui si è cresciuti non c'è più, con la conseguente capacità o meno di lasciare andare, poiché la famiglia è legame e il legame per quanto bello non lascia mai liberi. Due figli e un padre, due figlie e una madre, due fratelli che hanno perso i genitori: i rapporti familiari più stretti, tra ricordi, segreti e vite che hanno preso strade totalmente diverse.
Il regista dell'Ohio unisce storie geograficamente lontane attraverso dei sottili fil rouge che si ripetono in episodi divisi da sipari sfumati, incerti, con gocce di pioggia sul vetro, e interpretati da un cast eccezionale, in cui genitori, figli e fratelli si confrontano, si sostengono, si ingannano o si ignorano con affetto. Il Leone d'oro a Venezia è decisamente meritato (trailer).
In uno stato a nord della costa orientale USA (l'Ohio stesso?), un uomo rimasto vedovo (Tom Waits), che vive da solo in una casa sul lago e in condizioni di apparente indigenza, riceve la visita dei suoi due figli, Jeff (Adam Driver) ed Emily (Mayim Bialik). Più comprensivo e generoso, il primo sostiene da tempo il padre sia economicamente sia praticamente, aiutandolo con i lavori della casa e le altre difficoltà; la sorella, più razionale e meno sentimentalista, vuole bene al padre ma resta molto più sulle sue, consapevole che il padre non sia una persona affidabile.
A Dublino, una scrittrice affermata (Charlotte Rampling) riceve la consueta e sola visita annuale delle figlie, Tim (Cate Blanchett) e Lilith (Vicky Krieps), con cui prende il tè. Durante la visita emergono le clamorose differenze tra le tre donne: una madre rigida e formalmente impeccabile, che apparecchia per il tè come per un pranzo di gala e dona dolci in buste i cui colori si accordano con quelli dei cappotti delle figlie; una figlia che, nonostante le differenze, prova a stare in scia della madre, l'altra che invece è lontanissima da lei, incapace di ogni formalità, non riesce però a parlarle della sua relazione con una donna, perché probabilmente non capirebbe.
A Parigi, due bellissimi fratelli gemelli, Billy (Luka Sabbat) e Skye (Indya Moore), figli di una coppia mista, di madre francese e padre afroamericano, recentemente morta in un disastro aereo, devono gestire i ricordi, sostenersi a vicenda per quello che li aspetta: parlano del passato, passano delle ore nell'appartamento dove sono cresciuti, scoprono molto della vita dei propri genitori di cui si accorgono di non sapere molto.
Le tre storie, come anticipato, vengono legate da elementi formali e situazioni comuni. In tutti gli episodi, uno dei protagonisti si sofferma a guardare degli skater che nelle finzione filmica e nella riflessione di chi li guarda vanno al ralenti; nel primo e nel secondo episodio i vari personaggi notano di avere parte del vestiario dello stesso colore e ne fanno un discorso di dna familiare, così come citano i segni zodiacali, occidentali nel primo, orientali nel secondo; nel primo e nel terzo compare un Rolex che ha funzione narrativa; in tutti e tre gli episodi ritorna l'espressione "Bob's your uncle", frase idiomatica per "il gioco è fatto", e viene citata "Desolandia", come luogo perso nel nulla.
I tre racconti raccolgono i personaggi a un tavolo, per l'acqua e il tè nel primo caso; per il tè con i pasticcini nel secondo; per un caffè al bar, nel terzo (a Parigi il tè avrebbe stonato).
Jarmusch racconta con classe sopraffina, attraverso le immagini, toccando le corde dei sentimenti che tutti prima o poi viviamo, e con pochissime musiche, in cui si riconoscono Spooky di Dusty Springfield (1968) e These Days di Anika, cover realizzata per l'occasione di quella di Jackson Brownie (1986).
Il padre interpretato da Tom Waits brinda ai rapporti familiari, ma la sua è una vera e propria messa in scena: il fisico malandato, la casa disordinata e sciatta, l'acqua del rubinetto come unica bevanda da offrire ai figli, la povertà in cui sembra versare e di cui la vecchia Chevrolet appare essere un rilevante simbolo. Persino il primo brindisi alla ex moglie defunta è ingannevole... la donna era nata sotto il segno dell'aquario e per lui, quindi, era un segno d'acqua invece che di aria.
Jeff si chiede se si possa brindare con l'acqua - e poi se lo chiede di nuovo con il tè -, ma la sua premura per il padre è totale: si preoccupa per il vialetto che porta alla casa, pericolosamente vicino alla riva del lago; gli chiede di un vecchio muro da sistemare, del cassone dell'acqua; gli porta la spesa con ogni ben di dio. La sorella è molto più distante, vede nel padre un uomo lontano, forse da sempre, ed è chiaro che per lei il collante della loro famiglia era la madre che non c'è più.
L'arrivo in auto dei due fratelli - Driver ovviamente è alla guida, un voluto calembour di Jarmusch? - è pieno di racconti ed entrambi hanno vite di coppia passate, finite; entrambi ricordano gli scontri proprio per via dei soldi dati al padre, ma Emily, non senza una nota polemica, precisa che il vecchio non ha mai lavorato e per questo non ha diritto a una pensione.
Sarà proprio Emily, tra l'altro, a notare i dettagli in casa: la splendida sedia girevole (e molto costosa, ma ovviamente il genitore la dice regalata da un amico falegname) che permette al padre di guardare il lago dall'ampia finestra; tra i libri quello sulla filosofia di Diogene, "il padre del cinismo", "molto appropriato"; il Rolex sul polso, per suo padre solo una replica cinese.
L'anziana madre interpretata da una eccezionale Charlotte Rampling, meravigliosamente algida e sempre sorridente nei panni della donna psicorigida che vede le figlie una volta all'anno e vive in una casa più simile a un museo che a un luogo abitativo, nell'attesa modifica ossessivamente, più volte e anche per pochi centimetri, la posizione di vassoi e tazze. Jarmusch riprende spesso il tavolo dall'alto, a sottolinearne la perfezione. Le due donne sono agli antipodi. Mite e serena Timothea, detta Tim (almeno apparentemente), capace di rimanere impassibile anche quando il motore della sua auto la abbandona all'improvviso; rifiuta cortesemente l'aiuto della madre perché sa sempre vedersela da sola; ma rispetto a tanta perfezione contrasta la sciattezza delle calze arrotolate sulle caviglie e la distrazione sulla manutenzione dell'auto.
Lilith, detta Lil, è il contrario della sorella maggiore: si siede in maniera scomposta sulla poltrona, usa il telefono a tavola, versa il tè prendendolo dall'altra parte della tavola e alzandosi dalla sedia, tutti gesti impensabili per sua madre, che però continua a sorridere affettatamente e impassibilmente, come una maschera di cera.
I due gemelli a Parigi, invece, pur se ovviamente eterozigoti sono i più simili tra loro: sono in sintonia, si compenetrano, vivono quei momenti insieme nel presente, ricordando il passato, come se fossero una cosa sola. Lui cerca droghe e cita Groucho Marx, "di qualunque cosa si tratti, sono contrario", lei disorientata, appena tornata in Francia dopo un lungo viaggio.
Se i primi due episodi celebrano la disarmonia della crescita, che è autonomia e distanza dai genitori, pur nelle analogie che restano, il terzo è armonia totale, tra due fratelli che a ogni passo si toccano, si abbracciano, vivono le stesse emozioni.
La mdp di Jarmusch in gira in maniera estetizzante, soffermandosi sulla bellezza dei due protagonisti e sui dettagli dei luoghi, come la scala a chiocciola che riprende dall'alto e, soprattutto, le due stanze vuote in cui i fratelli entrano e che noi vediamo contemporaneamente, con uno split screen naturale, ricavato con il muro mediano che le divide - molto simile alla doppia finestra sul lago del primo episodio -, e che si illuminano insieme quando Billy e Skye aprono le due grandi finestre con ringhiera, i tipici balconi alla francese. Una panoramica a 360° ci permette di stare lì con loro in quel vuoto che è pieno di ricordi e di non detti, tra certificati matrimoniali e documenti falsi, segno di una vita avventurosa dei genitori, ai figli pressoché ignota. Gli oggetti raccontano storie del passato, e così Billy indossa il Rolex del padre, Skye gli occhiali anni '70 della madre, e insieme ascoltano in una musicassetta la canzone preferita dai genitori, la già citata Spooky di Dusty Springfield.
La bellissima inquadratura finale, in un garage, la luce "fuori dal tunnel"... e la voglia di rimandare con triste serenità quello che ora è troppo doloroso pensare: "dobbiamo decidere ora? No, non ce la faccio proprio".
Le tre famiglie del film sono false come tutte le famiglie in fondo, ma in ognuna c'è l'amore, ogni volta diverso, perché ognuno ama a suo modo, con la libertà che sente, con quella che gli viene concessa (poca), con quella che si prende. Intanto tutto scivola, al ralenti, come i ragazzi sugli skateboard.









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