Un piccolo film tagliato su misura per Alberto Sordi, che sfrutta il suo talento istrionico per interpretare il ladro protagonista, Cencio, il quale, per mettere in atto le sue truffe, veste i panni di avvocato, di impiegato della tributaria, di carabiniere e di prelato. La metafora si fa reale, poiché sua madre, Pompea (Anita Durante), è sarta e lo aiuta, ineffabilmente rassegnata a vivere con un figlio che entra e esce di galera, così come aveva fatto suo marito, il padre di Cencio, di cui è da tempo rimasta vedova. La pellicola di Luigi Zampa, pur nella sua semplicità, è diventata un cult per le tante gag di Sordi, per le battute rivolte alla bella Cesira (Sylva Coscina), e perché racconta la Roma ormai lontana delle borgate.
Una commedia all'italiana profondamente romana, con un tocco di poesia nel mito della ferrovia, su cui non a caso danno gli appartamenti contigui delle famiglie di Cencio e di Cesira, poiché il treno rappresenta il sogno di allontanarsi dalla borgata ed è il simbolo di chi ce l'ha fatta a sbarcare il lunario. Solo due anni dopo che Pietro Germi aveva girato il suo neorealismo più cupo ne Il ferroviere (1956).
Come Cencio, anche i fratelli di Cesira gravitano costantemente a Regina Coeli, ma la ragazza sembra essere l'unica a non arrendersi a quella vita e vorrebbe un lavoro onesto con cui guadagnarsi da vivere ("e che è diventata matta?" commenterà però lo stesso Cencio). Il suo problema, però, è fare i conti con la propria bellezza, davanti alla quale nessun uomo riesce a resistere, e questo non vale solo per Cencio, che ne è innamorato sin da bambino, ma anche per un gruppo di commercianti di tessuti che fanno a gara per riuscire a sedurla dopo averla assunta come commessa. Il carattere integerrimo di Cesira, però, finora li ha visti fallire uno dopo l'altro: la stessa sorte è toccata al commendator Maghetti (Mario Riva), al commendator Cestelli (Mario Carotenuto), al dottor Valletti (Alberto Bonucci) e sta per toccare anche al più giovane Raimondi (Ettore Manni), che non si arrende e cerca di aiutare Cesira ad aprire un negozio in proprio.
Cencio, uscito di galera e prima di rientrarci, la aiuterà a vendicarsi dei precedenti datori di lavoro e di ottenere qualche "risarcimento" a suo modo...
Cesira è la classica brava ragazza secondo l'immaginario etico del tempo e, nonostante sia cresciuta in una realtà difficile, non rinuncia ai suoi principi, contravvenendo alle certezze dei più, per i quali "le ragazze serie c'hanno le gambe storte". Le avance nei suoi confronti sono continue e anche quando va al campo di calcio di quartiere, si sente apostrofare "ah sventolona, ah fatalona", ma soprattutto alle sue ingenue rimostranze, inconsapevole della sua avvenenza, c'è chi è pronto a spiegarle il perché di tutte quelle attenzioni: "forse perché sei come Marilina, dicono che quanno se fa la doccia i piedi mica riesce a bagnasseli".
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Cesira in Piazza Campitelli |
Proprio quel campo permette di iniziare un'interessante disanima dei luoghi in cui è ambientato il film, poiché la zona in cui è collocato, pur se nella finzione rappresenta Tiburtino terzo, la borgata in cui vivono i protagonisti, è in realtà tra circonvallazione Nomentana e piazza Lanciani, in un punto oggi occupato dalla tangenziale est, allora ancora non esistente, mentre il campo di calcio è stato spostato poco più in là, su via Caraci, davanti a una delle sedi del Ministero Infrastrutture e Trasporti.
Anche l'affaccio tiburtino sulla ferrovia, invece, quello degli appartamenti di Cesira e di Cencio, vicini di pianerottolo, è in realtà sulla Casilina, all'altezza di via Galeazzo Alessi, zona Pigneto.
Più avanti, invece, Cesira si ritrova ad aspettare il "reverendo" Cencio in piazza Campitelli; la scena del pranzo risolutore tra Raimondi e Cesira è ambientata dall'alto di Monte Mario, con il paesaggio sottostante ben visibile, dalla Farnesina a gran parte del Foro Italico, mentre l'interno del carcere di Regina Coeli è in realtà girato nell'Istituto di Vigna Pia in zona Portuense (per approfondire l'argomento, si veda come sempre l'esaustivo Davinotti).
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Manni e Koscina a Monte Mario (la Farnesina dietro di loro) |
Il ritorno di Cencio a casa è esilarante ed è accolto con affetto da tutti. A casa, poi, non smette di raccontare alla mamma di quanto si stia bene a Regina Coeli e di come il direttore lo abbia preso in simpatia, riservandogli sempre la stessa cella, anche se occupata, come si fa in albergo con i clienti più affezionati. Nel suo stringato guardaroba, sfoggia una camicia di seta che naturalmente ha rubato ai vicini del nord. Lo scopriamo grazie alle raccomandazioni della madre: "sta attento sa a quella camicia de seta, ché quelli de Gorizia so' diventati matti, da quando non la vedono sullo stenditoio, ao, è un anno che la cercano".
A Regina Coeli è di casa e, quando ci torna da maresciallo dei carabinieri, non solo incontra l'amico Gnaccheretta (Carlo Delle Piane), ma mostra di conoscere come nessun altro anche i più piccoli dettagli, come gli scalini difettosi.
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Marialele è la popolana che ha fatto il grande salto nell'alta società, quello che in fondo sogna anche Cesira e che Cencio le regala facendole fare la signora in quella boutique - "se i soldi non li spendi pe' levatte le soddisfazioni, che ce l'hai a fa? - e soprattutto con un biglietto del treno con cuccetta per andare a Venezia e coronare il sogno che aveva da bambina, guardando la ferrovia dal balcone di casa, da dove ora l'ammireranno parenti e vicini...
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Il gol di Ghiggia nel derby contro la Lazio (27/10/1957) |
Per chiudere, una curiosità sportiva: la partita allo Stadio dei Centomila (così si chiamava l'Olimpico negli anni '50, fino alle Olimpiadi del 1960), in cui si ritrovano i quattro amici commercianti all'inizio del film, è un derby Roma-Lazio. Anche se il commendator Cestelli, al gol giallorosso di Alcides Ghiggia, il n. 7 con la fascia di capitano, urla 4-1 accompagnato da un magnifico "ah cesellatore, ma chi sei Benvenuto Cellini?", il gol che vediamo è l'unico che l'ala destra uruguaiana segnò in un derby ed è quello che chiude il 3-0 nella stracittadina d'andata proprio del campionato 1957-58.
ricordo perfettamente (ero allo stadio) quel derby 3-0 e il gol di Ghiggia da difficile posizione, favorito dal pessimo piazzamento del portiere come si vede assai bene dalla foto
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