Il settantaquattrenne Werner Herzog analizza la storia di internet dalle origini ad oggi, affiancando gli indubbi lati positivi del fenomeno che ha cambiato le vite di buona parte degli essere umani agli altrettanto certi mali scatenati da esso.
Il titolo merita una premessa: il 29 ottobre 1969, data del primo vagito di internet, venne inviato un messaggio host to host da Berkeley a Stanford, ma si interruppe e la parola log arrivò senza l'ultima lettera. Da qui Lo and behold ("ecco, guarda!"), completato da un sottotitolo che in originale ha maggior fascino di quello creato per l'edizione italiana: Reveries of the Connected World ("fantasticherie di un mondo connesso"). La macchina che permise di effettuare quel tentativo è oggi un pezzo di modernariato, un vero e proprio totem per gli appassionati di informatica e non a caso campeggia in una delle belle locandine create per il film, dove interpreta il ruolo che era stato del monolite di 2001. Odissea nello spazio (Kubrick 1968).
Il documentario è diviso in dieci capitoli, che approfondiscono diversi aspetti della rete e della sua storia. Si parte da Le origini, in cui tra l'altro Ted Nelson, uno dei pionieri del web, illustra la sua idea di interconnessione paragonandola al movimento che l'acqua fa attorno ad un dito; a La gloria di internet, in cui scopriamo che la robotecnica ha una sua competizione sportiva, nella quale piccoli automi giocano delle partite di calcio affrontandosi grazie all'intelligenza artificiale e che entro il 2050 il movimento punta a sfidare i campioni della FIFA in carne e ossa. E poi l'incredibile che non può sfuggire a Herzog: uno degli informatici, Joydeep Biswas, dichiara di avere una predilezione per il n. 8... eppure i piccoli robot sono tutti uguali. È come se il regista voglia dimostrarci che la natura umana continui a prevalere, anche con la sua irrazionalità, proprio laddove ragione e matematica sembrerebbero escluderla del tutto.
E ancora La fine della rete, oggi difficilmente pronosticabile, ma che porterebbe ad un ritorno delle vere necessità per la sopravvivenza; Invasori terrestri raccoglie la testimonianza dell'hacker più famoso, Kevin Mitnick, che negli anni '90 arrivò a scoprire i tabulati dell'FBI e che oggi, dopo aver vissuto sfide alla Prova a prendermi (Spielberg 2002), ma anche la prigione in isolamento, è certo di quanto ogni sistema di sicurezza, per quanto sopraffino, abbia nell'elemento umano la sua falla. Con Internet su Marte Herzog ci mostra la SpaceX, fondata da Elon Musk, nome basilare anche per altri colossi come la Tesla Motors o Paypal, che ha come obiettivo a lungo termine quello di creare colonie sul pianeta rosso, per il quale oggi sarebbe già in grado di far viaggiare chi dovesse accettare un viaggio di sola andata; così Intelligenza artificiale entra nel lavoro di ricerca del Carnegie Mellon di Pittsburgh, dove gli scienziati sognano di creare degli automi che sappiano vivere almeno come uno scarafaggio, fino ad un mondo futuribile alla Blade Runner (R. Scott 1982), mentre oggi il robot Chimp è ben lontano da certi risultati.
Gli ultimi due capitoli sono dedicati all'Internet personale, da intendere come la totale assimilazione del sistema internet nella vita quotidiana, usando l'ottimo esempio della presa elettrica, dispositivo ormai scontato e che non presuppone la conoscenza di tutto l'apparato esistente dietro di essa; e al Futuro, che nonostante gli studi e i voli pindarici fatti finora, va accettato come qualcosa di ignoto, poiché è un fatto, ad esempio, che la letteratura e la cinematografia fantascientifica non avessero previsto un'innovazione così determinante nelle nostre vite come internet.
È proprio l'ignoto, a ben guardare, il tema portante del documentario: tema herzogiano per eccellenza, da Fata Morgana (1971) ad Apocalisse nel deserto (1992), fino a L'ignoto spazio profondo (2005) e soprattutto, ovviamente, ad Aguirre furore di Dio (1972), solo per citare alcuni dei film del maestro tedesco che hanno nell'esplorazione e nella ricerca un motivo ineludibile.
Herzog intervista tanti scienziati ed esperti cercando di comprendere meglio il fenomeno che sta analizzando, con una curiosità mai sopita per la natura umana e una mdp che indugia sui volti dei suoi interlocutori evidenziandone i pensieri e le riflessioni. Il suo tocco si percepisce spesso, ma in una sequenza, forse la più bella del film, anche di più: l'ironia prende il sopravvento quando davanti allo skyline di Chicago e sulle note di Are you lonesome tonight di Elvis Presley, Herzog si chiede se potrebbe essere questo il paesaggio di una città i cui abitanti siano partiti in blocco per Marte... ma poco dopo l'inquadratura viene abitata da un gruppo di monaci tibetani ognuno con gli occhi fissi sullo schermo del proprio smartphone.
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