Scartabellando qua e là, finita l'esperienza filmscoop, eccone un'altra, datata 4 febbraio 2009, sul film di Sam Mendes con Leonardo di Caprio e Kate Winslet.
Gli anni ’50 della provincia statunitense, il sogno americano che sparisce, la perfezione delle facciate delle case, dei giardini ben curati, delle automobili sempre in ottime condizioni e alle spalle, aldilà delle pareti che si vedono dai viali alberati, un brulicare di sentimenti, di passioni, di vita vissuta.
Tutto questo racconta il bellissimo ultimo film di Sam Mendes, riduzione dell’omonimo romanzo di Yates, dominato da una glaciale fotografia pastello di Roger Deakins, che a tratti ricorda il pittore precisionista Edward Hopper, e da una sceneggiatura così ricca da renderlo adatto persino ad un adattamento radiofonico. Imperdibili le recitazioni di Di Caprio e Winslet, nei panni di Frank e April Wheeler, una coppia di cui, attraverso un movimentato montaggio, conosciamo l’intera storia, dal loro arrivo pieno di speranze nella via che dà il titolo al film, al momento in cui la loro casa passa ad una nuova coppia di affittuari. Splendida anche l’inossidabile Katy Bates (quella di Misery di Rob Reiner, 1990) che interpreta la padrona di casa, affabile, svampita e invadente come la grandissima Shelley Winters di Lolita (Kubrick 1962), moglie e madre in difficoltà che prova a mantenere tutto in equilibrio nonostante i difficili rapporti con un marito semisordo che l’asseconda ed un figlio che va e viene da un sanatorio mentale.
Gli anni ’50 della provincia statunitense, il sogno americano che sparisce, la perfezione delle facciate delle case, dei giardini ben curati, delle automobili sempre in ottime condizioni e alle spalle, aldilà delle pareti che si vedono dai viali alberati, un brulicare di sentimenti, di passioni, di vita vissuta.
Tutto questo racconta il bellissimo ultimo film di Sam Mendes, riduzione dell’omonimo romanzo di Yates, dominato da una glaciale fotografia pastello di Roger Deakins, che a tratti ricorda il pittore precisionista Edward Hopper, e da una sceneggiatura così ricca da renderlo adatto persino ad un adattamento radiofonico. Imperdibili le recitazioni di Di Caprio e Winslet, nei panni di Frank e April Wheeler, una coppia di cui, attraverso un movimentato montaggio, conosciamo l’intera storia, dal loro arrivo pieno di speranze nella via che dà il titolo al film, al momento in cui la loro casa passa ad una nuova coppia di affittuari. Splendida anche l’inossidabile Katy Bates (quella di Misery di Rob Reiner, 1990) che interpreta la padrona di casa, affabile, svampita e invadente come la grandissima Shelley Winters di Lolita (Kubrick 1962), moglie e madre in difficoltà che prova a mantenere tutto in equilibrio nonostante i difficili rapporti con un marito semisordo che l’asseconda ed un figlio che va e viene da un sanatorio mentale.
Mendes aveva già raccontato le contraddizioni della provincia americana in American Beauty (1999) che a tutt’oggi resta forse il suo film più noto. E’ come se con Revolutionary road il regista facesse un salto indietro di quarant’anni, ad un passo dai grandissimi melodrammi di Douglas Sirk, in un progetto cinematografico che potrebbe essere messo in parallelo all’ottimo Lontano dal paradiso di Todd Haynes (2002). Il film deve tantissimo a celebri pellicole quali Magnifica ossessione, Come le foglie al vento, Secondo amore, Lo specchio della vita, capolavori assoluti del cineasta tedesco trapiantato negli Stati Uniti e che fece le fortune della Universal negli anni Cinquanta.
Come Sirk, Mendes recupera la tragedia classica, quella delle impossibili soluzioni, in cui gli dei allora, il caso oggi, scombinano completamente i piani dei protagonisti, che in Revoluitionary road consistono nel trasferimento dei Wheeler dal gretto Connecticut alla cosmopolita Parigi, nelle loro menti simbolo opposto al conformismo della piccola realtà che i due sono costretti a vivere negli Stati Uniti. Una nuova vita in cui sarà la giovane moglie a mantenere suo marito che si dedicherà allo studio, alla lettura, alla scrittura, secondo uno schema inimmaginabile per amici e colleghi, che li vedono come alieni e non fanno nulla per nasconderlo.
Sarà proprio il conformismo a vincere, distruggendo la coppia che per un breve lasso di tempo aveva imparato a sognare. Scena madre di tutto il film diventa così proprio quella in cui tutto ciò esplode, messo in luce, aldilà dell’ipocrisia camuffata da buona educazione degli altri, da John, il figlio della padrona di casa, a cui viene affidato il compito del corifeo greco, di rivelare tutti i segreti mai detti in una società da cui è inevitabilmente escluso.
Da quel momento in poi la pellicola di Mendes si chiude con le immagini più dure del film e che meglio rappresentano i contrasti tra perfezione esterna e imperfezione interna che caratterizza la realtà umana, fino ad un parodistico finale sui rapporti di coppia.
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