lunedì 18 novembre 2013

La vita agra (Lizzani 1964)

Tratta dal romanzo di Luciano Bianciardi del 1962, la pellicola racconta le vicende di Luciano Bianchi, interpretato da un magnifico Ugo Tognazzi, che dopo aver perso il lavoro a causa dei tagli imposti dalla finanziaria che controlla la miniera di cui è responsabile culturale, decide di andare a Milano con l'amico Libero (Giampiero Albertini), con l'obiettivo di far saltare in aria il palazzo della finanziaria.
Il film, incentrato sulla critica della situazione sociale e politica italiana del momento, ormai considerata ad un passo dalla crisi dopo l'illusione del boom economico successivo alla Seconda guerra mondiale, segue anche le vicende private di Luciano, uomo sposato e con un figlio a Guastalla, che a Milano inizia una relazione con Anna, un'impegnata giornalista romana, a cui dà il volto la brava e bellissima Giovanna Ralli. 


Luciano è sempre in aperta polemica contro il sistema e in attesa di una rivoluzione che non arriva mai. Anche la storia d'amore è spesso subordinata alla politica, tanto che Luciano vive nell'incubo che possa diventare "troppo borghese". 
Il protagonista dà chiaramente la colpa alla civiltà industriale, il cui massimo mezzo di propaganda è la pubblicità, che usa i corpi nudi per vendere. Tutto è mezzo e strumento per arrivare al denaro, motivo per cui con gran capacità di sintesi sentenzia che "il metallurgico odia il tornio, io odio la macchina da scrivere, la prostituta odia il pene". Il grande paradosso è che Luciano troverà lavoro e avrà successo proprio come autore di slogan pubblicitari.
Da brividi la scena, che oggi appare profetica, in cui Luciano, dopo aver trovato lavoro come pubblicitario, nel corso iniziale si sente spiegare che i consumatori i sapori dovranno sentirli con le orecchie e non con il palato, e che quindi la pubblicità convincerà più della qualità dei prodotti e dei loro ingredienti. In questo senso è determinante la battuta che non a caso contiene il titolo del film: "Vita agra quassù, caschi per terra e nessuno ti raccoglie. Qui il prossimo ti cerca soltanto se e fino a quando hai qualcosa da pagare".

Naturalmente il successo come pubblicitario farà desistere il protagonista dai propositi rivoluzionari e davanti al direttore, che ormai lo ammira, rivela come battuta l'iniziale volontà dinamitarda, ma la risposta è ancora più disarmante: "magari l'avesse fatto, è assicurato per il doppio del suo valore".

Anche Libero, l'amico che si è trasferito con Luciano per far saltare in aria il palazzo, dovrà sentirsi dire che "l'unico vero miracolo economico lo fece quello che moltiplicò pani e pesci e diede da mangiare alla gente gratis, in allegria".

Un paio di curiosità: nel cineforum che frequentano Tognazzi e Ralli si discute de Le mani sulla città di Francesco Rosi; Enzo Jannacci appare in un cameo come cantante voce e chitarra in un locale. 

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