Scrivo questa recensione con una dovuta premessa che mi balena in testa dai titoli di coda: dopo aver visto Hunger è davvero difficile parlare di cinema.
Siamo nel 1981, anno in cui il governo Tatcher decide di sospendere lo status di prigionieri politici per i terroristi dell'Irlanda del Nord. La storia inizia con il poliziotto Raymond Lohan che si prepara in silenzio per andare a lavoro, mentre la moglie lo guarda uscire con la morte nel cuore. Una sorta di vestizione del cavaliere, molto meno esaltante: la sequenza ha il potere di catapultare lo spettatore in una realtà disturbante, che non lo lascerà più fino alla fine del film.
Siamo nel 1981, anno in cui il governo Tatcher decide di sospendere lo status di prigionieri politici per i terroristi dell'Irlanda del Nord. La storia inizia con il poliziotto Raymond Lohan che si prepara in silenzio per andare a lavoro, mentre la moglie lo guarda uscire con la morte nel cuore. Una sorta di vestizione del cavaliere, molto meno esaltante: la sequenza ha il potere di catapultare lo spettatore in una realtà disturbante, che non lo lascerà più fino alla fine del film.
Nel carcere di Long Kesh, in cui l'uomo lavora, sono imprigionati i terroristi dell'IRA, a cui scopriamo presto cosa accade: condizioni terribili, percosse da parte delle guardie del posto ma anche da un reparto speciale simile alla nostra "celere" in assetto antisommossa. Bellissima in questo frangente l'inquadratura che, in una sorta di split-screen naturale, generato da una parete, ci permette di vedere da una parte alcuni poliziotti che massacrano un prigioniero e dall'altra il più giovane di loro che piange perché non è in grado di sostenere emotivamente il compito ingrato a cui è stato chiamato. Il lato umano dei carcerieri viene fuori solo in un altro caso, quando il poliziotto visto all'inizio, Raymond, va a trovare in un ospizio la mamma, ormai incapace di intendere e volere, e viene giustiziato da un terrorista, a conferma di una lotta continua e priva di scrupoli da ambo le parti.
La musica in questa pellicola interviene raramente, ma quando lo fa è determinante: dopo 30 minuti, ad esempio, si viene investiti da una melodia stridente di archi dissonanti, che aumenta lo stato di disagio.
La musica in questa pellicola interviene raramente, ma quando lo fa è determinante: dopo 30 minuti, ad esempio, si viene investiti da una melodia stridente di archi dissonanti, che aumenta lo stato di disagio.
Allo stesso modo non vediamo quasi mail il cielo per tutta la durata del film, ed è significativo che quando accade in realtà è pressoché invisibile, poiché chiuso da una coltre di nubi fittissima.
La crudezza del film è totale, eppure in un caso sembra persino possibile pensare ad un capolavoro del passato: quando uno dei prigionieri gioca con una mosca sulle grate della cella, viene in mente il Burt Lancaster di L'uomo di Alcatraz (Frankenheimer 1962), che fa volare uno dei suoi passerotti, simbolo della libertà perduta.
La seconda parte della pellicola, nettamente diversa dalla prima, è tutta incentrata sul personaggio realmente esistito di Bobby Sands, interpretato da un gigantesco Michael Fassbender. Questa sezione inizia con l'unico lungo dialogo previsto dal regista Steve McQueen, quello tra Bobby e il cappellano del carcere, padre Dominic Moran. La bellissima chiacchierata, che si svolge nella penombra e nel fumo delle sigarette fumate dai due, è davvero l'unica concessione esplicativa che il regista affida alle parole e non alle immagini.
È qui che scopriamo i dettagli delle strategie politiche dei carcerati ribelli, che dopo aver fallito con la blanket protest (rifiuto di vestire l'uniforme) e dirty protest (rifiuto di tagliarsi i capelli e di lavarsi, giungendo persino ad utilizzare i propri escrementi come pittura con cui decorare i muri delle celle), decidono di iniziare uno sciopero della fame, al fine di ottenere lo status di prigionieri politici. Il prete, anch'egli nordirlandese, capisce perfettamente le istanze dei prigionieri, ma chiede inutilmente di negoziare.
Nel dialogo è inserita anche la più bella linea di sceneggiatura del film: "Ho sempre pensato che quel ladro vicino a Gesù se la cavò con poco" "Ah, però, riconobbe i suoi peccati" "Lo fece davvero?" "Sì, e lo disse pure" "Inchiodato a una croce diresti tutto. Gesù offre un posto vicino al Padre, in un posto chiamato Paradiso, figurati se non sei pronto ad alzare una mano" "Sì, anche se è inchiodata alla croce".
Bobby si consumerà mettendo in atto lo sciopero della fame e morirà per la causa, così come altri nove suoi compagni. Il suo corpo viene portato in braccio come il Cristo delle Pietà, i suoi genitori lo seguiranno lungo il suo disfacimento fisico e, un attimo prima del trapasso, vedrà alcuni momenti della sua infanzia.
Il resto è storia, il governo britannico, pur accettando alcune richieste dei detenuti, non cambierà mai idea sulla questione dei prigionieri politici...
Nel dialogo è inserita anche la più bella linea di sceneggiatura del film: "Ho sempre pensato che quel ladro vicino a Gesù se la cavò con poco" "Ah, però, riconobbe i suoi peccati" "Lo fece davvero?" "Sì, e lo disse pure" "Inchiodato a una croce diresti tutto. Gesù offre un posto vicino al Padre, in un posto chiamato Paradiso, figurati se non sei pronto ad alzare una mano" "Sì, anche se è inchiodata alla croce".
Bobby si consumerà mettendo in atto lo sciopero della fame e morirà per la causa, così come altri nove suoi compagni. Il suo corpo viene portato in braccio come il Cristo delle Pietà, i suoi genitori lo seguiranno lungo il suo disfacimento fisico e, un attimo prima del trapasso, vedrà alcuni momenti della sua infanzia.
Il resto è storia, il governo britannico, pur accettando alcune richieste dei detenuti, non cambierà mai idea sulla questione dei prigionieri politici...
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