lunedì 9 gennaio 2023

The Fabelmans (Spielberg 2022)

"Quando l'orizzonte è in alto, è interessante. Quando è in basso è interessante. Quando è in mezzo, è una merda". John Ford dixit!

David Lynch interpreta uno dei più grandi autori del cinema statunitense: è l'ultima sequenza del film il più grande sussulto di The Fabelmans, ultima e personalissima opera di Steven Spielberg.
In un testa-coda di grande effetto, dall'altro capo dell'epifania lynchiana lo stesso Spielberg introduce la sua pellicola ringraziando gli spettatori e inneggiando alla "magia della sala, chiaro strale anti-piattaforme, arricchito dalla riflessione che si tratta del film più intimo della sua carriera (trailer).
Tra i due antipodi un film tecnicamente perfetto, come ci ha sempre abituati il regista di Cincinnati, impeccabile, scritto a quattro mani da lui e Tony Kushner, ben girato, ben fotografato (da Janusz Kaminski), ben scenografato (da Rick Carter), cinefilo, con le musiche di John Williams, eppure poco coinvolgente, in qulche modo freddo, clamorosamente didascalico.
Sammy (Gabriel LaBelle) è un bimbo di cinque anni quando esce Il più grande spettacolo del mondo (DeMille 1952), il suo primo film in sala, visto al fianco del padre (Paul Dano) e della madre Mitzi (Michelle Williams). L'effetto su di lui è incredibile sin da prima di entrare, spaventato e allo stesso tempo eccitato per gli uomini enormi che vedrà sul grande schermo, viene tranquillizzato dai genitori che però nulla possono di fronte alla sequenza dell'incidente ferroviario, che nei giorni seguenti ossessiona il piccolo Sammy, che lo sognerà e, poi, cercherà di riprodurlo con il suo nuovo trenino elettrico, avuto per la festa ebraica di Hannukkah.
Inizia così il suo amore per il cinema, con mamma Mitzi che, per evitare la distruzione di innumerevoli trenini, consiglia al figlio di registrare una scena in modo da poterla rivedere più volte. 
Spielberg racconta con le immagini in maniera magistrale sin dall'inizio e non solo per la sequenza cinefila del film di DeMille, il cui nome risuonerà anche più avanti come grande regista per antonomasia, quando Sammy adolescente inizierà a mostrare le sue pellicole. E così, l'origine ebraica dei Fabelmans viene introdotta dall'immagine della loro casa buia, unica del circondario a non avere le luminarie natalizie, o con la carta da regalo per Hannukkah decorata con la stella di David. Sammy vorrebbe le strenne natalizie, più per lo spettacolo che per ciò che rappresentano: è la sua sensibilità artistica che fa capolino e saranno proprio gli effetti e le questioni tecniche quelle che lo affascineranno di più ai primi tentativi di riprese cinematografiche.
Lo vediamo tagliare la pellicola alla moviola ed effettuare fisicamente il montaggio dei vari spezzoni, ma anche creare carrelli con vecchi passeggini, le esplosioni con sacchi di sabbia opportunamente collocati, manichini a fingere uomini che cadono dai dirupi, oppure bucare la pellicola con gli spilli per simulare i colpi. Ogni difficoltà narrativa viene risolta brillantemente.
L'influenza del padre, ingegnere informatico per i grandi colossi del campo, dalla RCA all'IBM, infatti, è basilare nella formazione di Sammy e, in un dialogo con il figlio, Burt sottolinea quanto apprezzi la sua mentalità ingegneristica applicata al cinema. 
La cinefilia di Spielberg è ovunque. Sammy gioca con le sorelle minori e ad una di loro fa inforcare gli occhiali con baffi e naso di Groucho Marx; rifà La Mummia (Freund 1932) utilizzando la carta igienica del bagno per trasformare il suo giovane attore in un novello Boris Karloff; va a vedere L'uomo che uccise Liberty Valance (Ford 1962) e da lì inizia ad appassionarsi anche al genere western e ne gira uno, dall'evocativo titolo Gunsmog, che scimmiotta la serie tv Gunsmoke (1955), anche se l'assalto alla diligenza è evidentemente esemplato su Ombre Rosse (Ford 1939). 
La vita familiare si intreccia con la crescita, gli studi e la passione per il cinema di Sammy, con il padre che è costretto a far trasferire la famiglia per seguire i propri progressi professionali. Oltre alla nonna Haddash (Jeannie Berlin), un perfetto personaggio alleniano, alla vita quotidiana dei Fabelmans partecipa anche il migliore amico di Burt, Bennie (Seth Rogen), molto legato anche a Mitzi e l'unico in grado di farla sorridere, nonostante le sue frustrazioni da pianista che non ha raggiunto il successo soprattutto per aver scelto la famiglia al posto della carriera.
Mitzi, nella sua depressione, avrebbe bisogno di ridere e lo fa comprando una scimmia, convinta che "gli psichiatri ti fanno capire perché provi un sentimento, non ti fanno provare sentimenti diversi".
E anche su questo triangolo la mdp di Sammy sarà lo strumento parlante più completo: il suo occhio svela, rivela, racconta, interpreta.
Anche il divorzio è composto in una famiglia come quella dei Fabelmans, in cui Burt è da sempre in grado di ingoiare tutto pur di mantenere l'equilibrio. Al "si fa quello che il cuore ci dice di fare" di Mitzi fa da contraltare la sua costante pacatezza che, tra sensi di colpa, affetto e senso di responsabilità, gli fa dire con consapevolezza che "la storia è andata troppo avanti per scrivere la parola fine".
Un altro personaggio sarà fondamentale nella formazione di Sammy, lo zio della nonna, circense passato al cinema di Hollywood dai tempi de Il cantante di Jazz (Crosland 1927), il celebre film che segnò l'avvento del sonoro, che pur cercando di dissuaderlo - "l'arte ti lascerà solo" - parla con così tanto entusiasmo di quel mondo, da suscitare l'effetto opposto. E, nella camera dove viene ospitato lo zio, la scenografia prevede alcuni Lp di colonne sonore di famosi film, come Ben Hur (Wyler 1959) o El Cid (Mann 1961).
Il trasferimento in California, dove "tutti fanno film", come gli dice Bennie, trasforma completamente la vita di Sammy, che si ritrova, da bambino ebreo, ad essere vessato dal bullo di turno e dall'antisemitismo razzista e qualunquista, che gli vale il soprannome di "ammazzagesù", da cui si difende con una strana frase con la quale precisa di non avere duemila anni e di non essere mai stato a Roma (sic). La rabbia di Sammy nei confronti del padre per averli portati lì e per tutto il resto è una delle scene madri del film in cui tutti i nodi vengono al pettine.
Questa parte, anche per i costumi a cavallo tra anni Sessanta e Settanta, trasforma il film in una sorta di Grease con gli scontri tra fazioni, l'amore non ricambiato e, anzi, ancora peggio, l'amore dell'amata riservato a Logan, il bello e stupido della scuola. È lui, uno "stronzo, idiota e antisemita", che nel film di Sammy, dimostrazione più palese del potere della finzione nel cinema, passa inspiegabilmente come un eroe senza macchia, ma forse una spiegazione c'è ed è nell'amore vero e incondizionato per qualcuno. Divertente, però, oltre il filmino per la scuola, proiettato al ballo di fine anno e adattato per esaltare e colpire ad hoc i singoli compagni, il rapporto con la prima fidanzatina, Monica, una fervente cattolica, appassionata di Gesù più per il suo aspetto che per la religione in sé, che interpreta il bacio come la discesa dello Spirito Santo, e con una camera ricca di poster in cui Cristo compare tra attori e cantanti e dove c'è posto anche per la Crocifissione di san Pietro di Caravaggio.
Un unico accenno politico, in anni di grandi stravolgimenti in cui appare davvero una gimkana riuscire ad evitare l'argomento: Sammy dice di aver perso i contatti con un amico perché ha votato Barry Goldwater, il candidato repubblicano che perse le presidenziali del 1964 contro Lyndon Johnson.
La storia orchestrata da Spielberg è così, scontata, melensa, costruita da cliché previdibili, come se anche la trama del film badi più a riprendere la tradizione che aggiungere qualcosa di nuovo. 
In effetti forse è qui il problema di The Fabelmans, tradizione e originalità non si fondono come accade nei grandi film, cosicché lo squilibrio della prima a discapito della seconda determina un risultato non sempre convincente, per quanto perfetto e impeccabile, in un tipico contrasto spielberghiano in piena regola!
L'amore per il cinema e il carattere metacinematografico restano la cosa migliore della pellicola, il potere della settima arte nella vita di Spielberg è palpabile, e poi il suo ingresso in CBS e l'incontro con John Ford-David Lynch, anticipato dalle locandine dei suoi capolavori, da Ombre Rosse a Furore, da Un uomo tranquillo a Sentieri selvaggi, fino ovviamente all'amato L'uomo che uccise Libery Valance. Tutto questo per gli amanti del cinema vale il prezzo del biglietto!

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