sabato 14 gennaio 2023

Pinocchio di Guillermo del Toro (Del Toro - Gustafson 2022)

Bisogna tradire un classico per rendergli onore oppure è meglio riprodurre l'opera originaria in maniera fedele? Forse, a ben guardare, è inutile rispondere a questa domanda, poiché non c'è una regola aprioristica di fronte alla creazione di una nuova opera ed è certamente vero che si possa realizzare qualcosa di bello sia seguendo una strada che l'altra.
Guillermo del Toro ha scelto la prima via e lo ha fatto ottenendo un gran risultato, ma sia chiaro, nel suo Pinocchio, di Collodi c'è ben poco e la favola che il cinema ha trasposto innumerevoli volte, anche con ottimi risultati filologici (come si diceva qualche anno fa nell'analisi del Pinocchio di Garrone, 2019), stavolta è funzionale a raccontare una storia nuova (trailer).
Non a caso il film è intitolato Pinocchio di Guillermo del Toro, un intento programmatico, che precisa come la pellicola sia quella del regista messicano, non apparentabile a nessun altro Pinocchio del passato.
Realizzata con pupazzi che prendono vita grazie alla tecnica dello stop motion, in collaborazione con Mark Gustafson alla regia e con le musiche di Alexander Desplat, la pellicola racconta di un Geppetto falegname vedovo negli anni della Prima guerra mondiale. Siamo nel 1916 e suo figlio, Carlo, muore proprio durante il conflitto. In realtà, Geppetto non è solo un falegname, ma uno scultore ed è suo il grande crocifisso ligneo che viene posto sull'altare del paese. La morte di Carlo, anni dopo, lo spinge a creare il burattino, utilizzando il legno del pino crsciuto proprio di fianco alla lapide del bambino, in cui nel frattempo è andato a vivere Sebastian, un grillo letterato che fa anche da voce narrante. In originale quella di Ewan McGregor, uno dei tanti attori di primo livello chiamati a partecipare.
La sceneggiatura, scritta da Del Toro e Patrick McHale, inanella frasi significative, dalla lezione di Geppetto, secondo cui "tutte le cose belle richiedono pazienza", alla bella e malinconica battuta di Sebastian che dice che "il mondo andò avanti ma Geppetto no". In quelle parole c'è tutto il dolore del lutto di un padre per il proprio figlio, peraltro affiancato dall'immagine della piantina che nasce e che diventerà l'albero: una frase e un'immagine che sintetizzano in pochi secondi il tempo passato.
E così, senza Mastro Ciliegia, senza il ciocco di legno parlante e senza Fata dai capelli turchini, a dar vita al burattino sarà un essere soprannaturale, che appare mutuato dalla tradizione nordica dei folletti e delle foreste e che, durante la storia, si dividerà in due sorelle, una buona, lo Spirito del Bosco, una cattiva, la Morte, che contribuiranno al futuro di Pinocchio.
Gli anni sono passati e il burattino inizia la sua vita quando l'Italia è già sotto il regime fascista. Il volto del Duce compare sui muri con le frasi della propaganda ("credere obbedire combattere") e anche il teatro dei burattini, guidato da Conte Volpe (voce di Christoph Waltz) aiutato dal suo scagnozzo, la scimmia Spazzatura (voce di Cate Blanchett), ha una chiara impronta filogovernativa.
Pinocchio, così, trattato come la creatura del Frankenstein di Mary Shelley, accolto in chiesa come creatura mostruosa dai benpensanti che chiedono di "bruciare il mostro", varcherà i confini della blasfemia, ma lo farà in maniera comprensibile e naturale dal suo punto di vista, arrivando a chiedere al padre "perché tutti amano lui e non me?", guardando quel crocifisso anch'esso di legno ma che non parla e non si muove come lui.
Tutto è "ricucinato" e anche episodi famosi della fiaba, come quello in cui Pinocchio si brucia i piedi nel fuoco, vengono ripensati e qui, per esempio, l'incidente avviene perché il burattino segue il consiglio di Lucignolo che gli propone di scaldarli davanti al camino. Anche Lucignolo (voce di Finn Wolfhard, il Mike di Strange Things) è tutt'altro personaggio rispetto a quello collodiano, e qui è figlio del podestà (voce di Ron Perlman), ovviamente il personaggio più fascista del paese, che vede in Pinocchio un dissidente, ma anche un prezioso soldato data la sua impossibilità di morire.
Nel frattempo, però, la sua fuga da casa - dopo un litigio con Geppetto che gli dice che è un peso - lo porterà a lavorare per il teatro dei burattini, in spettacoli con elmo, moschetto e bandiera tricolore con lo scudo Savoia, in groppa ad un'aquila e con canzoni che inneggiano al duce, "luce guiderà la nostra volontà". Mussolini compare non solo nei murales o nei giornali (il Giornale italiano titola "Vinceremo la guerra"), ma va anche a vedere uno degli spettacoli, arrivando in una buffissima limousine che, al posto dell'angelo della Rolls Royce (il famoso Spirit of Ecstasy), sul cofano ha un piccolo e parodistico Duce a braccio teso.
Oltre a Frankenstein, Del Toro riprende anche altri capolavori letterari più avanti, quando Geppetto va al porto per raggiungere Pinocchio in tournée dall'altra parte dello stretto, perché sì, anche su questo, la pellicola cambia tutto e il burattino è in Sicilia. Geppetto chiede di potersi imbarcare ad un capitano con un uncino al posto di una mano che racconta di un incredibile mostro marino, evidentemente un personaggio che fonde il Capitano Hook del Peter Pan di James Matthew Barrie e l'Achab di Moby Dyck di Herman Melville. E poi l'identitario naso che si allunga in questo film avrà un ruolo importante all'interno del mostro marino: le bugie a volte possono servire, perché no?
Nel contesto storico e sociale della storia, la "mente indisciplinata" di Pinocchio, da sempre considerata come accezione negativa di un percorso che alla fine della fiaba giunge alla maturità del bambino, nella vicenda narrata da Del Toro diventa necessaria e sacrosanta: Pinocchio non diventa più buono ma rende migliore chi incontra. Seguire le regole in una realtà come quella è ovviamente la cosa più sbagliata possibile: la grande domanda è perché obbedire alla legge se questa è brutta?
Il suo percorso stavolta è un percorso di conquista della propria identità, anche rispetto ad un padre che lo ha creato solo per sostituire il figlio perso:
Pinocchio, sebbene sulle prime tenterà di somigliare a Carlo, non può essere Carlo e solo il tempo gli darà la forza di imporsi con la sua indole e il suo carattere, rimanendo fedele a se stesso e ottenendo, così, anche il consenso di Geppetto ("tu non devi essere un altro" e "ti voglio bene esattamente come sei").
Identità e antifascismo sono due pilastri del Pinocchio di Del Toro, ma il terzo, forse il più importante, è rissaunto nella frase che lo Spirito del Bosco rivolge al burattino: "infrangi le regole, se sei convinto!" La crescita di ogni individuo passa soprattutto per questo.

1 commento:

  1. Una lettura empatica e delicata e al tempo stesso potente e intensa, che corre tra le righe di una stesura trasversalmente colta, tuttavia mai ostica, incisiva e a tratti poetica, come spesso Begood ci ha abituati. Una rivisitazione radicale, quella di Del Toro, per nulla dissacrante, ma che punta dritta all’essenza con quel “infrangi le regole, se sei convinto”, rivoluzionario come solamente il totale dono di sé può essere. Grazie!

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