lunedì 3 febbraio 2014

Dallas Buyers Club (Vallée 2013)


È un film dall'inizio folgorante, che ci catapulta immediatamente nella realtà texana di un gruppo di amici operai di un cantiere che amano donne, droga, alcol e rodei, in un contesto fatto di omofobia, razzismo e sessismo.
L'evento del momento è la scoperta della malattia di Rock Hudson, un dettaglio con cui l'ottima sceneggiatura di Craig Borten ci precisa anche che siamo nel luglio del 1985 (l'attore morirà il 2 ottobre) e che l'AIDS è ancora un male poco conosciuto, tanto più in ambienti come questo, in cui l'amico con più personalità del gruppo, Ron Woodroof (Matthew McConaughey), si lascia andare ad un eloquente commento: "tutta quella fica di Hollywood sprecata".
Ma proprio a lui, il giorno seguente, dopo un infortunio sul lavoro, viene diagnosticato il virus dell'HIV, con un'aspettativa di vita di trenta giorni. Ron non può credere alle sue orecchie, va via dall'ospedale ridendo di fronte ai medici, convinto che quello sia un male che possa colpire solo gli omosessuali. Nel giro di pochi giorni, però, si renderà conto della situazione avvertendo i primi sintomi e, dopo essersi documentato, scoprirà che anche i suoi rapporti non protetti possono essere la causa del suo stato. Non sarà così facile farlo capire agli amici, che ora lo considerano gay, a uno dei quali Ron non lesinerà un'altra frase degna di nota: "ti faccio ingoiare così tanti denti che alla fine masticherai col culo!"
La storia del protagonista si intreccia con quella della sperimentazione dell'AZT, farmaco che viene somministrato su un campione di pazienti e che Ron, non inserito nel programma, riesce comunque a procurarsi tramite un portantino connivente. Ma l'AZT non dà nessun beneficio, tranne alle casse dei produttori farmaceutici che lo commercializzano con il benestare della corrotta FDA (Food and Drug Administration). Ron, quindi, dopo un ricovero durante il quale capirà bene gli interessi economici che ruotano intorno ai medicinali, rispetterà sorprendentemente il ruolo della dottoressa Eve (Jennifer Garner), peraltro inizialmente scambiata per infermiera solo perché donna, e ancor più sorprendentemente il travestito Rayon (uno strepitoso Jared Leto), partirà per il Messico, dove scoprirà, grazie ad un medico anticonformista radiato dall'ordine, un modo molto più naturale di curare la malattia, attraverso farmaci meno tossici dell'AZT. Geniale la scena del ritorno negli Stati Uniti, in cui per far passare valigie piene di farmaci, Ron si travestirà da sacerdote. Nascerà così il Dallas Buyers Club, società messa in piedi con lo stesso Rayon grazie alla quale, con una quota associativa di 400 $, i soci avranno diritto alle medicine. Naturalmente il club sarà osteggiato dalla FDA, cosicché Ron sarà costretto a girare per il mondo per ottenere i farmaci, tra cui l'interferone alfa che andrà a recuperare persino in Giappone o in Olanda.
L'evoluzione ideologica di Ron, da elettricista omofobo a imprenditore per una nobile causa, è tutta nella sequenza del supermercato in cui, oltre a trasformarsi in un perfetto salutista, arriverà persino a difendere Rayon dalle offese di uno dei suoi vecchi amici del cantiere. Il legame tra i due diverrà saldo fino ad uno splendido abbraccio, pur se Ron non rinuncerà mai alle sue sferzate: "con te Dio ha scelto la donna sbagliata per benedirla con un paio di palle", oppure, mentre Rayon guarda una cameriera di cui invidia le generose forme, "la smetti di guardarle le tette, cominci a sembrare normale?".
I toni da commedia sono garantiti da questi contrasti e ad essi contribuisce la tecnica del regista Jean-Marc Vallée che, ad esempio, in una scena girata in soggettiva, fa partecipare lo spettatore all'autoerotismo di Ron, che si masturba davanti alle foto di procaci modelle imbattendosi, però, anche in un paio di immagini di Marc Bolan, musicista ammirato da Rayon, autore dello scherzo.
È davvero buona la regia di Vallée, che segue il protagonista in maniera impeccabile dall'inizio alla fine del film, riportandone i diversi stati d'animo, dalla presunzione di onnipotenza iniziale ai massimi momenti di sconforto, fino alla grande capacità di rialzarsi, aiutato in questo da un bravissimo ed emaciatissimo McConaughey, la cui candidatura all'Oscar è strameritata.
La scena delle "farfalle" a confronto con un dettaglio di
Revenge of the Goldfish, foto del 1981 di Sandy Skoglund
Bellissima è la sequenza con cui il regista ci inganna dimostrando di sapere maneggiare con grande consapevolezza gli strumenti del proprio mestiere: si tratta del momento in cui vediamo Ron che, dopo aver capito di essere malato, prega davanti a delle candele con lo sguardo rivolto verso l'alto. L'evidenza dell'inquadratura lascia supporre che il protagonista, in preda alla disperazione, sia entrato in chiesa aggrappandosi alla fede, ma lo spettatore fa appena in tempo a formulare questo pensiero che la mdp con un lento movimento allarga l'inquadratura facendo scoprire che in realtà Ron è seduto sotto il palco di un locale di strip tease in cui, al posto del crocifisso verso cui sembrava pregare, c'è una splendida fanciulla che si sta spogliando, ribaltando completamente l'improbabile situazione immaginata (quanto sarebbe piaciuto un giochino del genere ad Alfred Hitchcock!). Vallée, inoltre, sembra evocare il miglior David Lynch quando Ron, in preda ai disturbi della malattia, ha la visione di un clown che esce da un bidone al centro dell'arena di un rodeo, così come sembra citare la fotografa Sandy Skoglund (ringrazio la preziosa Rosebud per la segnalazione) nella scena in cui Ron entra nella stanza piena di farfalle del dottore che fa sperimentazione sui bruchi.
Il resto della storia, tratta da una vicenda vera, è la cronaca del diritto alla libertà di cura per cui si batté Ron Woodroof e per cui ancora oggi ci si batte. Ron perse la causa contro le multinazionali farmaceutiche, pur ottenendo il favore del giudice, impossibilitato a dare valore legale al buon senso. Ron, però, rispetto ai trenta giorni di vita che secondo i medici gli sarebbero rimasti, visse ancora sette anni, morendo solo nel 1992, anno in cui lo sceneggiatore Craig Borten volle conoscerlo e realizzare venti ore di interviste al Dallas Buyers Club, che solo venti anni dopo si sono trasformati in questo ottimo film. 

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