Liberamente ispirato all'omonimo libro di Robert M. Edsel e Bret Witter, il nuovo film di George Clooney non convince proprio. Sembra di assistere ad una lezioncina per bambini totalmente a digiuno di Seconda guerra mondiale e di storia dell'arte.
Il film non funziona nemmeno come commedia bellica, e se con questo sottogenere si pensa poi a grandi pellicole come M*A*S*H* (Altman 1970), La grande guerra (Monicelli 1959, ammesso che possa definirsi commedia), a qualche brano del pythoniano Il senso della vita (Gilliam - Jones 1983) e, volendo, anche Bastardi senza gloria (Tarantino 2009), che con quello in esame condivide anche il periodo storico, il confronto risulta addirittura imbarazzante.
Peccato per l'ottimo cast letteralmente sprecato: dallo stesso Clooney a Matt Damon, da Bill Murray a Jean Dujardin, da John Goodman a Cate Blanchett.
La storia racconta di una squadra di uomini scelti con cui Frank (Clooney) decide di raggiungere l'Europa, in vista della fine della guerra, per dire alle truppe statunitensi quali monumenti risparmiare (da cui il nome del gruppo) e allo stesso tempo per recuperare le tante opere d'arte trafugate dai nazisti. Nell'estate del 1944 alcuni enormi danni sono già stati compiuti dagli americani, come per esempio la distruzione nel febbraio precedente dell'Abbazia di Montecassino, e Frank non manca di ricordarlo a noi e ai suoi superiori scettici dell'utilità dell'impresa in una dimostrazione con tanto di diapositive, che è solo il primo dei tantissimi momenti didascalici del film. La sua voce off, peraltro, non ci abbandonerà per tutta la durata della vicenda, dando continuamente la sensazione di essere vicini alla chiosa finale che invece arriverà solo in fondo...
Naturalmente l'arrivo dei "monuments men" in Europa non ha gran successo sulle truppe, a cui risulta davvero complicato spiegare perché rischiare la vita per abbattere una torre o una chiesa in meno, ma i nostri eroi continuano anche le ricerche delle opere trafugate: sulla michelangiolesca Madonna di Bruges uno degli uomini di Frank, Donald, ha diversi ricordi, ma mentre li scrive in una lettera indirizzata al padre viene ucciso, purtroppo non prima di aver scritto frasi come "la Madonna è mia quanto lo era di Napoleone". Naturalmente sarà cura di Frank ordinare che la lettera, ritrovata, venga spedita ai familiari di Donald.
La retorica della sceneggiatura è l'unica costante del film e se può funzionare, anche soprattutto grazie al silenzio, quando si vedono volontari e soldati mettere i sacchi di sale davanti al muro del Cenacolo di Santa Maria delle Grazie di Leonardo, lo stesso non può avvenire quando James Granger (Damon), dopo aver conosciuto Claire libera dai tedeschi ormai in fuga, riappende un ritratto di una donna ebrea su una parete di una casa distrutta, che piuttosto che assurgere a simbolo della volontà di rimettere le opere nel loro luogo d'appartenenza, sembra semplicemente un gesto sconsiderato.
La retorica della sceneggiatura è l'unica costante del film e se può funzionare, anche soprattutto grazie al silenzio, quando si vedono volontari e soldati mettere i sacchi di sale davanti al muro del Cenacolo di Santa Maria delle Grazie di Leonardo, lo stesso non può avvenire quando James Granger (Damon), dopo aver conosciuto Claire libera dai tedeschi ormai in fuga, riappende un ritratto di una donna ebrea su una parete di una casa distrutta, che piuttosto che assurgere a simbolo della volontà di rimettere le opere nel loro luogo d'appartenenza, sembra semplicemente un gesto sconsiderato.
Come se non bastasse, al personaggio interpretato da Bill Murray, per Natale, viene spedito un disco inciso dai familiari, in un'ennesima sequenza che punta al patetismo e che, per fortuna di Murray, precede una delle poche scene degne di una buona commedia. Si tratta di quella in cui lui stesso scova Stahl, camuffato da semplice contadino, che tiene in casa una serie di capolavori d'arte contemporanea (tra cui il bellissimo Ritratto di Irene Cahen d'Anversa di Renoir, oggi a Zurigo) che dice essere copie di quadri famosi ma che il curatore del Metropolitan, altro "monuments man", riconosce come originali grazie ad un'etichetta dell'antiquario ebreo Rotschild apposta dietro una tela di Cezanne. La divertente prova del nove è rappresentata dai due bambini presenti in salotto che, al grido "Heil Hitler", lasciano immediatamente i giocattoli per scattare sull'attenti...
Tutta la seconda parte del film scorre tra la scoperta che i tedeschi hanno nascosto tutte le opere in diverse miniere disseminate nel loro territorio, ma anche dell'esistenza del "Decreto Nerone", in base al quale, in caso di morte di Hitler, i depositi dovranno essere completamente bruciati. A salvare buona parte delle opere, ma non tutte, contribuirà in maniera decisiva ancora l'amicizia tra Claire Simone e James Granger che, però, sarà corretto fino in fondo, rifiutando la corte della bella donna perché sposato e non mancherà di vantarsene con Frank quando al castello di Neuschweisteig troveranno un'altra parte dei capolavori portati via dai nazisti (anche I prigionieri di Calais di Rodin).
Alla fine, in una delle miniere, quella di Altausse, proprio un attimo prima dell'arrivo dei russi, verranno ritrovati anche il Polittico di Gand e la Madonna di Bruges, davanti alla quale Frank non può esimersi dal parlare come ad una persona, non trovando però di meglio da dire se non "andiamo via da qui".
Il finale, se possibile, mette una ciliegina sulla torta ad un film per cui la parola malriuscito sembra un eufemismo. Anno 1977, l'ormai vecchio Frank (interpretato dal padre di George Clooney) entra nella chiesa per vedere la Madonna di Bruges di Michelangelo tenendo per la mano un nipotino: è il simbolo di spielbergiana memoria (leggi Schindler's List) che tutto il lavoro fatto dai "monuments men" è stato per i posteri e che sono stati salvati i massimi conseguimenti dell'uomo (è purtroppo questo il brutto termine scelto nell'edizione italiana per tradurre un concetto che prima di attribuire ancora ad un difetto di sceneggiatura si aspetta di conoscere nella versione originale).
Tutta la seconda parte del film scorre tra la scoperta che i tedeschi hanno nascosto tutte le opere in diverse miniere disseminate nel loro territorio, ma anche dell'esistenza del "Decreto Nerone", in base al quale, in caso di morte di Hitler, i depositi dovranno essere completamente bruciati. A salvare buona parte delle opere, ma non tutte, contribuirà in maniera decisiva ancora l'amicizia tra Claire Simone e James Granger che, però, sarà corretto fino in fondo, rifiutando la corte della bella donna perché sposato e non mancherà di vantarsene con Frank quando al castello di Neuschweisteig troveranno un'altra parte dei capolavori portati via dai nazisti (anche I prigionieri di Calais di Rodin).
Alla fine, in una delle miniere, quella di Altausse, proprio un attimo prima dell'arrivo dei russi, verranno ritrovati anche il Polittico di Gand e la Madonna di Bruges, davanti alla quale Frank non può esimersi dal parlare come ad una persona, non trovando però di meglio da dire se non "andiamo via da qui".
Il finale, se possibile, mette una ciliegina sulla torta ad un film per cui la parola malriuscito sembra un eufemismo. Anno 1977, l'ormai vecchio Frank (interpretato dal padre di George Clooney) entra nella chiesa per vedere la Madonna di Bruges di Michelangelo tenendo per la mano un nipotino: è il simbolo di spielbergiana memoria (leggi Schindler's List) che tutto il lavoro fatto dai "monuments men" è stato per i posteri e che sono stati salvati i massimi conseguimenti dell'uomo (è purtroppo questo il brutto termine scelto nell'edizione italiana per tradurre un concetto che prima di attribuire ancora ad un difetto di sceneggiatura si aspetta di conoscere nella versione originale).
Clooney, nel lancio del film, continua a sentirsi nella parte e rilascia dichiarazioni in cui propone di riportare i marmi del Partenone in Grecia o la Monna Lisa in Italia: qualcuno lo avvertisse che per arrivare alla prima restituzione, gli Stati Uniti dovrebbero dichiarare guerra all'Inghilterra (oggi i marmi sono al British Museum di Londra) e che, per quanto riguarda il dipinto di Leonardo, quella tavola fu portata dallo stesso artista in Francia, quando si trasferì - fuga di cervelli ante litteram - alla corte di Francesco I nel 1516, e quindi da allora rimasto senza alcun "dolo" in quella nazione.
Pittiglio. Sei un ragazzo dalla mille, strabilianti, risorse. Complimenti. Mi so' pure fatta manda' gli aggiornamenti via mail così ti tengo d'occhio
RispondiEliminaGrazie anonima Francesca! Felice di averti tra i lettori fedeli e che abbia apprezzato la recensione su questo film: chi meglio di te in questo periodo può giudicare sui recuperi delle opere d'arte durante la Second guerra mondiale?
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