venerdì 7 febbraio 2014

A proposito di Davis (Coen 2013)

Nulla da dire, il nuovo film di Ethan e Joel Coen, già vincitore del Gran Prix Speciale della Giuria a Cannes, è confezionato in maniera perfetta: oltre alla regia sempre impeccabile, infatti, va segnalata anche la bellissima fotografia (nomination all'Oscar) di Bruno Delbonnel, capace di rendere al massimo sia negli interni che negli esterni, offrendo alla pellicola un'atmosfera davvero unica, stingendo il più possibile i colori e contribuendo in maniera decisiva a questa malinconica elegia della sconfitta (trailer).

La storia di Llewyn Davis (Oscar Isaac), infatti, liberamente ispirata alla vita di Dave Van Ronk, che nel 1964 pubblicò l'album Inside Dave Van Ronk da cui i Coen hanno recuperato il titolo originale del loro film, Inside Llewyn Davis - racconta le vicende di un cantante folk che frequenta il Greenwich Village di New York, ma la cui carriera non riesce proprio decollare. È così costretto a passeggiare nell'inverno del 1961 per le strade della Grande mela senza cappotto, arrabattandosi di casa in casa in cerca di ospitalità, in una sorta di versione più consapevole della Cristina di morettiana memoria ("giro, vedo gente, mi muovo, conosco, faccio delle cose" - Ecce Bombo 1978). Proprio uscendo da una di queste case verrà seguito dal gatto degli amici, che per buona parte del film sarà il suo compagno di viaggio e principale senso di colpa, quando invece gli scapperà...
Llewyn sarà ospitato anche da una coppia di amici con maggior successo, Jim (Justin Timberlake) e Jean (Carey Mulligan), che peraltro insieme ad un loro amico soldato, Troy, cantano sul palco del Gaslight Cafè, locale icona del Village, 500 miles from home, brano folk statunitense attribuito ad Hedy West, reso celebre in Europa in francese grazie a Richard Antony, col titolo di J'entends siffler le train (di cui ne ha fatto una versione anche Franco Battiato). Della ricca colonna sonora, che a tratti per le sue caratteristiche rimanda a quella di Fratello, dove sei? (2000), va poi almeno segnalata Please Mr Kennedy, il pezzo che Llewyn si ritrova a cantare in sala di registrazione con Jim, parodia delle canzoni di protesta di quegli anni, resa particolarmente esilarante dagli inserti baritonali di Al Cody (Adam Driver).
Jean, però, è letteralmente infuriata con Llewyn perché teme di essere rimasta incinta durante una breve relazione con il disorientato protagonista, che già in passato ha dovuto risolvere con l'aborto la gravidanza di una sua ex. La giovane musicista non gli risparmia una sequela di insulti e di giudizi, fino alla poco lusinghiera definizione di "fratello idiota di re Mida".

Ad eccezione di Llewyn, tutti gli altri personaggi restano sullo sfondo, e i Coen decidono di non spiegare a fondo nemmeno l'evento che sembra aver cambiato la vita di Llewyn, il suicidio dell'amico Mike, con cui costituiva il duo "Timlin & Davis". La sceneggiatura, così, lascia una traccia ancora più cupa sul passato del protagonista, che inanella una sconfitta dopo l'altra, soprattutto in ambito professionale, dove la sua musica appare sorpassata, come gli fa capire senza mezzi termini il proprietario del The Gate Horn, Bud Grossman (F. Murray Abraham), che dopo averlo ascoltato per un provino gli dice che "non si fanno i soldi con questa roba".
Paradossalmente, proprio la già citata Please Mr Kennedy, a cui partecipa svogliatamente solo per racimolare qualche soldo per aiutare Jean, potrebbe essere un grande successo, ma lui rinuncia immediatamente  ai diritti d'autore pur di avere subito la somma richiesta.
È durante il viaggio in auto verso Chicago che appare Roland Turner, interpretato da uno straordinario John Goodman, indubbiamente il personaggio più coeniano che si possa immaginare, da affiancare idealmente ai grandissimi Drugo e Jesus de Il grande Lebowski, Everett McGill di Fratello dove sei?, "Rooster" Cogburn de Il Grinta, Chad di Burn After Reading, ecc.
Anche Roland si lascia andare ad una serie di "appunti" sulla vita di Llewyn, che si ostina a chiamare Erwin, non comprendendo bene quel nome gallese, criticato per la sua attività di cantante folk con un derisorio "noi nel jazz usiamo tutte le note" e, riferendosi al gatto che Llewyn tiene in braccio, "quando suonavi un do maggiore mangiava palle di pelo?". 
Il politicamente scorretto Turner raggiunge il punto massimo della sua vis polemica nel momento in cui affronta il suicidio di Micky, lanciatosi dal George Washington bridge, colpevole a suo avviso di non aver scelto il più "tradizionale", in tema di suicidi, Brooklyn bridge! Purtroppo la sua fugace apparizione termina per un'overdose di eroina in un bagno di un autogrill, durante una pausa dalla lettura di Poesie del buco di culo pulito di Peter Anton Orlovski (1978).
La storia di Llewyn, una volta tornato a New York, si chiuderà in maniera eloquente: a casa Gorfein scoprirà che il gatto, nel frattempo tornato da solo dai suoi padroni, si chiama Ulisse, nome che è anche una preziosa chiave di lettura della sua vicenda; la sorella Joey lo allontanerà da casa per il suo linguaggio un po' troppo "colorito" e, soprattutto, offenderà un'anziana cantante al Gaslight Cafè, colpevole solo di esibirsi subito dopo che Pappi Corsicato (buffo omaggio all'omonimo regista napoletano), il gestore del locale, ha rivelato a Llewyn di aver fatto sesso con Jean.
Il giorno dopo Llewyn canterà al Gaslight: solo ora lo spettatore può comprendere che tutto il film è stato un flashback rispetto a quella serata, con cui la storia era iniziata. Stavolta, però, chi guarda ha a disposizione ulteriori elementi per comprendere cosa accade: il protagonista, infatti, viene colpito con pugni e calci da un uomo che dal losco e misterioso figuro iniziale diventa semplicemente il marito della donna offesa da Llewyn la sera prima, proprio mentre sul palco del Gaslight si esibisce al suo esordio un giovanissimo Bob Dylan, simbolo di come il successo sia passato di fianco all'assoluto protagonista perdente di questa storia... 

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