Le tre vicende narrate non hanno alcuna cornice che le tiene insieme se non l'ambientazione, quella di New York, che in tutti e tre gli episodi, però, fa da sfondo senza mai diventare davvero protagonista, come ci si aspetterebbe date le premesse.
In Lezioni di vero (Life lessons), Martin Scorsese gira una mezz'ora davvero sensazionale, narrando il rapporto tra Lionel Dobie (Nick Nolte) e Paulette (Rosanna Arquette), la sua giovane allieva e assistente. I due vivono e lavorano nella casa-studio di Lionel, pittore affermato e sulle orme di Jackson Pollock, che sta preparando un'esposizione personale che inaugurerà a breve. Tra i due è in atto una relazione i cui rapporti di forza sono totalmente squilibrati: l'affermazione professionale che li divide in maniera totale è infatti direttamente proporzionale al loro coinvolgimento sentimentale, cosicché è Paulette ad essere insofferente alle pressioni possessive di Lionel, che va a prenderla all'aeroporto, dove la donna atterra dopo un viaggio con il performer artist Gregory Stark (Steve Buscemi), con cui però rivela di aver rotto, e che Lionel non stenta a definire "l'attore comico", dimostrando tutta la distanza tra la sua arte "vera" e quella per lui incomprensibile della nuova generazione. Paulette accetta di tornare in casa, dove ha una stanza soppalcata nel grande open space, a patto di non dover tornare a letto con Lionel che, però, non riesce a non disturbare le sue telefonate e a non entrare in stanza sorprendendola seminuda a letto, tradendo un'insostenibile attrazione sessuale che Scorsese rende attraverso alcuni dettagli feticistici spesso evidenziati dagli iris (gli slip di Paulette e i piedi a cui Lionel non resiste).
Gli scontri tra i due però continuano: Lionel accusa Paulette, che pensa di rinunciare alla carriera di pittrice, urlandole che "se lasci perdere non sei mai stata un'artista dall'inizio", precisando che i veri artisti non hanno scelta, devono dipingere. Dopo alterne vicende, che condurranno Lionel a subire che Paulette porti un nuovo amante in casa, il giovane artista Ruben Toro (Jesse Borrego, il Jesse Velazquez della serie Saranno famosi); ad accettare di seguirla per assistere ad una performance del suo precedente amante e ad umiliarsi nel tentativo di baciare un poliziotto solo per darle un'assurda prova d'amore, ennesimo esempio di gestione di potere, i due si lasceranno. La loro relazione, però, si chiude non prima che il pittore sia costretto a dominare per l'ennesima volta la sua attrazione per Paulette che, tornando a casa, trova in slip e vestaglia aperta e, soprattutto, dopo che la ragazza, in una delle sequenze più cinematografiche dell'intero film, in quanto priva di parole, infuriata con Lionel e pronta a sfogarsi, non riesce a dire nulla quando lo trova impegnato al grande telero, mentre il suo volto passa dall'espressione di rabbia a quella sorridente di completa serenità.
Lionel, durante l'inaugurazione della sua mostra, asseconderà l'ammirazione di una giovane ammiratrice, proponendole di diventare la sua allieva e assistente, in un bellissimo finale che informa lo spettatore che la storia appena vista sta per ricominciare.
Bellissima anche la colonna sonora, che Scorsese rende intradiegetica grazie all'escamotage di uno stereo a cassette che Lionel accende quando dipinge quello che sarà il suo capolavoro nell'esposizione, una grandissima tela con le arcate di quello che sembra essere un antico acquedotto. L'episodio è così dominato dalle note di Whiter Shade of Pale dei Procol Harum e di Like a Rolling Stone di Bob Dylan, ma arricchito anche da Nessun dorma, l'aria che non a caso Lionel ascolta dipingendo nella notte, in cui Paulette fa l'amore con Ruben Toro nella sua stanza (piccolo omaggio di Scorsese alla cultura italiana).
Lionel, durante l'inaugurazione della sua mostra, asseconderà l'ammirazione di una giovane ammiratrice, proponendole di diventare la sua allieva e assistente, in un bellissimo finale che informa lo spettatore che la storia appena vista sta per ricominciare.
Bellissima anche la colonna sonora, che Scorsese rende intradiegetica grazie all'escamotage di uno stereo a cassette che Lionel accende quando dipinge quello che sarà il suo capolavoro nell'esposizione, una grandissima tela con le arcate di quello che sembra essere un antico acquedotto. L'episodio è così dominato dalle note di Whiter Shade of Pale dei Procol Harum e di Like a Rolling Stone di Bob Dylan, ma arricchito anche da Nessun dorma, l'aria che non a caso Lionel ascolta dipingendo nella notte, in cui Paulette fa l'amore con Ruben Toro nella sua stanza (piccolo omaggio di Scorsese alla cultura italiana).
La seconda storia, La vita senza Zoe (Life without Zoe), di Francis Ford Coppola (con la collaborazione al soggetto dell'allora diciottenne figlia Sofia), è indubbiamente la più debole delle tre e narra della piccola Zoe Montez (Heather McComb), figlia di Claudio (Giancarlo Giannini), affermato flautista, e di Charlotte (Talia Shire), fotografa. Con i genitori separati e sempre impegnati, Zoe, la cui voce narrante accompagna lo spettatore durante l'episodio, si ritrova a vivere in albergo, più a contatto con il maggiordomo e gli amici di scuola. Dopo un furto subito dall'albergo, Zoe trova una busta perduta dai ladri, con un orecchino che il padre le spiegherà essere, nel momento più lirico dell'episodio, una lacrima di Sharaz donatagli da una principessa, sua ammiratrice, come segno delle sue lacrime dopo aver ascoltato un suo concerto. Proprio in vista di una tournée di concerti che Claudio farà in Europa, Zoe e Charlotte decidono di seguirlo riunendo così la famiglia.
Il terzo episodio, Edipo relitto (Oedipus wrecks), è un piccolo capolavoro di Woody Allen, nel senso più pieno del termine, a cominciare dal soggetto. L'Edipo del titolo è evidente riferimento psicanalitico al celebre complesso freudiano (c'è qualcosa di più alleniano di questo?) e, non a caso, infatti, la storia inizia con Sheldon Mills (Woody Allen) a colloquio col suo analista, a cui rivela di essere un avvocato affermato ma di non aver ancora risolto il rapporto con la madre (Mae Questel), sul quale chiosa: "io la adoro, però vorrei tanto che sparisse". Davvero geniali i diversi momenti in cui Sheldon descrive o vive in prima persona le eccessive attenzioni e le critiche continue della madre, che lo accoglie sempre con un eloquente "fai spavento!", lo critica per aver modificato il cognome "troppo ebraico" Millstein in Mills, perché sta perdendo i capelli ("diventerai calvo!"), e arriva persino a disturbarlo a lavoro in compagnia di una zia di Sheldon nel pieno di un'importante riunione, trovando anche il tempo di fare una gaffe col superiore ("lui è quello che ha l'amante").
Splendida la sequenza del sogno descritto allo psicanalista, in cui Sheldon è autista del carro funebre con cui trasporta la bara della madre che, però, dall'interno della cassa, continua a rimproverarlo su ogni cosa.
Sheldon vive con comprensibile ansia il dover presentare alla madre la sua nuova fidanzata, Lisa (Mia Farrow), davanti alla quale "l'adorabile" vecchina non perde occasione per mettere in ridicolo il figlio, facendole persino vedere le foto d'infanzia, e colpendo Sheldon appena la donna si allontana un momento con un lapidario: "perché ti devi mettere accanto una bionda con tre bambini. Ma chi sei, il principe di Galles?".
Le insicurezze e le paure di Sheldon, però, svaniscono insieme alla madre quando, a teatro, durante uno spettacolo di illusionismo, il prestigiatore chiama la donna sul palco e la fa entrare in una scatola. Dopo il numero, nessuno riesce a capire cosa sia successo, ma la signora Millstein non si trova e, di conseguenza, per Sheldon la vita di coppia va alla grande, finché la madre non ricompare, letteralmente "amplificata", in cielo: il suo viso, così come i suoi ammonimenti, sovrastano lo skyline di New York, con l'aggravante che ora sono diffusi in pubblica piazza e nei telegiornali. Della vita privata del figlio parlano tutti, anche i newyorchesi nel traffico, in un'altra sequenza che offre il meglio del miglior Woody Allen, mentre Sheldon non sostiene più il confronto con una madre che anche iconograficamente ha ormai assunto i caratteri del Dio di Abramo o, più prosaicamente, di un supereroe, dato che riceve i ringraziamenti della polizia perché da lassù riesce a scovare diversi crimini!
Sheldon, ormai disperato, si rivolge a Treva (Julie Kavner), una paragnosta e cartomante che crede nella metempsicosi e che, in un'altra battuta folgorante, gli spiega "veramente ne ho avute tre di vite precedenti: in una ero pianista e nella seconda ero ballerina e nella terza facevo tutti i bucati di Gengis Khan. Che lavoraccio, era così pignolo, odiava l'amido, voleva tutto morbido morbido...". La situazione insostenibile spinge Lisa a lasciare Sheldon con una lettera di spiegazioni, proprio la sera in cui lui resta a cena da Triva, aprendo la strada per una nuova storia, che sarà ben più accettata dalla signora Millstein che decide, così, di tornare sulla terra...
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