sabato 31 dicembre 2022

EO (Skolimowski 2022)

Bresson e il suo Au Hasard Balthazar tornano dopo cinquantasei anni grazie a questo gioiello di Jerzy Skolimowski, che ci regala una sorta di road movie asinino etico e sociale, poetico e grottesco, visivamente impeccabile, e vincitore del premio della giuria a Cannes.
L'asino del cinema d'autore francese si sposta dalla Francia alla Polonia e torna a farci vivere le emozioni di allora nei panni di EO, titolo onomatopeico che rimanda al raglio dell'animale, protagonista assoluto della storia. Il regista polacco con toni surrealisti ne racconta le vicissitudini e lo segue con la mdp, che è spesso in soggettiva dagli occhi di EO, talvolta anche in movimento forsennato per seguirlo nella corsa o, in analogia con il moto del mondo circostante, come quando inizia a ruotare a 360° come le pale eoliche che sta inquadrando/vedendo (trailer).
L'asino è strumento, umanizzato e metaforico, per mostrarci la società vista con occhi super partes: l'immagine dell'uomo si rivela in tutte le sue bassezze in una visione inevitabilmente pessimistica. 
La regia è davvero notevole e la fotografia di Michał Dymek, Paweł Edelman e Michał Englert è un'esperienza estetica irrinunciabile.
EO è una delle attrazioni del circo, dove effettua dei numeri con Kasandra (Sandra Drzymalska), che lo adora, ma il circo, per irregolarità del suo direttore Vasil, che considera gli animali un mero strumento, verrà chiuso e da lì inizierà il lungo peregrinare di EO separato da Kasandra.
La pellicola, come viene specificato sui titoli di coda, è un'elegia sull'amore per gli animali: idealmente Skolimowski pone lo spettatore all'interno della manifestazione animalista contro il circo di Vasil e il litigio tra Kasandra e il datore di lavoro, per come tratta EO, è un chiaro segno della parte in cui schierarsi guardando il film.
Soggettive e parasoggettive non fanno che aumentare questo stato d'animo e questa empatia con EO, che guarda l'esterno dalle grate, quando è sui mezzi di trasporto che lo conducono da una meta all'altra. In un caso esemplare, vede i cavalli galoppare sui prati, in una delle massime immagini di libertà possibili.
EO ha anche dei ricordi, che denunciano sentimenti di nostalgia, che Skolimowski traduce con dei flashback in cui l'asino si rivede al fianco di Kasandra che lo stringe, lo bacia e gli dimostra tutto il suo affetto. EO ne sente la mancanza.
La mdp cammina e corre con EO, che trova ovunque il modo di fuggire e di raggiungere nuove destinazioni, esperienze sistematicamente interrotte da una nuova cattura, da un nuovo viaggio in cattività e da una nuova fuga, che ci permette di conoscere con lui una nuova realtà.
Il circo, gli allevatori di cavalli, la città, i tifosi di calcio, una villa dell'alta società, i canili lager, il mattatoio, sono tutti episodi e personaggi in cui si imbatte il nostro eroe, che sembra guardare e rimanere indifferente a tutto quell'inutile trambusto umano che lo circonda. 
È un esempio illuminante e anche divertente e grottesco, un elemento che non manca mai nel film, quello che lo vede arrivare su una collina da cui vede una partita di calcio: il caso e la scaramanzia lo renderanno mascotte della squadra vincitrice e si ritroverà persino agghindato con una sciarpa dai tifosi vincenti e più che odiato da quelli sconfitti. Il sangue che cola dalla testa dopo le percosse subite è uno dei tanti segni che equiparano le sue vicende ad una Passione cristianamente intesa.
L'altro estremo che ci mostra Skolimowski attraverso gli occhi di EO è l'incontro con l'alta società. Un ragazzo (Lorenzo Zurzolo) "adotterà" EO in un autogrill italiano e lo porterà con sé fino alla villa di famiglia, in cui manca da anni, un ritorno da figliol prodigo, che si finge prete, soffre di ludopatia e ha una relazione incestuosa con la madre (Isabelle Huppert), le cui poche battute ci fanno velocemente comprendere il bisogno di fuga del giovane.
Non sembra esserci soluzione, stando alla visione di Skolimowski, in questa società: la base popolare e l'altissima borghesia hanno problemi diversi, ma lo stato disperante è il medesimo.
Sin dalla prima sequenza una luce rossa intermittente illumina Kasandra e EO, che sono a terra, abbracciati, la ragazza effettua persino una respirazione sull'asino, e solo quando la mdp allargherà l'inquadratura lo spettatore capirà che siamo al circo e non in un drammatico momento della vita reale. Quella stessa luce rossa tornerà nei passi più rilevanti del film, sottolineando la cattura di EO o l'arrivo nel bosco, dove una ripresa effettuata con un drone, in maniera suggestiva, ci fa scendere in picchiata tra gli alberi fino a incrociare EO, poi vessato anche dai raggi laser verdi dei puntatori dei fucili dei cacciatori.
Tante le immagini che rimangono nella memoria, dalle inquadrature dall'alto, come quella del cerchio della pista in terra dove vediamo girare EO, guidato da Kasandra, a quelle naturalistiche, che mostrano il protagonista tra i ruscelli, i boschi, le montagne innevate e la campagna, che sembra quella di Jean Francois Millet o di Giovanni Segantini. E, ancora, una bellissima sequenza che lo vede camminare in corridoi sotterranei, dove improvvisamente una frotta di pipistrelli vola nella direzione opposta; oppure i raggi di luce che si fanno spazio tra gli alberi, evanescenti e poetici. Su tutte, forse, l'immagine di EO sul ponte davanti a una diga da cui l'acqua scorre copiosa attraverso quattro aperture, non a caso diventata una delle locandine del film.
Infine la bella colonna sonora composta da Pawel Mykietyn, con brani che ci accompagnano nel viaggio di EO, i cui titoli rimandano alle principali sequenze: da The beginning a Tunnel, da White horse Italia. E proprio l'arrivo nella penisola spinge la musica su altri lidi, che vanno dalle canzoni pop dell'autogrill alle arie de I pagliacci di Leoncavallo cantate da Pavarotti.
Un film sicuramente non perfetto, ma diverso da tutto, surreale e capace di regalare emozioni tramite la vista, l'udito e il cuore. Non poco per rischiare di perderlo.

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