martedì 13 dicembre 2022

Chiara (Nicchiarelli 2022)

Santa Chiara come Miss Marx. Susanna Nicchiarelli gira il suo film su Chiara d'Assisi, ma non sembra esserci soluzione di continuità dal suo precedente lavoro del 2020, se non per l'inevitabile riduzione della componente punk. D'altronde l'assenza nel titolo dell'aggettivo "santa" dà certezze sin da subito sul fatto che la pellicola analizzerà la figura di Chiara come donna, soprattutto come ribelle alla gerarchia ecclesiastica e, ancor di più, a quella classista dei monasteri del tempo, in cui chi entrava non smetteva di essere nobile o serva. C'è poco, praticamente nulla, del suo rapporto con Dio, del suo fervore religioso, e qualche episodio miracolistico fa solo da contorno quasi folkloristico alla storia, fondata in maniera determinante sulla componente politico-sociale e sull'interpretazione femminista della storia di Chiara (trailer).
E, in questo senso, le idee della protagonista sono riassunte in una battuta, in cui precisa "non volevo che mi chiamava santa, non volevo, io volevo sta' solo co' la gente, France' ", così come si oppone a chi grida al miracolo anche quando semplicemente libera il naso di un bambino sofferente da un piccolo sasso.
La regista romana si è avvalsa della collaborazione della storica Chiara Frugoni, recentemente scomparsa e alla quale il film è dedicato, nonché di storici della lingua, per proporre il volgare osco-umbro con cui far parlare i personaggi con un linguaggio semplice e realistico. A tal proposito, la Nicchiarelli, presente alla prima romana al cinema Troisi con quasi l'intero cast, dice di essersi ispirata alla semplicità di Totò e Ninetto Davoli in Uccellacci Uccellini (Pasolini 1966), ma, stranamente, non cita il Nazario Gerardi di Francesco giullare di Dio (Rossellini 1950) e, quando pensa ai Francesco del passato, ricorda che per lo più sono stati doppiati, probabilmente pensando a Lou Castel e a Mickey Rourke di Liliana Cavani (Francesco, 1966 e 1989). 
Un lavoro filologico davvero notevole ed encomiabile quello fatto sul linguaggio in Chiara, a cui si somma quello sulla colonna sonora, che annovera diversi brani trobadorici - nonché il ricorso al Codex Montpellier (ms. H196), importantissima fonte di polifonia francese del Duecento - suonati dall'ensemble umbro Anonima Frottolisti, che a tratti dà al film la connotazione di un musical, come nel caso dell'arrivo di Chiara e delle altre donne a San Damiano (vedi).
La lingua, peraltro, è tema fondamentale anche all'interno della spinta riformistica francescana, con Francesco in testa, pronto a spingere perché nella sua comunità di parli e si offici in volgare, quando ancora pensare ad una Bibbia tradotta, come sottolinea la sceneggiatura, era un'idea sovversiva ed eretica, poiché considerata un'offesa nei confronti dei testi sacri.
1211. Chiara (Margherita Mazzucco) e Pacifica si legano per obbedienza a Francesco (Andrea Carpenzano). È l'inizio della collaborazione tra Chiara e Francesco. Siamo lontani dall'inserimento nei ranghi della Chiesa di quel fenomeno socio-monastico che è il francescaneimo, che solo nel 1223 si doterà di una regola approvata da papa Onorio III. Le idee di Francesco sono quelle del ritorno alla vita apostolica e le donne sono parte di questa comunione di intenti, in piena "povertade", tra elemosina e lavoro della terra.
Eppure Chiara, così come Francesco, viene da una famiglia nobile: il padre, il conte Favarone degli Scifi non può accettare si sia allontanata, prova a riportarla, così come fanno gli altri parenti delle donne che hanno seguito Francesco. Per questo le donne, più degli uomini, hanno bisogno della protezione del convento, e dei confratelli, per poter fronteggiare la forza di chi vuole ricondurle nella società laica e nella logica di matrimoni combinati per interessi di famiglia.
Chiara si opporrà a tutto questo e, quando Francesco cederà all'idea di una regola - e non a caso ancora oggi usiamo espressioni come "darsi una regola(ta)" -, lei arriverà allo scontro. I paletti stabiliti da Francesco per entrare nell'alveo della Chiesa ed essere accettato dal papa stabiliscono la netta separazione dalla componente femminile, l'impossibilità di vivere insieme e condividere le attività quotidiane. Su questo l'intransigenza del pontefice è totale e il ruolo del legato papale, il cardinale Ugolino dei conti di Segni da Anagni (Luigi Lo Cascio), basilare per il futuro del francescanesimo. I suoi dialoghi con Chiara, ripresi con la mdp fissa, che ricorda anche il Pasolini del Decameron (1971), lo mostrano affermare la necessità della clausura per le donne; ricordare che le donne sono l'origine del male del mondo, da Eva fino a tutte le interpretazioni dei Padri della Chiesa; chiamare "badessa" Chiara, che non ha nessuna intenzione di essere tale, ribadendo di essere una paris inter pares, sorella tra sorelle; parlare e mangiare, celebrando la cucina di una delle consorelle di Chiara, quasi a dimostrare l'apporto maggiore che le donne potrebbero dare in quei consessi.
San Pietro a Tuscania
Qui la visione della Nicchiarelli spinge tanto, troppo, nell'avvicinare alla sensibilità moderna una logica di pensiero che ovviamente andrebbe calata in quel contesto. E la vicinanza di Ugolino ai francescani sarà evidente quando, una volta divenuto pontefice, col nome di Gregorio IX (1227-1241), canonizzerà il poverello d'Assisi a due anni dalla morte avvenuta nel 1226.
Chiara, che vediamo piangere, disperarsi, colpire a pugni le colonne per la rabbia e per il senso d'impotenza fino al sangue, percepirà il compromesso come un abbandono, ma poi, e questo il film lo accenna solo in uno dei dialoghi con Ugolino, anche lei arriverà ad una regola, approvata da Innocenzo IV a due giorni dalla morte della donna, nell'agosto del 1253.
Francesco, nel film, è una figura di riferimento, ma naturalmente lontano dalla linea di racconto principale. Il suo lato umano è inversamente proporzionale all'accettazione dei compromessi con la Chiesa. Inizialmente lo vediamo allegro e sereno, persino naif, quando, chiedendo che nei giardini vengano piantati anche dei fiori oltre agli ortaggi, alla risposta di un confratello "ma nun se magnano", il suo commento è estatico, "ma so' belli". Giustifica l'allontamento dalla componente femminile con la rinuncia a voler diventare un uomo di potere, ruolo che la Chiesa forse vorrebbe per lui, rassegnato al fatto che alla morte lo faranno a pezzi per venderlo alle tante chiese che vorranno le sue reliquie, conscio ormai si essere parte di un sistema enormemente più grande di lui. Nella sua piena umanità, lo vediamo anche cantare Chansonette, una canzone d'amore per Chiara, mentre è in Oriente e ne sente particolarmente la mancanza tutta umana.
L'inquadratura con Fossanova
E questo lato umano del rapporto tra i due lo si nota anche al ritorno di Francesco, quando al nome di Jacopa de' Settesoli, altra nobile religiosa, romana della famiglia dei Frangipane, che entrerà nella comunità francescana, la reazione di Chiara è nettamente indispettita.
Un discorso a parte meritano le location, che ambientano il centro di Assisi nel set di Cinecittà più volte utilizzato recentemente dalle produzioni italiane; l'abbazia di Fossanova di cui vediamo la mole esterna con il tiburio ottagonale; ma soprattutto la realtà di San Damiano, centro nevralgico delle future clarisse, a San Pietro a Tuscania. Nella bellissima chiesa romanica di XI secolo, la Nicchiarelli inscena diverse sequenze rilevanti: non può rinunciare, giustamente, a un'inquadratura dall'alto che evidenzi il pavimento cosmatesco e una delle sue quinconce, e allo stesso tempo sfrutta il piazzale erboso antistante. 
Qui, infatti, vediamo arrivare Ugolino con il suo seguito (momento davvero pasoliniano e rosselliniano), e assistiamo alla poetica immagine di Chiara circondata da uccellini, novella Francesco, inquadrata in prospettiva centrale con la facciata della chiesa dietro di lei. Il film è attento anche all'iconografia e, all'interno della stessa chiesa, quando nottetempo vediamo Chiara pregare davanti a un crocifisso, ciò che vediamo è un Christus triumphans, ad occhi aperti sulla croce, e non il più noto Christus patiens, ad occhi chiusi e con il volto riverso su una spalla, che inizierà a diffonderesi proprio tra '200 e '300, soprattutto grazie alla religiosità emotiva e umana propagandata da francescani e domenicani.
Tanta attenzione per i dettagli non può non far appassionare chi ama il Medioevo al film della Nicchiarelli, la cui intransigenza al proprio credo, però, rischia di essere più rigida di quella di Chiara stessa. Qualche riserva resta.

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