domenica 13 novembre 2022

Amsterdam (Russell 2022)

David O. Russell e il rischio del nazismo negli Stati Uniti, quello che avrebbe portato ad un mondo come quello paventato in The man in the high castle. Il regista newyorchese, così, oscilla tra Philip Dick e François Truffaut, poiché il racconto vede protagonista un triangolo amoroso-amicale costituito da due reduci della Prima guerra mondiale, il medico Burt (Christian Bale) e l'avvocato Harold (John David Washington), e dalla bellissima infermiera Valerie (Margot Robbie) che li ha curati dalle schegge nel 1918 in Francia (trailer).
E la storia, narrata dalla voce off dello stesso Burt, grazie al montaggio, passa dal presente ambientato nel 1933 al passato del 1918, raccontandoci l'inizio della loro conoscenza e i fatti attuali, in cui le circostanze delle morti dell'ex generale Bill Meekins (Ed Begley Jr.) e della figlia Liz Meekins (Taylor Swift) generano dei dubbi che trasformano i protagonisti in investigatori provetti e il film in un noir fantapoliziesco avvincente. Dietro quelle morti, infatti, c'è la volontà di destituire Franklin D. Roosevelt da parte di un gruppo di uomini influenti (la Commissione dei Cinque) e porre al suo posto un cancelliere, una sorta di dittatore equivalente a Mussolini in Italia, come precisa la sceneggiatura.
Il prescelto sarebbe il generale Gil Dillenbeck (Robert De Niro), integerrimo difensore della costituzione degli Stati Uniti a cui spettano battute retoriche ma necessarie nell'economia della vicenda, come "questo è il vostro paese, non lasciate che i potenti ve lo portino via".
Il film inizia con la frase "molte di queste cose sono successe davvero" e, infatti, proprio questo episodio è passato alla storia come il Business Plot, in cui Gerald MacGuire organizzò il possibile colpo di Stato e il generale Smedley Butler (qui Dillenbeck) fece emergere il complotto: non a caso il film si chiude con parte dei discorsi del generale vero e quello finto in split screen.
Tra cospirazionismo, indagini, ricerche, colpi di scena, doppiogiochismi, il film corre all'impazzata ed è un piacere perdersi nella sua trama disordinata e confusionaria, ma anche lasciarsi trasportare in uno schema classico, che ogni spettatore conosce a menadito, dove i cattivi sono organizzatissimi e i buoni un'armata brancaleone, eppure a vincere sono sempre i secondi, eroi per caso.
Con un ricco overcasting a disposizione, e con la bella fotografia di Emmanuel Lubezki (collaboratore di Malick e Inarritu tra gli altri), Russell gira con il suo solito ritmo elevatissimo e con una mdp che si muove molto, tra panoramiche a schiaffo e carrelli, mai sistemata casualmente, si veda su tutti il bellissimo split screen naturale che sfrutta le due porte della sala di casa Dillenbeck, in cui il montante tra le due divide anche la scena, con i protagonisti a sinistra e la governante del generale interpretato da De Niro sulla destra.
Christian Bale aggiunge l'ennesimo personaggio sui generis alla sua carriera con Burt Berendsen, mezzo cattolico, mezzo ebreo, un occhio di vetro, fidanzato con un'insopportabile Beatrice Vandenheuvel (Andrea Riseborough), rampolla di una ricca famiglia newyorchese di Park Avenue e con un padre che decide il bello e cattivo tempo su di lei e sul futuro marito. Non sorprende, quindi, che in questa situazione Burt sia particolarmente attratto dall'infermiera forense Irma (Zoe Saldana), tanto più che la sceneggiatura ribadisce più volte che "il vero amore si basa sulla scelta, non sul bisogno".
L'occhio di vetro, peraltro, gli viene venduto da Paul Canterbury (Mike Myers) e Henry Norcross (Michael Shannon), altri personaggi apparentemente secondari ma che, come tutti, hanno un ruolo all'interno della trama spionistica, così come il fratello di Valerie, Tom (Rami Malek), e sua moglie Libby (Anya Taylor-Joy), molto dura con la cognata e con una particolare perversione per le cicatrici.
Tanti i riferimenti all'arte dell'epoca e alla storia del cinema. Valerie crea opere che ricordano Man Ray, Picasso, occhi alla Salvador Dali, che sono anche quelli del sogno da lui scenografato per Io ti salverò (Hitchcock 1945) e qui i due mondi si uniscono. Rientra nella pura cinefilia, invece, l'attività della Società Ornitologica che fa parlare Canterbury e Norcross di cuculi (Qualcuno volò sul nido del cuculo, Forman 1975), ed è cinefilia ancora più inequivocabile la scena in cui vediamo ballare Burt, Harold e Valerie, che non può non far pensare ad Anna Karina, Sami Frey e Claude Brasseur in Bande à part di Jean-Luc Godard (1964). Anche il finto cinegiornale sui reduci con Dillenbeck protagonista è uno spasso, e vedere De Niro al fianco di Mussolini rimanda al Woody Allen di Zelig (1983) ma anche allo Zemeckis di Forrest Gump (1994). 
Tanto cinema, tanto piacere visivo e tanto ritmo e ironia. E sappiate che, uscendo dalla sala, penserete alla qualità di una cartellina in pelle di tricheco morto di vecchiaia!

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