Oscar è un uomo d'affari che si muove in una limousine guidata da Céline (Edith Scob) per le vie di Parigi. Così lo spettatore, dopo una scena in cui un uomo (lo stesso Carax) si alza al risveglio e attraversa una parete che lo fa entrare in un'altra dimensione, conosce il protagonista del film interpretato da Denis Lavant, attore feticcio di Leos Carax e già volto principale de Gli amanti del Pont-Neuf (1991), sicuramente il suo film più noto.
Durante la storia, però, Oscar sarà anche un mendicante; un performer di realtà virtuale; una "bestia" (Monsieur Merde) che mangia fiori in un cimitero e rapisce la "bella" (una modella interpretata da Eva Mendes); il severo padre dell'adolescente Angèle (a cui dopo una bugia dice freddamente "la tua punizione, mia povera Angèle, è di essere te stessa e doverci convivere"); un suonatore di fisarmonica; un sicario che dopo aver ucciso un sosia (ovviamente interpretato da Lavant) uccide un uomo d'affari (ancora una volta Lavant); un vecchio morente; se stesso che incontra l'amica e collega Jane (Kylie Minogue) e, infine, un uomo che dopo una giornata di lavoro ritorna alla sua famiglia, che a sorpresa, però, scopriamo essere costituita da una compagna e da un figlio scimpanzè.
Quello che in tutta evidenza, già dalla trama, risulta essere un film che esalta le capacità attoriali di Lavant è, di fatto, una profonda metafora sul cinema. Oscar, dall'alba fino alla notte di un solo giorno - in pieno accordo con l'unità di tempo accompagnata aristotelicamente da quella di luogo -, interpreta ben nove personaggi, cui si aggiunge il penultimo in cui, per pochi minuti di pausa tra i suoi "appuntamenti", vive una vita reale, quella in cui paradossalmente Kylie Minogue canta Who were we?, trasformando la realtà in musical...
Codificare la realtà in un genere e avanzare i dubbi su chi siamo e su chi recitiamo quotidianamente, in base al titolo del brano, sono solo alcune delle conferme di quanto l'intero film sia un omaggio al cinema nonché una riflessione su di esso e sul lavoro dell'attore. In quest'ottica la sequenza più significante della pellicola è indubbiamente quella in cui Oscar dialoga all'interno della sua limousine che, peraltro, funge anche da camerino, con il personaggio interpretato da Michel Piccoli, a cui rivela: "Mi mancano le telecamere", lamentandosi che una volta erano grandi e che col tempo si sono rimpicciolite, e che comunque lui va avanti per la bellezza del gesto! Ma ciò che si sente rispondere è ancor più significativo: "la bellezza è nell'occhio di chi guarda", afferma il suo interlocutore, che però si chiede "e se non c'è più nessuno a guardare?" Aprendo un baratro sulla percezione cinematografica e chiudendo un cerchio apertosi con la scena iniziale, in cui l'altra dimensione raggiunta dal personaggio kafkiano interpretato da Carax era una sala in cui gli spettatori dormivano.
Codificare la realtà in un genere e avanzare i dubbi su chi siamo e su chi recitiamo quotidianamente, in base al titolo del brano, sono solo alcune delle conferme di quanto l'intero film sia un omaggio al cinema nonché una riflessione su di esso e sul lavoro dell'attore. In quest'ottica la sequenza più significante della pellicola è indubbiamente quella in cui Oscar dialoga all'interno della sua limousine che, peraltro, funge anche da camerino, con il personaggio interpretato da Michel Piccoli, a cui rivela: "Mi mancano le telecamere", lamentandosi che una volta erano grandi e che col tempo si sono rimpicciolite, e che comunque lui va avanti per la bellezza del gesto! Ma ciò che si sente rispondere è ancor più significativo: "la bellezza è nell'occhio di chi guarda", afferma il suo interlocutore, che però si chiede "e se non c'è più nessuno a guardare?" Aprendo un baratro sulla percezione cinematografica e chiudendo un cerchio apertosi con la scena iniziale, in cui l'altra dimensione raggiunta dal personaggio kafkiano interpretato da Carax era una sala in cui gli spettatori dormivano.
In un film come questo, sono molti e inevitabili i riferimenti al cinema del passato, da Tron per la scena del motion capture, alle scimmie che fanno sempre pensare a 2001 di Kubrick, che viene in mente anche nella sequenza dell'uomo in fin di vita, e almeno tre citazioni ben più dirette.
Edith Scob è una citazione vivente all'interno del film e, non a caso, la sua Céline, dopo aver parcheggiato la limousine, indossa una maschera che rimanda a Gli occhi senza volto (Franjou 1960). L'intero episodio del fisarmonicista è intitolato Entr'acte, come il celebre film di René Clair del 1924 ( la musica che fa da sfondo è invece la cover di Doctor L di Let my baby ride del grande bluesman R.L. Burnside). E poi non poteva mancare il richiamo al proprio Gli amanti del Pont Neuf: Jane si lancia dal tetto del Samaritaine (grande magazzino Art Decò costruito nel 1926), proprio a ridosso del celebre ponte, su cui il regista indugia per alcuni secondi inquadrandolo dall'alto.
Il finale, oltre al volto mascherato della Scob, ci regala un momento degno di Cars della Pixar, in cui tutte le limousine ricondotte al rimessaggio, che peraltro dà il titolo al film, iniziano a parlare della loro giornata e riflettono con malinconia rendendosi conto che il tempo passa e che "noi non serviamo più", prima che qualcuna di loro chieda di spegnere le luci e di fare silenzio per poter dormire.
L'opera di Carax, perché di opera è più corretto parlare, tanto più in casi come questo, è sicuramente un'operazione intellettuale e non certo cinema propriamente inteso. È piuttosto un saggio di recitazione, di filosofia della percezione, in cui la storia è finalizzata ad illustrare per immagini i concetti dell'autore.
L'opera di Carax, perché di opera è più corretto parlare, tanto più in casi come questo, è sicuramente un'operazione intellettuale e non certo cinema propriamente inteso. È piuttosto un saggio di recitazione, di filosofia della percezione, in cui la storia è finalizzata ad illustrare per immagini i concetti dell'autore.
È forse per tutto questo che il film non ha riscosso i grandi successi che i suoi sostenitori si aspettavano e che, per esempio, a Cannes, la giuria presenziata da Nanni Moretti gli ha preferito Amour di Michael Haneke. Va però detto che le immagini e le singole sequenze sono davvero bellissime (basti pensare alla splendida e sfrontata Pietà con Eva Mendes che tiene in grembo un Lavant satiresco) e interpretate da attori perfetti e, questo, cos'altro è se non cinema?
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