mercoledì 29 marzo 2023

Miracle (Lee 2021)

Una tragica commedia, un romanzo di formazione, un'incredibile storia vera accaduta negli anni ottanta a Bonghwa-gun, un villaggio rurale tra le montagne della Corea del Sud, nella regione del Gyeongsang Settentrionale.
Jang-hoon Lee, al suo secondo lungometraggio dopo lo struggente melodramma Be With You (2018), recupera quella vicenda e la rende una fiaba emozionante, in grado di raccontare con leggerezza il dolore, la spinta determinata da questo, i sensi di colpa, la paura del fallimento e il raggiungimento di un sogno, che soddisfa desideri intimamente personali e allo stesso tempo utili all'intera comunità. Idealismo e pragmatismo si fondono insieme. Meritatissimo premio al Far East Film Festival di Udine del 2022 (trailer).
1986. In un villaggio coreano la ferrovia ci passa, ma non si ferma. La stazione più vicina è a chilometri di distanza, quelli che i suoi pochi abitanti sono costretti a percorrere ogni volta per tornare a casa, con il paradosso di dover camminare proprio sui binari, poiché è quella la strada più breve. Una strada irta di insidie in cui devono attraversare ponti sul vuoto e persino una galleria pericolosissima, dove rischiano di essere travolti al passaggio del treno.
Una ragazza, nel tentativo di salvare un trofeo vinto dal fratello minore, un giorno cade da uno dei ponti durante uno di questi viaggi surreali lungo la ferrovia e muore. Quel bambino, già orfano di madre, morta nel darlo alla luce, è Jung Joon-kyeong (interpretato, a seconda dell'età, da Kim Kang-hoon e Park Jeong-min), futuro genio della matematica, che già mostra le sue doti a scuola e nella vita quotidiana. I sensi di colpa lo attanagliano e non sorprende che uno dei suoi più grandi desideri sia quello di costruire una stazione ferroviaria nel suo villaggio e che, per farlo, scriva diverse lettere al presidente, come precisa il sottotitolo in inglese del film (Miracle: Letters to the President).
Joon-kyeong parla con la sorella Bo-kyeong (Lee Soo-kyung), si confida con lei, è una presenza fisica importante, al pari di Ra-hee (Yoona), la compagna di scuola che lo guarda con occhi estasiati, fa di tutto per diventare la sua fidanzata ed è palesemente intrigata dalle sue stranezze. La regia indugia su queste, mostrandocelo più volte quando si gira dalla parte opposta quando viene toccato su una spalla per richiamare la sua attenzione o quando mostra le unghie, a palme aperte, piegando le dita e non girando le mani, come fanno tutti. Joon-kyeong inventa anche una sorta di semaforo meccanico che indica alle persone quando poter passare nella galleria o meno dopo il passaggio del treno.
Girata con un tripudio di paesaggi e di prospettive centrali, la pellicola di Lee ha nel montaggio un grandissimo alleato, che rende la seconda parte più avvincente della prima, in cui lo spettatore viene lasciato all'oscuro di molti dettagli significanti che verranno svelati solo in seguito. Il colpo di scena narrativo apre di fatto un altro film.
Tanti i passaggi temporali analettici e prolettici, in cui talvolta sono gli elementi interni a fare da utili indicatori, come quando vediamo Joon-kyeong giocare con Ra-hee di scuola a Track & field, il leggendario videogioco anni '80 che spopolò tra le Olimpiadi di Los Angeles e proprio quelle di Seoul, che fanno da sfondo a quei momenti. Proprio i giochi olimpici sembrano, infatti, la giusta occasione per trovare i fondi necessari per costruire la stazione, una speranza naturalmente disattesa dalla cattiva gestione del denaro, così consueta in casi come questo.
La dolcissima relazione tra Joon-kyeong e Ra-hee è costellata da lunghi periodi di lontananza, colmati dalle foto scattate con la Polaroid, registrazioni di musicassette, così come il videoregistratore è il mezzo con cui a casa dei genitori della ragazza i due provano a vedere in vhs un film per adulti. All'aeroporto, però, il romanticismo tra i due si fa divertente e grottesco, poiché le borsettate che colpiscono la testa fra le nuvole di Joon-kyeong fanno da intermezzo a Reality di Richard Sanderson, l'indiscutibile brano romantico di quegli anni, colonna sonora de Il tempo delle mele (1980).
Anche il rapporto tra Joon-kyeong e il padre viene sviluppato con attenzione nella seconda parte del film: il genitore, paradosso dei paradossi, lavora nelle ferrovie, e dopo anni di silenzio avrà un importante confronto con il figlio, in cui gli spiegherà quanto accaduto a suo tempo e quanto i suoi sensi di colpa siano forti, sgravandolo dei suoi. L'uomo solo ora riuscirà ad avvicinarsi veramente al ragazzo e ad aiutarlo con tenacia nella realizzazione dei suoi sogni e del suo futuro.
La stazione di Yangwon - realizzata davvero nell'aprile del 1988, quando divenne la più piccola stazione privata coreana - potrà diventare una realtà e Joon-kyeong potrà coltivare la sua genialità negli Stati Uniti grazie ad una borsa di studio.
Le parole tra lui e la sorella, che segnano il passaggio ad una nuova età per Joon-kyeong, sono tra le più emozionanti dell'intera sceneggiatura: "non ti arrabbierai se fallirò?" "volevo solo che provassi". Uno scambio che è possibilità, senza l'ansia di dover riuscire a tutti i costi, le condizioni migliori per raggiungere i propri obiettivi.

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