sabato 4 marzo 2023

Le otto montagne (Van Groeningen e Vandermeersch 2022)

Il monte Sumeru è un'altissima montagna posta al centro del mondo, attorno al quale ci sono otto mari e otto montagne. Da questa leggenda nepalese prende il titolo il premio Strega del 2017, scritto in maniera parzialmente autobiografica da Paolo Cognetti, pubblicato da Einaudi l'anno prima e adattato per il cinema da Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch, ottenendo la vittoria del premio della giuria a Cannes. Storia di formazione, di un'amicizia, della vita di due bambini, due ragazzi, due uomini differenti eppure così vicini come a tutti probabilmente ci capita di essere con alcune delle persone più importanti delle nostre esistenze (trailer).
Pietro Guasti è un bambino di città, figlio di Giovanni (Filippo Timi), ingegnere torinese, e in vacanza passa i tre mesi di pausa scolastica in montagna. Bruno è l'ultimo nato di un paesino a bassa natalità - negli ultimi anni passato da 184 abitanti a 13 -, quello in cui i genitori di Pietro hanno la casa di villeggiatura, vero e proprio status symbol di quegli anni. Anche il padre di Bruno è lontano, lui vive altrove per lavorare, cosicché il figlio sta al paese con lo zio. La loro amicizia, come quasi tutte le amicizie, soprattutto quelle dell'infanzia e dell'adolescenza, nasce per caso o, meglio, per casuale prossimità.
Sono gli unici coetanei di quel posto e, giocoforza, condividono tutte le esperienze. E solo per pochissimo non si ritrovano ad essere "fratelli" tutto l'anno, dato che i genitori di Pietro vorrebbero portare Bruno, che mostra grande intelligenza e una spiccata capacità di apprendimento, a vivere con loro in città per garantirgili un futuro con maggiori possibilità. Il padre si rifiuta, non riesce a concepire l'idea di un figlio che possa solo immaginare qualcosa di diverso dalla sua vita (ignoranza, gelosia, inadeguatezza al ruolo di genitore?), ma anche lo stesso Pietro si arrogherebbe il diritto - fosse per lui - di negare quella strada all'amico: "non può pascolare le pecore e fare il formaggio?" urla alla madre, a suo avviso colpevole di essersi frapposta in qualcosa che va bene così ("l'amico è mio", "Torino lo rovina"), in un accesso d'ira che sembra barcamenarsi tra la pura gelosia e il sincero rispetto per la natura dell'amico.
I genitori di Pietro e Bruno appartengono a quella che potremmo definire "la generazione delle certezze", quella del giusto e dello sbagliato sempre e comunque decisi a priori. Ed è anche per questo che Pietro è costretto a passare tutte le estati lì, fino all'adolescenza, perché secondo il padre "ad ogni periodo di leggerezza doveva seguirne uno di gravità". Pietro non riuscirà mai a vedere le cose come il padre, con cui ha un rapporto molto conflittuale, fino ad arrivare al silenzio totale, preannunciato da un eloquente "non diventerò mai come te!"
Entrambi vivono in maniera contrastante il rapporto con i padri, anche se noi spettatori seguiamo dettagliatamente solo quello tra Pietro - il vero protagonista della storia - e Giovanni, mentre sappiamo da qualche racconto le vicende di Bruno e di suo padre.
Sin da quando Pietro è bambino, fatalmente, Giovanni trova una naturale affinità più con Bruno che con lui e anche durante le tanto amate passeggiate nella neve è ammirato dalla forza e dall'entusiasmo dell'amico del figlio, ben più pronto anche fisicamente rispetto al mingherlino Pietro. In qualche modo Bruno rimpiazza Pietro nella vita di Giovanni, che in lui trova un ragazzo che lo segue molto di più, che lo capisce molto meglio, idealizzandolo come forse avrebbe voluto facesse suo figlio, uno per cui c'è "un modo giusto per fare ogni cosa". Dopo l'adolescenza il paese starà sempre più stretto a Pietro, che per quindici anni non ci tornerà più, perdendo completamente i contatti con Bruno. Il loro riavvicinamento, ormai trentenni e dopo le atroci sofferenze della perdita di un genitore, è l'essenza del film e segnerà la maturità della loro amicizia.
Solo allora, peraltro, Pietro capirà che tipo di rapporto hanno avuto suo padre e Bruno, ma in lui non c'è gelosia, anzi, solo accettazione e in fondo affetto.
Eppure quel contrasto con Giovanni lo ha ormai spinto verso tutt'altro tipo di vita, fatta di viaggi in giro per il mondo, senza la spasmodica ricerca di una famiglia o di figli, cittadino del mondo e padre ovunque capiti, anche giocando a calcio con i bambini del Nepal tra le vette dell'Hymalaia.
Pietro ha conosciuto il mondo, ha visto tanto, Bruno è rimasto sul monte e non ha cambiato praticamenre nulla della vita del padre.
Anche l'università per Pietro è qualcosa che arricchisce, umanamente e culturalmente, e mai un trampolino di lancio per arrivare al sogno borghese del padre. Paradossalmente, proprio una sua amica e collega di studi, Lara (Elisabetta Mazzullo), diverrà la moglie di Bruno e la madre di suo figlio. Bruno, però, non è mai stato un tranquillo uomo di montagna e le sue irrequietezze non sono minori di quelle di Pietro. Ama le sue montagne, ma non può tollerare la visione estatica di chi arriva da fuori per l'estate - "siete solo voi di città che la chiamate natura" - poiché lì lui lotta contro le difficoltà di una realtà che soprattutto d'inverno diventa un nemico da affrontare, precisando che gli autoctoni preferiscono usare parole che indicano "cose che possiamo toccare" e contrapponendo il pragmatismo all'idealismo.
I due si ammirano e si odiano poiché ciascuno di loro rappresenta quello che l'altro ha scelto o non ha avuto il coraggio di fare.
L'inadeguatezza di Pietro all'ombra del padre ormai scomparso resta ed è solo allora che talvolta si riconosce in lui pur consapevole, come gli dice idealmente, che "uno dei tuoi figli ha trovato la via".
Marinelli e Borghi confermano di essere tra i migliori attori italiani della loro generazione, mentre Van Groeningen e Vandermeersch, con la complicità della fotografia di Ruben Impens e le splendide località valdostane in cui girano il film, ci regalano immagini meravigliose e usano con ottima padronanza la mdp, con panoramiche, carrelli e soprattutto surcadrage che sfruttano porte e finestre verso gli esterni, che rubano l'occhio. La telefonata in cui Bruno chiede a Pietro del rapporto che ha con Lara, poi, è un momento decisivo della separazione delle loro vite e la regia la sottolinea con un bel movimento circolare della mdp che ruota attorno a Pietro, quasi per rendere il turbinio di emozioni di chi prova tanto per quella ragazza e per l'amico, facendosi da parte per amore di entrambi, forse sapendo anche di non poter dare a Lara la stabilità emotiva e sentimentale che può darle Bruno.
Anche la colonna sonora dello svedese Daniel Norgren contribuisce a 'sentire' il sublime che vediamo in certi paesaggi, e il brano portante, As Long As We Last, è tratto dal suo disco del 2015, Alabursy. La breve citazione di Pietro, che canta Quando tornerai dall’estero di Vasco Brondi, invece, certifica l’amicizia fra Cognetti, autore del romanzo, e il cantautore ferrarese leader di Le Luci della centrale elettrica.
Il tempo è un elemento fondamentale della storia a cui, forse, un montaggio più complesso con dei flashback avrebbe giovato, dando dinamismo della pellicola, che si presenta davvero molto simile alla struttura di un romanzo. Gli anni in cui si svolge l'azione non vengono mai esplcitati e a indicarcelo sono gli abiti a cavallo tra gli anni '70 e '80 che caratterizzano i personaggi all'inizio, quando Pietro e Bruno sono ancora dei ragazzini, così come la scomparsa di Giovanni, per esempio, accade mentre alla radio sentiamo una telecronaca in cui si cita Fabio Cannavaro alla Juventus, siamo ormai tra il 2004 e il 2006 o tra 2009 e 2010, gli anni in cui difensore napoletano militò nella squadra torinese.

Sappiate che guardando questo film avrete una voglia irrefrenabile di fare qualcosa di grande con il vostro migliore amico o con la vostra migliore amica... non sarà costruire una casa, magari, ma pensateci, sembra faccia davvero molto bene! D'altronde avete tempo, e poco importa se uno ha fatto il giro del mondo e l'altro è rimasto dov'è nato, perché l'amicizia vera è "un luogo dove metti le tue radici e che resta ad aspettarti".

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