Todd Phillips, finora noto soprattutto per la trilogia Una notte da leoni, sfodera un capolavoro mettendo in scena una storia inedita, che recupera il personaggio del più acerrimo nemico di Batman e l'ambientazione di Gotham City, per poi concentrarsi a raccontare le sue misteriose origini, terreno fertile poiché da sempre lasciato nel buio dai creatori del fumetto Bob Kane, Bill Finger, Jerry Robinson (trailer).
Sono tre gli elementi che rendono Joker un film difficile da dimenticare: il soggetto, che ha in sé l'idea geniale di spiegare la follia del personaggio con i suoi disturbi psichiatrici e l'isolamento cui è costretto da chi lo circonda; l'interpretazione sublime di Joaquin Phoenix, sempre più a buon diritto da annoverare tra i più grandi attori viventi; la palese connessione della trama con lo scorsesiano Re per una notte (1983), amplificata dalla presenza di Robert De Niro nei panni che nell'illustre precedente erano stati di Jerry Lewis.
Sono tre gli elementi che rendono Joker un film difficile da dimenticare: il soggetto, che ha in sé l'idea geniale di spiegare la follia del personaggio con i suoi disturbi psichiatrici e l'isolamento cui è costretto da chi lo circonda; l'interpretazione sublime di Joaquin Phoenix, sempre più a buon diritto da annoverare tra i più grandi attori viventi; la palese connessione della trama con lo scorsesiano Re per una notte (1983), amplificata dalla presenza di Robert De Niro nei panni che nell'illustre precedente erano stati di Jerry Lewis.
Arthur Fleck (Joaquin Phoenix) lavora come clown in una piccola società che impiega i pagliacci per la pubblicità di esercizi commerciali o per intrattenere i bambini negli ospedali. Come il Rupert Pupkin interpretato da De Niro per Scorsese, vive da solo con la madre, sogna di diventare un comico e di essere intervistato in un talkshow di successo presentato dal suo personaggio televisivo preferito: lì il Larry Langford (Jerry Lewis), qui Murray Franklin (Robert De Niro). E come Pupkin, questo amore da fan(atico) lo porta a immaginare lo spazio casalingo come uno studio televisivo, riproducendo da solo tutti i momenti della sua trasmissione preferita, battute, interviste ed entusiasmo del pubblico compresi. Come Pupkin, infine, nella sua realtà schizofrenica, si convince anche di avere una relazione con una vicina di casa.
Anche la madre di Arthur, Penny, ha problemi di instabilità mentale, lo chiama "happy" - anche se un giorno il figlio risponderà "non sono mai stato felice un solo minuto della mia vita" - e ha bisogno di lui per le normali operazioni quotidiane. In passato la donna ha lavorato per il ricco e potente Thomas Wayne, oggi candidato a sindaco della città di Gotham, e a suo avviso sarebbe proprio lui il padre di Arthur. È forse inutile precisarlo per i tanti appassionati, ma Wayne ha anche un figlio piccolo, quel Bruce, che qui vediamo solo un bambino, ma che da grande diventerà Batman.
Non so se, come ha detto Josh Brolin, solo chi ha sofferto può apprezzarlo a pieno, ma indubbiamente Joker è un film sulla sofferenza, sulla solitudine, sull'emarginazione e sull'indifferenza. Tutto quello che conosciamo di Joker-Arthur Fleck è infatti determinato dal difficile passato e dall'altrettanto complicato presente: la sua forma di risata patologica, incontrollabile ai primi segni di nervosismo, gli causa spesso problemi e, più di una volta, quella reazione viene scambiata come provocazione.
Non so se, come ha detto Josh Brolin, solo chi ha sofferto può apprezzarlo a pieno, ma indubbiamente Joker è un film sulla sofferenza, sulla solitudine, sull'emarginazione e sull'indifferenza. Tutto quello che conosciamo di Joker-Arthur Fleck è infatti determinato dal difficile passato e dall'altrettanto complicato presente: la sua forma di risata patologica, incontrollabile ai primi segni di nervosismo, gli causa spesso problemi e, più di una volta, quella reazione viene scambiata come provocazione.

La scena è un simbolo, che nel corso della storia si ripeterà: Arthur prova a emanciparsi da una condizione di disagio, ma attorno a lui non c'è il benché minimo aiuto. Accade così con i colleghi, con il datore di lavoro, con gli sconosciuti sull'autobus e sulla metropolitana: nessuno comprende la sua condizione e nessuno è disposto ad accoglierlo con favore; persino far ridere un bambino può causare la diffidenza della madre del piccolo che gli inveisce contro.

La sua occasione di riscatto però arriverà, quando verrà invitato in tv al Murray Franklin Show, dove il mattatore televisivo, che lo ha notato sul palco in uno spettacolo off in un locale di Gotham, lo ha soprannominato "Joker", non certo per fargli un complimento... È il cinismo e la corsa all'audience a valergli quell'invito, Arthur ne è consapevole, ma al sogno di una vita non si può rinunciare, nemmeno a queste condizioni...




Due pezzi interpretati da Frank Sinatra: That's life, scritta da Dean Kay e Kelly Gordon nel 1963, ma incisa da Sinatra nel 1966, riprende il saluto-mantra di Murray Franklin che congeda i suoi telespettatori con "e ricordate... questa è la vita!"; la malinconica Send in the Clowns, invece, viene cantata dai ragazzi sulla metropolitana che si prendono gioco di Arthur, creando quella dissonanza che tanto ricorda quello che fece Stanley Kubrick con Singing in the rain in Arancia meccanica (1971).
Nella ricca cinefilia di questo film, vanno aggiunti altri riferimenti, tra cui un paio di titoli in cartellone che si leggono in uno dei cinema di Gotham City: Blow out (De Palma 1981) e Zorro, The Gay Blade (Medak 1981), che danno un riferimento cronologico preciso ai fatti narrati; ma, soprattutto, Arthur guarda in tv il musical Voglio danzare con te (1937) in cui Fred Astaire canta Slap that bass, e Tempi moderni di Charlie Chaplin (1936), che viene proiettato in una serata di gala. È l'occasione in cui Arthur incontra Thomas Wayne e le note che accompagnano la sequenza sono quelle di Smile di Jimmy Durante, brano composto proprio da Chaplin che poi lo inserì nella pellicola, anche se poi il testo della canzone verrà aggiunto nel 1954 da John Turner e Geoffrey Parsons.
A completare la colonna sonora, qualche brano rock a cavallo tra gli anni sessanta e settanta, come White Room dei Cream (1968) che si attaglia perfettamente alla scena di rivolta per le strade di Gotham e poi Rock & Roll part 2 di Cary Glitter (1972), le cui note fanno da sfondo ad una sequenza che è già diventata un cult, quella in cui Joaquin Phoenix scende le scale in abiti sgargianti da Joker e danza gradino dopo gradino, qui sì strizzando l'occhio all'imprescindibile Jack Nicholson.
Un gran bel film, non un capolavoro, perché sono un po' fastidiose le troppe evidenti citazioni.
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