mercoledì 22 gennaio 2025

Maria (Larraín 2024)

E sono tre! Pablo Larraín, dopo Jackie (2016) e Spencer (2021), ha girato un terzo biopic, stavolta dedicato a Maria Callas. Una first lady, una principessa e la più grande cantante lirica della storia.
Di Maria Anna Sofia Cecilia Kalogheropoulos (1923-77), questo il nome intero della divina Callas, nata a New York da genitori greci, seguiamo solo l'ultima settimana, in una rigorosa unità di tempo che parte dalla fine, e cioè dal suo corpo trovo esanime, per poi raccontarne gli ultimi giorni di vita (trailer).  
Al suo fianco, nella casa parigina di avenue Georges Mandel, solo due persone, il maggiordomo Ferruccio Mezzadri (Pierfrancesco Favino) e la governante, Bruna Lupoli (Alba Rohrwacher), oltre due cani, i suoi inseparabili barboncini.
In un tripudio di prospettive centrali e di surcadrage, che inquadrano la scena attraverso gli stipiti delle porte e delle finestre, e con lenti movimenti di macchina che trovano il migliore punto di vista per lo spettatore, Larraín gira con la consueta perfezione formale, con impeccabile asciuttezza, tenendo costantemente in scena la sua protagonista. Con lei condividiamo per l'intera durata del film le angosce, le tristezze, il passato, la depressione che la attanaglia.
La sala con Diana e Atteone di Tiziano
In questo stato, a cui dà un minimo sollievo il solo uso smodato dei medicinali, Maria, che si è ritirata dalle scene da quattro anni e mezzo e ha persino fatto un falò dei suoi splendidi abiti, rilascia interviste a un giovane regista che sta girando un film su di lei e sui suoi ultimi giorni (proprio come Larraín). Cinema e metacinema si prendono a braccetto e, quando il cineasta si presenta col nome di Mandrax (Kodi Smit-McPhee), lo stesso del medicinale che Maria prende, diventa chiaro che buona parte di ciò che vediamo sullo schermo è il risultato lisergico della sua immaginazione.
Kennedy e Onassis
E così, frequenti montaggi uniscono i ricordi di Maria Callas sui palchi dei principali teatri europei al presente, in cui canta in casa, semplicemente davanti a Bruna e Ferruccio, o in un teatro francese, in cui prova con un pianista, nella speranza di poter riprendere a farlo davvero. I suoi appuntamenti quotidiani sono con Puccini, con Bellini, ma la sua salute è cagionevole e il dottor Fontainebleau (Vincent Macaigne) glielo sconsiglia.
È il dramma di una donna, che senza poter cantare e senza l'amore della sua vita, Aristotele Onassis (Haluk Bilginer: ), che nel 1968 aveva sposato Jacqueline Kennedy rimasta vedova e poi era morto nel 1975, vive malinconicamente di ricordi. Per renderli più veri, all'occorrenza, mette sul giradischi i vinili di un tempo, ma ad un volume altissimo che disturba i condomini che se ne lamentano: la divina Callas è diventata una persona come le altre...
La pellicola è divisa in tre atti, introdotti dal ciak cinematografico e posti tra l'introduzione, "Maria", e l'epilogo, "Un finale. Ascesa": "La Diva", "La Verità", "La chiamata alla ribalta". Angelina Jolie è bravissima e con la sua disarmante bellezza, indubbiamente superiore a quella di Maria Callas, riesce ad essere credibile anche in quanto a fascino: basta guardarla mentre canta e mulina le sue mani dalle dita lunghissime.   
Tra i momenti iconici del film, la passeggiata di Maria nel giardino del Palazzo Reale, la vista di Place Vendome con la celebre colonna e il passaggio davanti alla Torre Eiffel, dove viene fermata dai fan, linfa vitale per una diva che al ristorante afferma, senza alcuna remora, "non ho fame, vengo al ristorante per essere adorata". E poi il ricordo vivido dell'incontro con Aristotele Onassis, avvenuto nel 1959, alla presenza del marito, Giovanni Battista Meneghini, lasciato poco dopo. La sfacciataggine di uno degli uomini più ricchi del mondo, la consapevolezza di non essere un adone ma di poter pareggiare i conti con l'estetica grazie al denaro e al suo savoir faire ("sono brutto ma sono ricco"). 
Tra le curiosità, in parte legate a lui, l'appartamento parigino di Maria Callas è ricco di opere d'arte: busti classici, che la riconnettono alla Grecia, come l'Ermes con cui Onassis si identifica (dio dei commerci) e che si vanta di non aver fatto arrivare in un museo; e poi una serie di dipinti di scuola veneta, tra cui una Madonna col Bambino carpaccesca, una grande Adorazione dei magi cinquentesca sopra a un divano, una riproduzione della Diana e Atteone che Tiziano dipinse per Filippo II di Spagna (1556-69; Edimburgo, National Gallery of Scotland); una Madonna col Bambino tra i ss. Girolamo e Sebastiano, attribuita a Baldassarre Carrani e venduta da Sotheby's (Milano, 12 dicembre 2007, n. 120).
Il salotto con l'Adorazione dei Magi
Maria viaggia nello yacht di Onassis e con lui va al famoso concerto al Madison Square Garden per il compleanno di John Fitzgerald Kennedy (Caspar Phillipson): il presidente compie 45 anni e Marylin Monroe canta la celeberrima Happy Birthday to You. Di quell'occasione, in cui peraltro Callas cantò un paio di arie tratte dalla Carmen, esiste una famosa foto che ritrae insieme le due dive. Non è avvenuto nella realtà, invece, il dialogo tra Callas e Kennedy che si vede nel film e durante il quale i due parlano dei rispettivi compagni ormai uniti, un semplice espediente narrativo che ricorda allo spettatore cosa accadde in seguito e che mostra quei due personaggi così grandi sconfitti dall'amore come chiunque. Eppure quella sconfitta ha un sapore dolce-amaro al capezzale di Onassis, quando l'uomo che non l'aveva mai sposata, forse perché sapeva di non poterla imbrigliare, rispetto alla scelta di sposarsi con Jackie, pronuncia una battuta disarmante, "a volte ti sposi perché hai un giorno libero", prima di pronunciarne un'altra bellissima, sulla paura di morire: "noi siamo greci. La morte è un'amica di famiglia".
Il dipinto di Carrani nella camera da letto di Maria
Ancora tra i ricordi, l'infanzia, con le immagini in flashback della giovanissima Maria, spinta dalla madre ad essere fin troppo gentile con i soldati nazisti, che fanno sesso con la sorella Yakinthi - che da adulta viene interpretata da Valeria Golino -, e per i quali lei invece canta. Proprio Yakhinti le dirà che bisogna chiudere le porte della memoria su alcune cose a una certa età, ma per Maria non è possibile farlo, la sua sensibilità è la sua grandezza ma allo stesso tempo è anche la sua rovina.
Maria/Angelina e Maria Callas in Anna Bolena
Tante le parti cantate, in cui sentiamo certo la voce di Maria Callas, ma che spesso sono interpretate anche da Angelina Jolie: si va dall'Ave Maria a Sempre libera (Traviata), da I puritani di Bellini fino al momento della pazzia nell'Anna Bolena di Donizetti. Il finale è evocativamente lasciato a Vissi d'arte della Tosca.
Il rapporto con la musica è costante, da allora fino alla fine, per una donna convinta che "la musica è figlia della disperazione e della povertà", e che la sua relazione con essa è dettata dai vari momenti vissuti: "mia madre mi ha obbligato a cantare, Onassis me lo ha impedito, ora canto per me stessa". 
La sua tragedia, però, è tutta nel non poter accontentarsi di essere una donna come tante altre e nel non trovare un senso nella vita senza poter cantare davanti a un pubblico, figuriamoci nel non poter cantare affatto. Maria Callas è Maria Callas... e, pur consapevole che la sua "life is the opera and there's no reason in the opera", dice soprattutto che "non c'è vita lontano dal palco", con l'amara rassegnazione di chi sa che il successo è la sua prigione e non la sua libertà.

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