Dopo Get Out (2017) e Us (2018), Jordan Peele realizza il suo terzo horror, ma pur mostrando diversi elementi interessanti, tra cui l'incessante cinefilia e i significati allegorico-sociali, il risultato non è alla pari dei due precedenti.
Il grande merito della pellicola è indubbiamente la capacità di fondere generi e di presentarsi come una complessa opera metacinematografica: ogni fotogramma racconta cinema, ma non riesce a incollarci alla poltrona, caratterizzandosi piuttosto come un film da studiare, una sorta di manuale di filosofia cinematografica e dell'intrattenimento moderno (trailer). Tanto più che la frase posta in esergo, tratta dalla Bibbia (Nahum, 3:6), ci dà una chiave di lettura molto chiara: "I will cast abominable filth upon you, make you vile and make you a spectacle" ("Ti getterò addosso immondizie, ti svergognerò ti metterò alla berlina").
Il film, che unisce horror, fantascienza e western, risulta così un'allegoria (critica) dello sfruttamento di ogni mezzo da parte di Hollywood pur di fare spettacolo: quel "Nope" del titolo, tipica negazione colloquiale, che lo stesso Peele ha indirizzato ai non amanti del genere horror, che di solito reagiscono così alla proposta di un film di questo tipo, si adatta bene anche come chiara risposta al sistema capitalistico dell'industria cinematografica, pronta a spolpare tutto e tutti.
Otis Haywood Jr., detto OJ (Daniel Kaluuya), vede morire suo padre Otis Haywood Sr. (Keith David) in circostanze misteriose, mentre è a cavallo nel loro ranch, colpito da una moneta caduta dal cielo. Restano, così, OJ e sua sorella Emerald (Keke Palmer) ad occuparsi dell'attività di famiglia, l'addestramento di cavalli per produzioni cinematografiche e televisive.
Ai turisti che si presentano per visitare la sede della Haywood Hollywood Horses Emerald ricorda le origini della loro connessione con i cavalli e col cinema: un loro avo sarebbe stato il fantino di Sallie Gardner at a Gallop, famoso esperimento fotografico con cui Eadweard Muybridge nel 1878 mise in movimento una serie di scatti di un uomo al galoppo. Siamo ai primordi della storia del cinema e Peele sottolinea l'importanza degli afroamericani anche in questo contesto, ennesimo dal quale sono stati cancellati nel tempo.
Nell'indagare per far luce su cosa sia successo al padre, OJ ed Emerald vanno a vedere un altro luogo che unisce il lavoro per il cinema alla sua storia, con uno spazio di intrattenimento per turisti, parlando con Ricky "Jupe" Park (Steven Yeun), che infatti, aprendo la porta che immette nel "museo", ci tiene a precisare che di solito per quello fa pagare. Tutto è spettacolo e lo spettacolo si paga, in termini economici, ma anche morali e psicologici.
Proprio Jupe, infatti, da ragazzino, a fine anni '90, partecipò ad una sit com, Gordy's home, il cui protagonista, uno scimpanzé interpretato da diversi esemplari addestrati, durante la seconda puntata della seconda stagione impazzì uccidendo gli altri attori in scena e risparmiando solo lui. Solo ora capiamo che la breve sequenza che ha aperto il film si riferisce a questo episodio traumatico e, per aggiungere altra epica cinematografica, la sceneggiatura precisa che il primo saluto pugno contro pugno è stato filmato proprio in questa serie e, quando lo vediamo, ricorda il famoso contatto "telefono-casa" dito contro dito di E.T. (Spielberg 1982), non certo un caso...
Per il resto, le indagini andranno avanti e si scoprirà un'influenza extraterrestre in quella zona geografica, ad Agua Dulce, a un pass da Hollywood, determinata persino dalla presenza di una navicella spaziale - che dal basso ricorda un cappello da cowboy - nascosta in una nuvola.
Tutti cercano lo spettacolo e anche Jupe vuole sfruttare la scoperta, sfruttando uno dei cavalli per attirare l'UFO in uno show all'aperto intitolato Star Lasso Experience. La navicella divora tutto, tranne chi non lo guarda, sorta di Medusa mitologica prestata alla fantascienza, e poi rilascia oggetti, tra cui chiavi, monete, 45 giri. Appare come qualcosa di organico e OJ le dà un nome, Jean Jacket: sconfiggerla, o meglio addomesticarla, è l'obiettivo di OJ e di Emerald nell'ultima parte del film, tra l'altro con un inseguimento che strizza l'occhio alla celebre sequenza di Intrigo internazionale (Hitchcock 1959), con OJ nei pani di Cary Grant e Jean Jacket al posto dell'aereo.
Come anticipato, però, non è la trama, degna di un b-movie di fantascienza di Roger Corman anni '50 (altro riferimento cinefilo di Jordan Peele), ad avvincere, quanto il significato sotteso ad essa che ci fa riflettere.
Peele, con una sceneggiatura meno divertente del solito - e ricordiamo che la sua carriera è iniziata come comico - gira con la solita maestria e la mdp non è mai banale, tra panoramiche, bellissimi surcadrage che sfruttano finestre e porte come cornici delle inquadrature e tanti altri movimenti di macchina.
Buona parte del film, inoltre, è divisa in capitoli che prendono il nome dei cavalli impazziti (Ghost, Clover, Lucky) e ovviamente di Gordy. Per controllare costantemente i movimenti dei cavalli, peraltro, i fratelli Haywood fanno montare delle telecamere, ennesimo rimando all'occhio cinematografico e, come se non bastasse, per ottenere una ripresa valida chiamano Antlers Holst (Michael Wincott), regista famoso perché in grado di filmare l'impossibile (e solo con l'analogico della pellicola!). Proprio lui, però, peccherà di ybris, pretendendo troppo...
I giochi tra mdp, realtà, finzione, ecc. non si limitano a questo e per gran parte della pellicola il timore arriva dall'ignoto, come insegnava un tempo Jacques Tourneur, maestro del brivido negli anni '40, che per spaventare e tenere sulle spine lo spettatore usava l'assenza del mostro o il buio (stratagemma riutilizzato anche da Spielberg ne Lo squalo). E in effetti, anche il film di Peele, da questo punto di vista, funziona meglio finché non vediamo la buffa navicella spaziale, ma siamo sorpresi da silenzi, suoni, improvvise apparizioni di semplici insetti nella telecamera, ragazzi travestiti da extraterrestri, macchie nere nel cielo... il disvelamento abbatte la tensione.
Anche la colonna sonora di Michael Albels contribuisce alla tensione e all'atmosfera del film, arricchita da alcuni brani non originali come Walk on By di Dionne Warwick o da una chicca come La Vie C'est Chouette cantata da Jodie Foster.
Come ultimi omaggi al cinema, tra le locandine della scenografia si vede Non predicare... spara! (Poitier 1972), western con due star afroamericane, come Sidney Poitier e Harry Belafonte; e poi un riferimento all'uomo-cinema e alla sua monocularità: Otis Haywood Sr. viene colpito da una moneta proprio a un occhio, mentre Antlers Holst in una delle sequenze di massima azione chiude un occhio distogliendo lo sguardo dalla mdp... e si pensa subito a John Ford, Fritz Lang, Raoul Walsh. Ancora una volta tanto tanto cinema con Jordan Peele, anche se meno passione epidermica in sala.
Questo lo devo ancora vedere.
RispondiEliminaC'è da dire che però i film di Peele hanno qualcosa di magnetico che mi attira