Il documentario di Laurent Bouzereau è un gran bel ripasso de Il cinema secondo Hitchcock di François Truffaut (1966), uno dei libri più importanti della letteratura cinematografica tutta, partendo da Blackmail (1929), la prima pellicola sonora firmata dal "maestro del brivido" dopo i primi dieci film, muti, della sua carriera.
Ricatto, come venne intitolato in italiano, era tratto da una pièce teatrale di Charles Benneth (1928), che non partecipò al progetto cinematografico.
Il film uscì in doppia versione - muta e sonora - e proprio perché fu il primo ad avere dialoghi, suoni e musica, dà la possibilità al documentarista francese di analizzare tutti i motivi portanti della filmografia hitchcockiana, lì visibili per la prima volta, ma che si ripeteranno molto spesso in seguito.
Bouzereau lavora per analogie, iconografiche, di senso, di materia, passando in rassegna i dettagli della poetica di sir Alfred.
Si parte dalla complessità dei personaggi femminili, le indimenticabili bionde di Hitchcock, da Anny Ondra, protagonista di Blackmail a Joan Fontaine (mai citata nel film), da Ingrid Bergman a Grace Kelly, da Kim Novak a Tippi Hedren, da Eva Marie Saint a Julie Andrews e, ovviamente, forse su tutte, Janet Leigh. E se è per questo, va ricordato, al di là del film di Bouzereau, che Hitch definì "blonde inside" anche la mora Karin Dor, protagonista di Topaz (1969).
Ma oltre la bionda, in Blackmail ci sono anche il detective e il ricattatore, altri due personaggi cardine nell'immaginario hitchcockiano, e lo stesso vale per l'ossessione per il cibo (es. La finestra sul cortile, 1954), gli inseguimenti (es. Intrigo internazionale, 1959), gli omicidi, i coltelli e le lame (si pensi alle forbici de Il delitto perfetto, 1954).
Uno spazio tutto suo ha il sesso, a cui, dati i tempi, Hitch allude in maniera spesso velata. Si passa così dal reggiseno cult di Janet Leigh in Psycho (1960), alla battuta semi-osé, che unisce cibo e sesso, di Grace Kelly a Cary Grant in Caccia al ladro (1955), davanti a un pollo: "vuoi petto o coscia?". Tutto sempre a partire dalla scena sensuale in Blackmail, con il separé che fa da split screen naturale, dividendo Crewe al pianoforte da Alice che si sta cambiando.
E sugli artifici utilizzati dal regista inglese non può mancare la suspense, incentrata sul far sapere allo spettatore più di quanto sappiano i personaggi, o l'effetto Schüfftan - dal direttore della fotografia tedesco Eugen Schüfftan che lo inventò per Metropolis (Lang 1926) - basato sull'utilizzo di uno specchio biriflettente per inserire in scena e ingrandire immagini riflesse e fuori campo.
L'utilizzo del sonoro, si diceva, che Hitchcock impara sin da subito a utilizzare a fini drammaturgici: le urla che trapassano in altri suoni, come il rumore dei piatti di un'orchestra (L'uomo che sapeva troppo nella versione sonora del 1956) o versi di animali (es. Gli uccelli, 1963), e poi, addirittura, il sonoro che si interrompe, come per l'afasia di Lydia/Jessica Tandy dopo aver visto un uomo ucciso dai volatili sempre ne Gli uccelli o, aggiungerei, la sordità della donna delle pulizie in Marnie (1964).
Anche l'arte è un tema portante e così si passa dalla magnifica ossessione del ritratto di Carlotta Valdés in Vertigo (La donna che visse due volte, 1958) alla splendida scenografia onirica di Salvador Dalì di Spellbound (Io ti salverò, 1945);
Il tutto, naturalmente, anche in questo caso partendo da Blackmail, che ha una sequenza basilare ambientata nel British Museum e soprattutto la tela raffigurante il giullare che ride additando il riguardante, e su cui giustamente Bouzereau riflette se stia ridendo della protagonista, che infatti lo strappa affondandoci le unghie, del perbenismo sociale e, infine, del pubblico, o probabilmente di tutti e tre a seconda dei momenti della storia.
Il film si chiude con la riflessione di François Truffaut, neanche a dirlo, che di fronte a ogni problema sul set, provava a risolverlo pensando a come lo avrebbe affrontato Alfred Hitchcock.
Non c'è nulla di nuovo in Becoming Htichcock e, come visto, in più di un caso, gli esempi analizzati meriterebbero delle aggiunte, ma resta il piacere di ripassare elementi, scene, motivi di uno dei più grandi registi di sempre!
L'utilizzo del sonoro, si diceva, che Hitchcock impara sin da subito a utilizzare a fini drammaturgici: le urla che trapassano in altri suoni, come il rumore dei piatti di un'orchestra (L'uomo che sapeva troppo nella versione sonora del 1956) o versi di animali (es. Gli uccelli, 1963), e poi, addirittura, il sonoro che si interrompe, come per l'afasia di Lydia/Jessica Tandy dopo aver visto un uomo ucciso dai volatili sempre ne Gli uccelli o, aggiungerei, la sordità della donna delle pulizie in Marnie (1964).
Anche l'arte è un tema portante e così si passa dalla magnifica ossessione del ritratto di Carlotta Valdés in Vertigo (La donna che visse due volte, 1958) alla splendida scenografia onirica di Salvador Dalì di Spellbound (Io ti salverò, 1945);
Il tutto, naturalmente, anche in questo caso partendo da Blackmail, che ha una sequenza basilare ambientata nel British Museum e soprattutto la tela raffigurante il giullare che ride additando il riguardante, e su cui giustamente Bouzereau riflette se stia ridendo della protagonista, che infatti lo strappa affondandoci le unghie, del perbenismo sociale e, infine, del pubblico, o probabilmente di tutti e tre a seconda dei momenti della storia.
Il film si chiude con la riflessione di François Truffaut, neanche a dirlo, che di fronte a ogni problema sul set, provava a risolverlo pensando a come lo avrebbe affrontato Alfred Hitchcock.
Non c'è nulla di nuovo in Becoming Htichcock e, come visto, in più di un caso, gli esempi analizzati meriterebbero delle aggiunte, ma resta il piacere di ripassare elementi, scene, motivi di uno dei più grandi registi di sempre!
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