Una commedia in pieno stile hollywoodiano ma nella Berlino distrutta dai bombardamenti, un dettaglio su cui nelle primissime battute del film si sofferma un personaggio parlandoci di 75 mila tonnellate di esplosivo. Billy Wilder, nel paesaggio in cui Roberto Rossellini nello stesso anno gira il dramma di Germania anno zero, mette in scena un triangolo amoroso che si fonde col genere spionistico e noir, riuscendo nell'impresa di far ridere gli spettatori nonostante il contesto di partenza.
Wilder, peraltro, tornerà a provocare "risate in posti spiacevoli", come le definirà il giornalista e critico Axel Madsen, anche qualche anno dopo, con Stalag 17 (1953), addirittura ambientato in un campo di concentramento (trailer).
Phoebe Frost (Jean Arthur) è un membro del congresso e arriva nella capitale tedesca in aereo con un gruppo di altri parlamentari statunitensi, che costituiscono una commissione che deve vigilare sull'integrità morale dei soldati. Qui conoscerà il capitano John Pringle (John Lund), suo conterraneo dell'Iowa, da quattro anni di stanza in Germania, dove ha una relazione con Erika von Schlütow (Marlene Dietrich), femme fatale un tempo molto vicina ai gerarchi nazisti, che si esibisce al Lorelei, locale frequentato sia dai tedeschi che dalle truppe americane.
L'onorevole Frost, fredda come dice il suo nome, si comporta con algida razionalità e, venuta a conoscenza di una relazione tra la donna e un ufficiale statunitense, inizia delle indagini facendosi aiutare proprio da John Pringle... È l'inizio di una serie di equivoci e situazioni esilaranti, che coinvolgono i personaggi ma anche gli spettatori, che fino alla fine seguiranno le vicende di questo sorprendente triangolo pieni di certezze sistematicamente sconfessate.
Ad accogliere la deputata a Berlino, c'è il quarto protagonista della storia, il colonnello Rufus J. Plummer (Millard Mitchell), che guarda dall'alto gli avvenimenti dei tre nel ruolo di orchestratore, forse l'unico consapevole degli equivoci che si stanno creando e nei quali si ritrova persino coinvolto, perché Frost pensa anche a lui come possibile amante di Erika.
Billy Wilder è straordinario sia nella scrittura sia dietro la mdp. Nel primo caso, oltre allo splendido intreccio, la cosa che salta più all'occhio rivedendo il film oggi è la totale assenza dell'aspetto moralistico. L'unica a porsi problemi di questo tipo è Phoebe Frost, i cui atteggiamenti borghesi, però, pian piano vengono meno, lasciando il posto al desiderio e alla passione: in qualche modo il film può essere riassunto anche come liberazione della deputata dai suoi stessi preconcetti.
John Pringle è sposato in Iowa, con una elettrice di Phoebe, che peraltro le ha dato una torta da portare al marito per il suo compleanno, ma fatta eccezione per un paio di battute, ovviamente di Phoebe, la questione matrimonio rispetto alla liaison di John è del tutto secondaria nella sceneggiatura. La torta, inoltre, è uno degli "oggetti narrativi" della pellicola, perché John e Phoebe si conoscono così, ancora sulla pista dell'aeroporto, e quella torta tornerà in scena più tardi dando vita ai primi dubbi e turbamenti della deputata.
Erika von Schlütow è l'apoteosi dell'antimoralismo. Vive la vita giorno per giorno, consumandola attimo dopo attimo. È stata l'amante di un gerarca nazista, Hans Otto Birgel (Peter von Zerneck), ora lo è di un ufficiale americano, canta in un locale di dubbia fama, non vede mai in Phoebe una minaccia reale, poiché è anni luce oltre, e ogni volta che la incontra la sbeffeggia per la rinuncia alla sua femminilità, mettendone anche in crisi l'autostima.
Il contrasto tra le due donne è una delle anime di Scandalo internazionale: da una parte la ragazza semplice, che viene da una zona rurale degli Stati Uniti, una parte di lei che emerge molto più del suo ruolo da deputata; dall'altra una donna sofisticata e rapace, che prende ciò che vuole, poco importa se per solo interesse o per amore. Entrambe hanno successo con gli uomini, ma Erika con una consapevolezza che le permette di usare le armi della seduzione, Phoebe con l'ingenuità di chi non si rende conto della propria bellezza e che comunque è piena di paletti moralistici che la ostacolano.
Erika ironizza più volte sulla sua antagonista, proprio perché non la percepisce come tale e in una sequenza fondamentale del film, per colpirla, sentenzierà persino che "alcune donne sono fortunate in amore, altre non dovrebbero nemmeno sedersi al tavolo", in un'ennesima metafora che paragona l'amore al gioco d'azzardo.
La loro clamorosa distanza rende ancora più comica la scena in cui Phoebe, piuttosto brilla, canta proprio al Lorelei The Song of Iowa, la canzone di stato del suo paese, trasformandosi involontariamente in una versione parodistica di Erika. Tra l'altro, va ricordato, quel brano scelto come inno dell'Iowa nel 1911, si basa sulla canzone popolare tedesca O, Tannenbaum, a cui nel 1897 Samuel Hawkins Marshall Byers aggiunse testi a tema, celebrando tramonti, praterie e campi di granturco.
Anche Rufus J. Plummer è un personaggio eccezionale. Evidentemente quello più vicino allo sguardo dall'alto del regista, sta per diventare nonno ed è inattaccabile dal punto di vista delle passioni amorose. La sua distanza da tutto questo, però, non è mai moralistica, solo piena di una saggezza che gli permette persino di scherzare con Pringle dandogli del latin lover.
L'apparizione di Marlene Dietrich, momento fondamentale di ogni film con una grande diva, è un piccolo momento di intimità e cinema puro, con cui Billy Wilder dà allo spettatore tante informazioni senza bisogno delle parole. Pringle arriva nell'appartamento in cui Erika vive, portandole un nuovo materasso acquistato al mercato nero e guarda oltre una porta semidistrutta con un grosso buco al centro: la sua soggettiva permette alla mdp e a noi di vedere la donna che si sta lavando i denti. Una diva di Hollywood osservata in un suo gesto quotidiano, il legame tra i due personaggi, il voyeurismo che è uno dei fondamenti del Cinema.
E Billy Wilder dimostra di essere un maestro della visione mediata in tanti altri frangenti, nei quali, ad esempio, vediamo sia Erika sia Phoebe riflesse negli specchi, magari un un angolo dell'inquadratura.
Così accade in casa di Erika, dove vediamo Phoebe piangere riflessa in un lungo specchio o al Lorelei, quando Erika inizia a cantare, mentre la scena è occupata soprattutto dalla deputata che arriva nel locale con due buffi soldati tedeschi con cui si è mostrata accondiscendente e superficiale, ridendo con una risata agghiacciante a ogni loro battuta, in una delle tante gag del film.
E su questo aspetto naturalmente si potrebbe scrivere davvero molto, dal cinegiornale che mostra Erika flirtare tra i gerarchi con un Hitler molto vicino alla versione chapliniana del Führer (Il dittatore, 1940), alla gag dell'archivio in cui Phoebe "si difende" dall'assalto seduttorio di John aprendo uno dopo l'altro i grossi schedari metallici per poi trovarsi incastrata tra due di essi (e che si ripeterà sul finire del film a parti inverse e con sedie e tavolini del Lorelei), che si chiude con un gesto osceno di un soldato che li coglie in flagrante.
Ma su tutte direi la fantastica sequenza in cui Pringle riceve in ufficio il padre di un bambino tedesco ossessionato dalla croce uncinata che disegna ovunque. L'uomo, infatti, pur angosciato dal non riuscire a farlo smettere, porta sul volto un'icona del nazismo, i baffetti alla Hitler, e quando vanno via, si ritrova sulla schiena una grande svastica disegnata col gesso sulla giacca. Anche qui noi (e John) sappiamo più del protagonista del momento (vedi).
Oltre alle parti divertenti e alla perfetta struttura narrativa, la sceneggiatura ha diverse linee significative dal tono particolarmente solenne, che sembrano cozzare con il genere del film, ma che invece spesso si sposano perfettamente con il contesto storico e geografico scelto. Nella prima sequenza della pellicola, uno dei personaggi sull'aereo afferma che "dare un pezzo di pane a chi ne ha bisogno è assistenzialismo, lasciarglielo incartato è imperialismo", così come più avanti il colonnello Plummer spiega a Phoebe quanto fu complicato il loro arrivo in Germania, con una frase bellissima fatta di immagini: "trovammo un paese di tombe aperte e di cuori chiusi". Sempre Plummer, infine, dice a Phoebe in un momento in cui la donna è col morale a pezzi, "avete capito che qui si cammina sulle rovine di tutti i generi".
Qui e là Billy Wilder ci regala anche omaggi al cinema d'autore con citazioni dall'espressionismo tedesco, perfetti in un film ambientato in Germania e assolutamente non un caso per lui che, austriaco nato nella Galizia mitteleuropea (a Sucha, oggi in Polonia), si era poi trasferito proprio a Berlino dal 1926 al 1933, anno in cui era espatriato negli Stati Uniti. Come Murnau, Lang o Wiene, Wilder allunga le ombre notturne a dismisura e lo fa anche con gli alberi in strada o con la ringhiera di una scala, rendendole incombenti e angoscianti. E poi, tra gli altri elementi in cui mette in evidenza il suo tocco, gira la sequenza della sparatoria all'interno del Lorelei con stacchi frequenti e close up continui che ci ricordano immediatamente come al suo nome sia legata anche la nascita del noir (e si pensi già solo all'intramontabile La fiamma del peccato, 1944).
D'altronde anche la Erika di Marlene Dietrich è un personaggio perfetto di un noir prestato alla commedia. Indimenticabile la sua interpretazione di The Ruins of Berlin, in cui canta in tedesco, inglese e francese con il fascino di una delle più grandi dive di sempre.
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