giovedì 27 giugno 2024

Confidenza (Luchetti 2024)

Confidenza è una tragedia borghese, un film sull'amore o meglio sui legami indissolubili di certi amori, mentali, fisici, totalizzanti, ma proprio per questo, forse, debordanti e impossibili.
Adattamento dell'omonimo romanzo di Domenico Starnone - dopo La scuola (1995) e Lacci (2020) -, che Daniele Luchetti stavolta scrive insieme a Francesco Piccolo. Ne deriva una pellicola che non può lasciare impassibili, che mette a disagio e porta lo spettatore nei più reconditi anfratti delle dinamiche sentimentali, partendo dalle vicende personali di Pietro Vella (Elio Germano), professore di lettere di un liceo della periferia di Roma, che al centro del suo insegnamento mette "la pedagogia dell'affetto", espressione che diventerà il titolo del saggio che lo renderà famoso oltre i confini scolastici (trailer).
Il film viaggia, attraverso il montaggio di Aël Dallier Vega, in tempi diversi della vita dei protagonisti, dagli anni '80 a oggi. La cornice narrativa è, infatti, ambientata ai nostri giorni, in cui Pietro è un uomo anziano, marito di Nadia (Vittoria Puccini), nonno di due bambine e padre di Emma (Pilar Fogliati), giornalista che vuole far premiare il padre dal presidente della Repubblica per la sua carriera di docente liceale e poi soprattutto di saggista nel campo della pedagogia. Per farlo, cerca di ottenere la collaborazione della più famosa allieva di Pietro, Teresa Quadraro (Federica Rosellini), senza sapere che tra loro in passato c'è stato tantissimo...
  È per questo che gran parte della storia è raccontata attraverso lunghi flashback a cavallo tra gli anni '80 e '90, quando Teresa era dapprima la dotatissima studentessa del liceo affascinata da Pietro; poi la ragazza perduta e nichilista che ha bisogno della giusta spinta per proseguire con l'università; quindi la compagna di Pietro e, infine, la studiosa che fa fortuna negli Stati Uniti.
In mezzo il legame, i segreti, la confidenza che dà il titolo al film, quella che cementa due persone per sempre ma che, tragicamente, le distrugge anche, le ammuffisce come i limoni che contempla Teresa, natura morta che è allegoria di quell'amore.
Il sonoro ha un grande impatto nell'economia del film, basti pensare ai sussurri e ai bisbigli che sentiamo sui titoli di coda, il segno tangibile e auditivo del terribile gioco dei segreti, quello fatto con Teresa, che diventerà anche un gioco di Pietro con la piccola Emma. E poi la notevole colonna sonora di Thom Yorke (già con Luchetti per il documentario su Carla Fracci, Codice Carla, 2023), eseguita dalla London Contemporary Orchestra e dall'ensemble jazz composto anche dal batterista Tom Skinner e dal sassofonista Robert Stillman, membri dei The Smile con Yorke.
Il musicista, leader dei Radiohead, ha composto musiche dissonanti, che inquietano: brani come Secret Clarinet o Prize giving, fino a Silent Scream, che ascoltiamo in uno dei picchi di dolore del protagonista, accrescono in maniera determinante il coinvolgimento dello spettatore.
Tra le sequenze che restano nella memoria, c'è senza dubbio quella in cui vediamo per la prima volta Pietro in classe. Spiega l'amore in letteratura e nella vita, dialoga con i ragazzi sui sentimenti provati durante le relazioni, dividendo la lavagna in due, tra amore e paura, sotto i quali vanno praticamente tutte le emozioni legate all'amore, tra rabbia, odio, smania, tenerezza, sensibilità e tanto altro, che i ragazzi scrivono su fogli e accartocciano in una scatola. Pietro, partendo dalla storia della poesia e della letteratura, dice che si scrive di amore da 5000 anni almeno, cercando di normalizzare quello che per gli studenti (e non solo) rappresenta ogni volta un'enormità, trovando un sistema coinvolgente di insegnamento, che fa storcere il naso a qualcuno che non crede che quella sia una lezione ed esaltando gli altri, tra cui ovviamente c'è soprattutto Teresa. 
Ed è proprio la studentessa migliore a commentare che l'amore "non è mai alla pari, è sempre sopraffazione", una frase che la dice lunga sulla sua mentalità e sull'infatuazione nei confronti del docente.
La pellicola è ambientata in gran parte a Roma, con qualche scena girata altrove, a Torino per esempio, sotto i portici, dove Pietro, dopo aver presentato il suo libro (il 14 giugno 1992, utile elemento cronologico che leggiamo sulla locandina dell'evento), prende un aperitivo con Teresa al caffè Platti in corso Vittorio Emanuele II.
Tra le location romane, c'è il Quirinale (ripreso dall'esterno, il resto è girato altrove), dove Emma va per perorare la causa di suo padre. I colloqui al Ministero dell'Istruzione, che aprono le porte della carriera extrascolastica di Pietro, si svolgono nella Biblioteca Vallicelliana ed è proprio il borrominiano scalone della storica istituzione oratoriana che vediamo anche nei titoli di coda, con le arance che rotolano dai gradini sullo sfondo dell'enorme altorilievo barocco di Alessandro Algardi, raffigurante L'incontro tra papa Leone I e Attila (1646).
Oltre ai quartieri del I Municipio, il film tocca anche le zone meno centrali: dalla Garbatella, dove si trova l'appartamento di Pietro e Nadia anziani, in cui si apre la pellicola, dove Pietro ha il suo studio con l'enciclopedia Treccani ben in vista e dove lo vediamo giocare con le nipotine ma anche immaginare (?) la propria fine.
Il Salone d'Onore del Palazzo delle Tradizioni Popolari
E poi ci sono il Quadraro, Bravetta, l'EUR, dove viene ambientato il matrimonio tra Pietro e Nadia nel monumentale Salone d’Onore del Palazzo delle Tradizioni Popolari, di cui riconosciamo sulla parete di fondo gli affreschi novecenteschi sulle tradizioni italiane di Guberti, Barrera, Amato, Barillà (leggi). Un discorso a parte merita la zona di Villa Certosa, sulla Casilina. Rione popolare caro a Pasolini, allora noto come Borghetto degli angeli, è qui che abita Teresa negli anni della rinuncia agli studi universitari, quando Pietro va a cercarla, dopo aver ricevuto la visita degli ex compagni della ragazza e aver sentito una di loro dire "più sono geniali, peggio stanno". Questa parte viene girata proprio nel centro della zona, piazza dei Savorgnan, dove c'è la trattoria, dove entra in casa Teresa (si legge il numero civico 13 proprio di fianco alla scritta "Villa Certosa"), dove Pietro viene affrontato dall'ex della ragazza. Teresa, infatti, ha una relazione con il gestore del ristorante in cui lavora, un uomo sposato e con una figlia, che a Pietro dice, con una lunga stretta di mano per nulla amichevole "le stai togliendo l'indipendenza... lo sai che è orfana?" L'uomo non incontra la simpatia del pubblico e per questo non gli diamo retta più di tanto, eppure quello che dice non è del tutto sbagliato.
Ed è questa ambiguità di fondo la cifra identitaria della pellicola di Luchetti, in cui nulla è mai certo, tutto ci lascia sgomenti, tutto può essere altro, tra contorni sfumati e indefiniti.
Pietro tenta davvero il suicidio più di una volta nella vita? Il suo è vero amore o asseconda quello di un'ex studentessa per puro narcisismo? Perché rinnega la storia con lei davanti agli amici della sua età? Ha una relazione con Giovanna che è in quel gruppo, come pensa Teresa? Si vergogna di Teresa oppure non vuole passare per colui che si è approfittato dell'ex studentessa? Di certo il suo atteggiamento non è mai chiaro ed esplicito, e la comunicazione in una coppia è tutto.
Teresa lascia Pietro nottetempo, Pietro non la cerca più, forse consapevole che il suo segreto era davvero troppo per non sgretolare la loro storia oppure perché non la ama abbastanza e in fondo sa che è meglio così? Allo spettatore non è dato di sapere, il macguffin attorno a cui ruota tutto il film è in quel sussurrare all'orecchio i propri segreti più intimi, una confidenza esiziale che cambia la vita dei due protagonisti, che regala loro una carriera, ma forse preclude loro per sempre l'amore, quello vero. Ed è significativo che Teresa, antiborghese e nichilista, in quel momento dica "se è per legarci per sempre io sono pronta" e Pietro risponda "secondo me facciamo una cazzata enorme". Hanno ragione entrambi col senno di poi.
Luchetti gioca molto sull'ambiguità delle sequenze, sui pensieri che prendono forma: falsi incidenti mortali, che subito dopo scopriamo essere immaginati; discorsi ufficiali che virano sul personale; urla strazianti che si rivelano essere timori del protagonista. Dov'è la verità? Esiste realmente oppure ognuno ha la sua interpretazione del reale?
Pietro sposa la collega Nadia, e anche qui, si innamora di lei o anela di riuscire a portar via la moglie a un passo dall'altare di un uomo che nemmeno conosce? E Nadia si innamora del collega (visto per anni a scuola comunque) oppure lui rappresenta una via di fuga dal matrimonio con il fidanzato di sempre, dal quale si allontana in un battito di ciglia? Anche lei un tempo è stata professoressa di Teresa, professoressa di matematica, la materia su cui Teresa confezionerà la sua carriera accademica a Boston.
Una delle sequenze alla Biblioteca Vallicelliana
Teresa è amaramente sarcastica con il suo ex: "hai sposato la mia copia attempata", e Nadia stessa si autodefinisce con triste consapevolezza "un uovo di Pasqua senza sorpresa". C'è dell'altro, però, poiché Nadia abdica, rinuncia alla carriera accademica, complice un mondo maschilista fuori e dentro casa: interrompe la sua collaborazione universitaria a Firenze, quando il docente che da anni la tiene lì come assistente le fa delle avance per nulla accademiche, e Pietro si ritrova la strada spianata per la sua di carriera. Nadia sarà moglie e madre, ma ogni volta che sentirà pronunciare il nome di Teresa Quadraro il suo amore per Pietro subirà una battuta d'arresto.
Ambigua è anche la sequenza in cui Nadia è a casa, sente Pietro a telefono e, dopo aver chiuso la chiamata, Luchetti riprende solo metà del letto, Nadia si accoccola dall'altra parte e sparisce dall'inquadratura: la mdp mette in scene le paure di Pietro o davvero Nadia non è sola? Ambiguo è anche il rapporto di Tilde Pacini (Isabella Ferrari) con Pietro: è la sua editrice, ma la simpatia nei confronti del suo accolito è qualcosa che va oltre e, non a caso, Pietro con una donna così consapevole del proprio ruolo e della propria sessualità va molto più in difficoltà che con Teresa e Nadia.
Tilde forse è davvero l'unica che smaschera le sue piccolezze di uomo ribelle ma in fondo borghese, debole ma con uno spasmodico bisogno di guidare lui le relazioni che intesse. Ma anche lei è indefinita, in parte irrisolta, come tutti d'altronde, e si vede da come guarda e sta con la piccola Emma, lei che non ha avuto figli e forse a tratti lo rimpiange. Nessun personaggio in Confidenza è privo di macchie e di lati oscuri: è l'imperfezione del reale.
Infine, l'ambiguità è anche nella natura stessa dell'insegnamento: insegnare è etimologicamente "lasciare il segno" e farlo con empatia nei confronti degli studenti è davvero il modo migliore possibile? Oppure la pedagogia dell'affetto di Vella è solo un modo per accattivarsi gli allievi più bisognosi ed è ciò che permette al docente di riempire i propri bisogni affettivi?

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