martedì 23 aprile 2024

Cattiverie a domicilio (Sharrock 2023)

Una commedia dal tono dissacrante all'interno del contesto perbenista inglese di inizio '900, ancora figlio dell'epoca vittoriana, tecnicamente finito con la morte della regina nel 1901, ma che di fatto caratterizzò anche buona parte del secolo breve.
Thea Sharrock recupera una storia vera, come precisa la frase in esergo al film - "questa è una storia più vera di quanto si pensi" -, la affida alla sceneggiatura di Jonny Sweet, il comico che l'ha riscoperta, e all'interpretazione della sempre ottima Olivia Colman e di Jessie Buckley, oltre a una serie di caratteristi del cinema inglese, tra cui l'immarcescibile Timothy Spall. Ne viene fuori una pellicola piacevole in stile prettamente british, che cavalca il tema della storica discriminazione sulle donne, spesso rinfocolata da altre donne, in una guerra fra poveri senza quartiere, ma non certo un film indimenticabile (trailer).
La storia è ambientata nel 1922 a Littlehampton, piccolo centro di provincia sulla costa sud orientale britannica, nel Sussex, in cui vivono le protagoniste della storia, due vicine di casa: da una parte Edith Swan (Olivia Colman), donna nubile e puritana che vive con i suoi genitori ormai anziani, il padre Edward (Timothy Spall) e la madre Victoria (Gemma Jones), e Rose Gooding (Jesse Buckley), classica figura su cui si concentrano le maldicenze e le frustrazioni di tutto il vicinato, dato che è moralmente fuori dai canoni prestabiliti. Sboccata, frontale, violenta all'occorrenza, viene dall'Irlanda ed è una ragazza madre che vive con la figlia, Nancy, ma senza il padre di questa al suo fianco, e ora è addirittura fidanzata con Bill, un uomo di colore. Per tutto questo, a poco serve il suo continuo ripetere "perché una lettera se posso dirlo in faccia?", che sintetizza perfettamente il suo modo di vivere e il suo atteggiamento di fronte agli scontri con gli altri.
Edith, che all'arrivo di Rose, pochi anni prima, le era stata molto vicina, come dimostrano alcuni flashback, ora la accusa di inviare una serie di lettere oscene e offensive nei suoi confronti e nei confronti della sua famiglia. Lettere che, per linguaggio volgare e retrò allo stesso tempo e per il contesto in cui questo viene usato, risultano comiche. La denuncia della famiglia Swan, corroborata dal pensiero del resto della comunità, porta all'arresto di Rose, ma una donna poliziotto - e d'origine indiana -, Gladys Moss (Anjana Vasan), vuole vederci chiaro e userà tutti i mezzi per far sentire la sua voce, pur se sistematicamente considerata una semplice collaboratrice dal capo della polizia.
Quest'ultimo ed Edward Swan sono i due uomini vecchio stampo che non concepiscono alcuna novità che riguardi il mondo femminile, nonostante quelli siano gli anni caldi del suffragio alle donne nel Regno Unito, dove nel 1918 iniziarono a votare le mogli dei capifamiglia sopra i trent'anni e nel 1928 il suffragio femminile venne garantito a tutte. I due uomini giudicano Rose la colpevole più accreditata senza avere un briciolo di prova, solo in base alla sua reputazione, guadagnata semplicemente perché diversa dagli altri. Edward, in più, ha dalla sua il trattamento di Edith, una figlia considerata alla stregua di una domestica in casa, e che quando compare intervistata su un giornale con tanto di foto a mezzobusto, non trova di meglio da dirle che "gli uomini la metteranno sulla porta del bagno". Ed è sempre lui che, quando Gladys gli si presenta per la prima volta, esclama: "una donna poliziotto... uh, guarda, un asino che vola", guardando fuori dalla finestra.
D'altronde siamo in una società piena di pregiudizi in cui una chitarra è vista come "strumento del diavolo", soprattutto se suonata da una ragazza, e nelle omelie funebri le donne vengono celebrate per la loro mitezza e per la loro obbedienza. Sta di fatto che la morale puritana e benpensante spesso travolge anche chi ne è vittima e Rose dovrà fronteggiare persino quella delle persone a lei più vicine, ritrovandosi davvero completamente sola.
La trama poliziesca, con tanto di immancabile processo, e le trovate nelle indagini che prevedono perizie calligrafiche, ricerca di confronti, inchiostri simpatici, favoriscono l'agilità della vicenda e la leggerezza di un film che affronta in maniera soft un argomento importante, un intento dichiarato dallo stesso Sweet che l'ha scritto, "stavo cercando proprio il tipo di storia che mi permettesse un trattamento originale e divertente, ma che avesse anche un significato profondo".
Rose e Edith, in fondo, sono due vittime dello stesso contesto e non a caso le loro emancipazioni passano da una presa di coscienza riassunta da semplici battute nella sceneggiatura: la ragazza irlandese che ammette di essersi sempre sentita sbagliata, rivelando proprio a Edith "io pensavo che per stare bene dovessi essere come te"; e l'altra che urla al padre, nel paradosso più clamoroso del film (paradosso del film), "non tornerò più a casa con te". 
Una commedia che fa sorridere e fa riflettere, ma non troppo.

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