Un film di una grande interprete e regista della Hollywood classica. Ida Lupino, qui, per la prima volta diresse anche se stessa, in una pellicola davvero particolare e che, guardata oggi, desta ancora più interesse, per tematica, per sviluppo, per visione morale e per l'enorme distanza tra gli Stati Uniti e l'Italia di allora.
Il film da noi uscì tre anni dopo la sua realizzazione, con questo titolo assurdo e ben lontano da quello originale - The Bigamist - a ridosso dell'uscita della commedia italiana che, in pratica, aveva lo stesso titolo, Il bigamo (Emmer 1955). In questa l'accusa di bigamia del protagonista, interpretato da Marcello Mastroianni, era una calunnia, mentre nel film di Lupino è il punto centrale di un melodramma vissuto con pathos e analizzato in maniera complessa e per nulla manichea, come invece ci si aspetterebbe oggi ripensando a quegli anni (trailer; vedi il film completo).
Non sorprende, quindi, che l'opera non venne prodotta dalle grandi major, ma fu un progetto indipendente, peraltro sceneggiato da Collier Young, già marito di Ida Lupino dal 1948 al 1951, e che dal 1952 aveva sposato proprio Joan Fontaine, le due protagoniste femminili, di fatto nei ruoli opposti, rispetto alla realtà, della vita del protagonista, altro aspetto a dir poco extra-ordinario del film.
A San Francisco, Harry Graham (Edmond O'Brien) e sua moglie, Eve (Joan Fontaine), dopo otto anni di matrimonio hanno deciso di adottare un bambino e per questo sono in contatto con un funzionario addetto a questo compito, il signor Jordan (Edmund Gwenn), autorizzato a fare indagini sui due prima di decidere di affidargli il futuro di uno dei tanti bambini in attesa di trovare una famiglia. Già visto scuro in volto alla prima riunione, Harry desta molti dubbi nella percezione di Jordan, che in breve tempo scoprirà una doppia vita dell'uomo che, a Los Angeles, dove lavora spesso, ha un'altra moglie, Phyllis (Ida Lupino) e persino un figlio.
La facilità dell'indagine autorizzerebbe a pensare che non ci sia ormai molto da dire, pur se il film è iniziato da così poco, e infatti, da quel momento in poi, il pretesto di dover dare delle spiegazioni al signor Jordan, permette a Harry di raccontare tutto il suo recente passato e cosa lo ha portato a quella assurda situazione, e alla regia di tornare indietro con un lungo flashback spesso arricchito dalla voce off del protagonista.
Il film riesce a non far cadere su Harry il giudizio più ovvio rispetto alla situazione e a illustrare come tra amore, dovere, solitudine, difficoltà varie, quello che comunque viene considerato un errore e l'imprevedibilità della vita possono scatenare una reazione a catena per cui la condanna sociale e legale è davvero inutile rispetto alla sofferenza già patita. Un concetto di una modernità davvero sorprendente, che il giudice sintetizza con una sorta di morale esopea (ricordate Ὁ μύθος δελοι οτι?): "per costui la pena che può infliggergli questa corte sarà certamente la pena più leggera".
La storia si sostiene sull'interpretazione dei tre grandi attori protagonisti. Edmond O'Brien, premio Oscar per La contessa scalza (Makiewicz 1954), è eccezionale nel barcamenarsi tra l'amore, la malinconia, il disagio e il dovere. Joan Fontaine ripropone il personaggio che soprattutto sir Alfred Hitchcock prima, in Rebecca (1940) e ne Il sospetto (1941), e Max Ophüls poi, in Lettera da una sconosciuta (1948), le hanno cucito addosso, quello della donna innamorata e remissiva, qui anche sicura di sé e dedita alla carriera, ma va detto, dati i tempi, solo perché non può avere figli. Ida Lupino è, invece, la quinta essenza della donna forte e individualista: sola, indurita dalla vita, anche cinica, ma capace di innamorarsi come non mai, senza chiedere nulla all'uomo che incontra per caso e a cui non chiede mai nulla della sua vita.
L'incontro, poi, è quanto di più cinefilo si possa immaginare: Harry, infatti, sempre troppo solo a Los Angeles, si ritrova a prendere un pullman turistico che fa il giro delle ville di Beverly Hills. La frase del suo racconto è indicativa: "anche se amo il cinema, non m'importa niente di sapere dove vive Clark Gable, ma lì c'era gente che andava da qualche parte e io non volevo stare da solo".
Durante quel viaggio lo vediamo in prima fila iniziare a chiacchierare con la bella e altrettanto sola Phyllis, mentre l'autista indica le varie ville, da quella di Louella Parson, la famosa giornalista di gossip di Hollywood, a quelle di James Stewart, Barbara Stanwick e Jane Wyman, da quella del comico Jack Benny, fino a quella di Edmund Gwenn, l'indimenticato Babbo Natale di Miracolo sulla 34° strada (Seaton 1947), sì, proprio lui, quello che in questo film è il fantastico funzionario per le adozioni, mister Jordan, in un altro bellissimo cortocircuito che fonde realtà e finzione. E che questo sia decisamente voluto lo comprendiamo con certezza, quando Eve dice al marito che Jordan sarà il loro Santa Claus portandogli un bambino per quel Natale!
L'intreccio porta tutti e tre i personaggi ad avere luci e ombre, nessuno è completamente "innocente" della situazione venutasi a creare. Harry è un uomo responsabile, non ha mai tradito sua moglie, ma anzi le è sempre stato a fianco, sostenendola nelle difficoltà e offrendole un grande aiuto coinvolgendola nel proprio lavoro, in cui ormai lo ha forse anche superato per intraprendenza e risultati. Eppure nel suo momento di difficoltà si ritrova completamente solo, spesso in un'altra città e fatalmente conosce Phyllis. I due dormono in letti separati, ma per colpa del Codice Hays (in vigore fino al 1968): la verità è che Harry si lamenta spesso con Eve della sua poca presenza ("questo mese siamo stati insieme sei giorni e quattordici ore"), ma lascia alla forma di semplice battuta la sua relazione extraconiugale, quando a telefono le dice di aver conosciuto una donna mora e intrigante.
Inutile dire che, proprio quando Harry viene a sapere che la sua amante è incinta, Eve, che fino ad allora non ha mai preso in considerazione l'idea di adottare un bambino, cambia idea e gli propone di farlo, complice la vita, che proprio allora la mette di fronte alla scomparsa improvvisa di suo padre. Nonostante la modernità di alcune idee, va detto, il film è comunque figlio del suo tempo, com'è ovvio che sia, e la scelta di Eve di dedicarsi al lavoro è comunque frutto della rinuncia obbligata al ruolo di madre, di cui peraltro "si pente", un ripensamento tardivo che la punisce moralmente e nei fatti, una donna "sbagliata" (Sbagliate, Pandimiglio-Menozzi 2015) che ha rinunciato a quello che veniva considerato il primo dovere di una moglie.
Phyllis, dal canto suo, non è certo una maliarda, né tantomeno una donna che vuole "incastrare" Harry, ma inizia quella relazione solo per avere un po' di calore e si ritrova con un figlio inaspettato e alla fine, pur non chiedendo nulla, è felice di ricevere la proposta di matrimonio dall'uomo che ha accanto, ma non si pone mai il problema di quale vita conduca il padre di suo figlio.
Harry vive in un crinale pericoloso, incapace di fare un passo, schiacciato dal senso del dovere, che Lupino sottolinea perfettamente riprendendolo dal basso mentre cammina pensieroso a San Francisco, idealmente schiacciato dai grattacieli. Alla fine, pur amando indubbiamente entrambe le donne e volendo vedere felici entrambe, fa la cose più vigliacca possibile, lasciando parlare il suo avvocato con Eve per spiegarle ciò che è successo (e mentre la donna risponde al telefono, sul tavolino su cui è poggiato l'apparecchio spicca una cornice col volto di Harry sorridente). Jordan, sentito l'intero racconto, non può non chiosare con un eloquente "devo riconoscere che il suo era il progetto di un folle ma anche di un gentiluomo", "la disapprovo, ma la comprendo".
Il pragmatismo del giudice, invece, dopo aver affermato "ho la dolorosa sensazione che ormai lei le abbia perse entrambe", lo porta a ricordagli che da ora in poi dovrà mantenerle entrambe e che la lealtà non può salvarlo dall'evidenza di aver infranto le leggi morali.
Tra le tante stranezze per gli occhi di chi guarda il film oggi, inoltre, il ruolo dello stesso signor Jordan, un uomo con un gran senso del dovere, che la legge autorizza, senza alcun rispetto per la privacy, a fare cose oggi impensabili, indagando, facendo domande a chiunque, presentandosi in ufficio e in casa di Harry in due città diverse, senza alcun preavviso. Chi vuole adottare, di fatto, seguito e pedinato come un uomo che ha commesso reati e, significativamente, Jordan più volte si ritrova a spiegare di non essere un poliziotto. E persino la donna delle pulizie lo critica per i suoi sospetti, che reputa eccessivi, e invece, in fondo, in una storia fatta di errori umani, l'unico a non sbagliare è proprio lui, il più famoso Babbo Natale della storia del cinema...
Auguri a tutti da Il cinema secondo Begood!
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