E proprio il caso è l'indubbio protagonista dell'antefatto che avvia la trama della pellicola: a Mulhouse, all'estremità orientale della Francia, Martin (Arcadi Radeff), un giovane perito chimico, e sua madre si ritrovano un capolavoro nella casa acquistata anni prima in nuda proprietà (trailer).
Si tratta di un dipinto di Egon Schiele, I girasoli, realizzato nel 1914, ispirato all'opera dallo stesso soggetto di Vincent van Gogh, acquistato nel 1918 dal facoltoso ebreo Stephan Walberg, ma sparito nel 1939, quando questi si era disfatto della sua collezione per uscire dalla Germania, e considerato perduto o distrutto come molti dipinti finiti nelle mani dei nazisti. La fortuna del dipinto è che l'arte espressionista era ritenuta "degenerata" e spesso usata come come mancia dagli uomini del Terzo Reich per piccoli favori ricevuti da collaborazionisti di basso cabotaggio, come il novattontenne appena defunto ed ex proprietario di quella casa.
L'affare è nelle mani di André Masson (Alex Lutz), banditore della casa d'aste Scottie's, coadiuvato da Aurore, una stagista misteriosa, affascinante e molto bugiarda, e dalla sua ex moglie, Bertine (Léa Drucker), oggi sua amica e confidente, avvocata nello stesso campo. L'obiettivo, naturalmente, è venderlo al miglior offerente, riuscendo ad accontentare gli antichi proprietari, i Walberg, una ricca famiglia ebrea, il cui avo aveva rinunciato al dipinto per poter fuggire dalla Germania nazista, e gratificare Martin, che ha avuto la fortuna di ritrovarsi quel patrimonio in casa, ma che non vuole cambiare la propria vita per questo, né tantomeno tenersi un dipinto con una storia così cupa alle spalle.
Il quadro rubato, com'è naturale per una pellicola realizzata da uno sceneggiatore di chiara fama come Bonitzer, è un film con dialoghi sopraffini, con personaggi profondamente sfaccettati, che dichiarano o mostrano nei comportamenti la propria idea di senso della vita.
La pellicola inizia con una sequenza che genera gran disagio nello spettatore e che sa di prova del nove per la giovane stagista, che avrà spesso a che fare con le persone peggiori della società se vorrà continuare quella carriera. Lei e André infatti sono alle prese con un'anziana e ricca signora cieca, scorbutica e razzista, una donna insopportabile, vedova di un uomo che definisce "idiota" e "privo di gusto" e che li ha chiamati perché vuole vendere un dipinto pur di non lasciarlo alla figlia, che considera una "sgualdrina" che "frequenta solo uomini neri" (sic).
Aurore deve essere pronta a tutto per vendere, come le dice André nel peggiore dei modi, e lei non batte ciglio.
La sua obliquità, fatta di insicurezza, è un tratto caratteristico del personaggio, che usa la bugia in maniera sistematica come espediente per uscire dall'impasse, e così mente al capo, a suo padre e a chiunque altro con gran facilità, ma è in buona compagnia... Il suo odio per Andrè emerge chiaramente, e anche la reazione dell'uomo d'affari è apparentemente priva di emozioni: "in molti mi odiano, mi fa bene ai neuroni". Entrambi, però, sono anche altro al di sotto di quella scorza dura che si vede in superficie, e pian piano li scopriremo a fondo.
La spietatezza e gli intrighi del mondo del collezionismo, nel quale tutti sono pronti a sfruttare l'altro a proprio vantaggio, si contrapporranno alla semplicità della famiglia fortunata, e di un ragazzo che, pur venendo dal basso, e a ben guardare proprio per quello, preferisce non stravolgere la propria vita. Il suo personaggio, timido, spaurito, un vaso di coccio tra vasi di ferro, è affiancato dall'avvocata Suzanne Egerman (Louise Chevillotte), molto più smaliziata e ben inserita in quel mondo di sciacalli.
La trama, così, si aggroviglia tra relazioni umane, doppiogiochismi, colpi di scena.
La sceneggiatura sottolinea anche le diverse competenze di chi lavora nel campo dell'arte, facendo spiegare a Bertine come "l'esperto" sia un'autorità indipendente, il cui giudizio su un'opera è riconosciuto sulle basi dell'autorevolezza, mentre uno "specialista" è solo uno che lavora nel settore, dipendente di una società, com'è appunto Andrè.
La rassegnata lezione del padre di Aurore, convinto che nella vita "tutti fingono", chiama in causa non solo la figlia, ma anche la ex moglie che fingeva di amarlo e se stesso, che vive fingendo di avere i soldi di un tempo: non resta che "incassare, lasciare andare, ridimensionare, questa è la vita!" D'altro canto, Bertine invita a fare l'opposto, "non è mai troppo tardi per niente", quando chiede ad Aurore di rimanere per parlare e chiarire con Andrè... Vive la difference!
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