sabato 21 settembre 2024

Limonov (Serebrennikov 2024)

Limonov è la storia di un dissidente, di un sedicente eroe, romantico e anarchico ("dalla parte di chi non ha niente da perdere"), di un poeta, di un uomo attraverso il quale Kirill Serebrennikov - che ha ereditato il progetto dopo il rifiuto di Saverio Costanzo nel 2015 - ripercorre gli ultimi sessant'anni del suo paese, la Russia, tra regime comunista, Perestrojka e oligarchi. Lo fa adattando l'omonima biografia romanzata scritta da Emmanuel Carrère (2011, ed. it. 2012) e lo fa da regista ebreo, gay e di madre ucraina, una sorta di manifesto umano anti-Putin.
Il montaggio di Jurij Karich cerca di riprodurre la scansione temporale scelta dallo scrittore, così come ogni sequenza è accompagnata dalla letteraria voce off del protagonista, che riflette e analizza i fatti secondo l'introspezione psicologica attuata da Carrère, che nel film ha anche un cameo nei panni di un giornalista (trailer).
Ne risulta un insieme entropico che vede alternarsi parti visionarie, scene che diventano disegni come in uno storyboard, fino a rendere diegetiche anche grosse lettere che formano parole.
Eduard Veniaminovič Savenko (Ben Whishaw) è nato nel 1943 e sceglie come pseudonimo Limonov da limonka (=bomba a mano), come dice ad Anna (Maša Maškova), la fidanzata che lascia nel 1969, in un momento di svolta in cui abbandona anche il lavoro da operaio in miniera a Charkov, considerandolo, al pari della donna, un ostacolo per la sua attività di poeta.
Nel 1972, però, a Mosca rimarrà folgorato da Elena (Viktorija Mirošničenko), una modella fallita che riuscirà a conquistare anche con atti estremi - arriverà a tagliarsi le vene e a scrivere con il proprio sangue il nome dell'amata ai lati della sua porta -, con la quale trascorrerà lunghi periodi di amore e passione travolgenti. Con lei si trasferirà a New York, esiliato dall'Unione Sovietica, pensando di non essere da meno di poeti come Solženicyn e Brodskij, che non ama affatto: del primo pensa che sia totalmente sovietico anche se si professa un dissidente. Allo stesso modo, più avanti, disprezzerà il poeta Evtušenko, perché incapace di prendere posizioni nette.
La crisi sentimentale con Elena spingerà Eddie a sentirsi pronto ad accettare anche il tradimento pur di rimanere con lei, e poi la depressione che lo porterà a vivere in strada, a fare sesso con un barbone, riemergendo solo dopo anni, sbarcando il lunario lavorando come maggiordomo di un riccone ("sono un servo che interpreta la parte dello scrittore"). Infine la Francia e il ritorno in Russia, dove il suo estremismo lo condurrà anche in prigione per traffico d'armi, dopo la fondazione di un partito di spartani, giovani nazionalisti arrabbiati, dal violento ed eloquente slogan "o siete con noi o contro di noi".
La mdp lo segue in tutte le sue evoluzioni, lo riprende dall'alto, gli gira intorno, mentre lo schermo spesso si divide in uno split-screen che è cifra stilistica tipica degli anni '70 e quindi perfetto per raccontarli.
Le scene newyorchesi segnano l'approdo alla libertà e vengono contrassegnate da brani iconici come Sunday Morning dei Velvet Underground, dei quali già a Mosca Elena metteva sul piatto l'lp live Live at Max's Kansas City. È un'esplosione di vita e di colori, le manifestazioni contro la guerra in Vietnam, la popolazione hippy, queer di ogni tipo, Elena che parla di un servizio fotografico con Grace Jones, una delle icone dell'ambiguità sessuale di quegli anni.
Difficile a volte separare la realtà dalle fantasie di Eddie, che vede la sensualità di Elena anche mentre scrive e la immagina col suo sguardo eccitante avanzare verso la macchina da scrivere usando la lingua tra i martelletti delle lettere. Anche dopo anni dalla separazione, la vedrà al suo fianco e ci parlerà come se fosse davvero lì con lui, ed è la mdp che da soggettiva si fa oggettiva e ce lo rivela riprendendolo dall'esterno di un locale...
E poi c'è spazio ancora per la voce di Lou Reed, che stavolta ascoltiamo da solista in Walk on the Wild Side, quando Limonov entra in una lavanderia a gettoni e gli altri avventori partecipano attivamente in una sorta di sequenza stile musical, così come appena fuori, le note finali del brano vengono suonate dalla tromba di un artista di strada.
Molto bella la sequenza che vede trascorrere gli anni attraverso monitor, poster, schermi cinematografici che li raccontano attraverso eventi identitari: Eddie entra in un cinema porno e, una volta dentro, "scorrono" gli anni '80 attraverso Ronald Reagan presidente degli Stati Uniti al fianco della moglie Nancy (1980), il matrimonio di Carlo e Diana (1981), la rielezione di Margareth Thatcher (1983), la morte di Indira Gandhi (1984), fino al bacio di Leonid Breznev ed Erich Honecker del 1979 immortalato nel murale di Dmitri Vrubel l'anno dopo la caduta del muro di Berlino (1990).
Limonov vive di continue contraddizioni. È per la rivoluzione violenta, pronto a imbracciare il fucile, almeno a parole, ma poi nel momento più cupo della sua relazione con Elena, si ritrova a pregare davanti a un altarino casalingo con le foto di lei e a difendere il suo matrimonio perché in piena tradizione cristiano-ortodossa, in chiesa e con le icone. È contro l'Unione Sovietica, ma come con una mamma, a parlarne male deve essere lui, perché quando lo faranno gli altri difenderà persino Stalin, "senza Stalin parlereste tutti tedesco!", così come quando gli diranno che l'URSS è un casino, la sua risposta sarà che "nel casino ci si diverte sempre".
Nella casa del ricco Stephens, a Manhattan, gli ospiti sono intellettuali che affrontano discorsi che vanno dal cinema di Andrej Tarkovskij all'action painting di Jackson Pollock, mentre il sogno di Eddie, a quel punto, è quello di sparare a qualche uomo ricco e potente come viatico per la sua futura fama di scrittore.
Il cinema con la C maiuscola, peraltro, viene citato da un editore che, dopo aver letto un romanzo che Eddie vorrebbe pubblicare, lo accosta al Travis Bickle di Taxi Driver (Scorsese 1976) - come sembra fare anche la locandina del film -, ma per contrasto: così come il personaggio interpretato da De Niro voleva uccidere la feccia della società, lui vuole che quella feccia uccida i potenti.
Ed è un momento che dà i brividi quando la voce off recita il "They will come", parte del Diary of a loser di Limonov, in cui elenca le categorie di sconfitti, minatori, contadini, senzatetto, soldati, studenti, che prima o poi "verranno" per imbracciare il fucile e fare la vera rivoluzione... una frase che fa il paio con quello che dirà anni dopo a Parigi a un'intervistatrice francese (Sandrine Bonnaire): "i lavoratori sono i cornuti della storia... vengono sempre traditi". 
Limonov è un'elegia del fallimento, in cui la comprensione della realtà non porta ad altro se non all'autodistruzione e a un pessimismo totale, fatto di rabbia e violenza: "fanculo al vostro mondo, dove non c'è posto per me".

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