venerdì 25 gennaio 2019

Gli uccelli (Hitchcock 1963)

Un thriller che sconfina nell'horror, partendo da una commedia rosa, uno strano mix di partenza per uno dei capolavori assoluti della storia del cinema.
Come in Psycho (1960), di soli tre anni prima, la protagonista de Gli uccelli è una bella ragazza che si allontana dalla città per raggiungere un luogo isolato: stavolta a spingerla non è la fuga con un bottino, ma la voglia di conoscere, flirtare con un avvocato molto sicuro di sé che l'ha irrisa in un negozio di animali; il finale più aperto della filmografia hitchcockiana, infine, privo persino della scritta The End, vede un'automobile sparire all'orizzonte su una strada costiera, così come in Psycho un'automobile riemergeva dall'acqua, e chissà che anche questa volta l'auto non finisca in mare...

Alfred Hitchcock trae la storia dall'omonimo breve romanzo del 1953 di Daphne du Maurier, autrice di cui oltre vent'anni prima aveva messo in scena prima La taverna alla Giamaica (1939) e poi, soprattutto, un altro capolavoro, Rebecca, la prima moglie (1940), ennesimo caso in cui adatta per il grande schermo un racconto poco noto ai più, scelta programmatica che gli consente una certa libertà rispetto allo spettatore, altrimenti troppo condizionato da quanto già letto.
Melanie Daniels (Tippi Hedren) è la ricca figlia del proprietario di un influente quotidiano di San Francisco e, mentre è in un negozio di animali, uno sconosciuto, Mitch Brenner (Rod Taylor), che però la conosce bene, finge di confonderla con una commessa.
Rivelato l'inganno, nella ragazza, poco abituata ad essere giocata con tanta facilità, scatta la molla della vendetta e, dopo una rapida ricerca, riesce a conoscere il nome di Mitch e gli porta una coppia di pappagallini inseparabili (lovebirds in inglese), obiettivo della sua visita al negozio. Non trovandolo a casa, scopre grazie ad un vicino che nel finesettimana di solito si reca nel piccolo centro sul mare di Bodega Bay, cento chilometri a nord di San Francisco. Melanie parte per la cittadina e lì inizia un continuo gioco di seduzione tra i due, che coinvolgerà anche gli altri personaggi principali: la sorella minore di Mitch, Cathy (Veronica Cartwright), cui sono destinati i pappagallini come regalo di compleanno; Lydia (Jessica Tandy), la madre di Mitch, vedova da alcuni anni e terrorizzata dall'eventualità di essere abbandonata dal figlio, con cui è molto possessiva; Annie Hayworth (Suzanne Pleshette), ex fidanzata e ora amica di Mitch, nonché insegnante nella scuola del villaggio.
Questa cornice narrativa sembrerebbe quella di una commedia hollywoodiana di scarso interesse, ma a fare da contrappunto a questo prevedibile schema interviene uno dei più inimmaginabili imprevisti: gli uccelli di Bodega Bay si comportano in maniera strana, un gabbiano colpisce Melanie volando in picchiata, un altro si schianta contro la porta di Annie, altri volano basso durante la festicciola di compleanno di Cathy. Non sembra esserci una spiegazione a tutto questo ma, come dice Mitch, "non basta che stia succedendo?", indubbiamente le parole che meglio di tutte illustrano il macguffin hitchcockiano, che funziona in maniera sopraffina, colpendo lo spettatore come sempre. In sala, ancora oggi, la tensione è forte, così come lo è il fastidio per alcune sequenze che non consentono di tenere gli occhi fissi allo schermo, fosse solo per dover evitare il contatto visivo con alcuni volatili che, occupando l'interno schermo cinematografico, sembrano scagliarsi a tutta velocità contro chi guarda.

Uno dei momenti in cui gli uccelli
si scagliano contro lo spettatore
Tanti i dettagli su cui vale la pena porre l'attenzione, a partire, naturalmente, dal consueto e immancabile cameo del regista britannico, che esce dal negozio di animali in cui è ambientata la sequenza iniziale i suoi due amatissimi esemplari di West highland white terrier al guinzaglio. Anche Melanie esce dalla stessa porta poco dopo per seguire Mitch, ma riesce a vedere solo la sua Ford Galaxie targata WJH003, mentre, per rimanere in tema di automobile, lei arriverà a Bodega Bay su una Aston Martin DB2/4 Drop Head Coupe, che è diventata uno dei principali simboli della pellicola al pari del bel tailleur verde indossato dall'attrice e che, data la trama del film, la caratterizza per quasi l'intera durata della storia, fatta eccezione per la scena iniziale in cui ha un bellissimo abito nero e per quella nel salotto di Annie Hayworth in cui conversa con grande classe in semplice camicia da notte.
Proprio all'interno dell'auto, Hitchcock riprende un particolare che fa sorridere lo spettatore, degno di una commedia di Howard Hawks, con i pappagallini in gabbia che seguono il movimento della vettura e l'andamento delle curve.
Melanie è una delle tante bionde sofisticate tipiche dell'immaginario hitchcockiano, ma le sue acconciature con lo chignon la apparentano ovviamente alla Madeleine interpretata da Kim Novak in Vertigo (1958). E la mente va subito ad un altro film del maestro del brivido quando durante uno degli attacchi una delle bambine deve rinunciare ai propri occhiali infranti sull'asfalto... come non pensare a quelli rotti a terra in Delitto per delitto (1951)?
A casa di Annie, dove Melanie passa la prima notte, vicino al giradischi si vede la copertina del Tristano e Isotta di Wagner, non proprio un caso che si faccia riferimento ad una celebre storia d'amore letteraria e musicale mentre le due ragazze dialogano di Mitch.
I primi segnali sugli strani comportamenti degli uccelli del circondario si hanno mentre Melanie e Mitch flirtano a Bodega Bay: lei sta tornando in barca verso il porticciolo, mentre lui l'ha già raggiunto e la sta aspettando osservandola col binocolo: all'interno dell'inquadratura si iniziano a vedere dei gabbiani volare basso e, non a caso, Melanie viene colpita da uno di essi che scende in picchiata fino alla sua fronte.
Il passo successivo è a casa di Mitch, dove la madre chiama il negoziante che le ha venduto il mangime per le galline, che sembrano rifiutare di nutrirsi. La sera da Annie, il dialogo tra lei e Melanie viene interrotto dal forte rumore di un gabbiano schiantatosi sulla porta d'ingresso, e l'ipotesi che si sia perso non sembra percorribile, quella sera c'è una luminosa luna piena.
Dan Fawcett trovato morto da Lydia
Il giorno dopo gli uccelli si abbatteranno contro le persone durante il compleanno festeggiato all'aperto da Cathy e dai suoi amici, mentre la sera uno stormo di passeri entrerà in salotto, passando addirittura dal camino e riempendo la stanza dove i Brenner e Melanie stanno prendendo il tè. L'escalation proseguirà con la morte del contadino Dan Fawcett da cui si reca Lydia trovandolo senza vita e senza occhi, un dettaglio macabro davvero anticipatore del realismo e dell'horror splatter dei decenni seguenti, ma soprattutto con gli attacchi ai bambini fuori dalla scuola e quello al centro di Bodega Bay, fino ai superstiti protagonisti che si barricano in casa sprangando finestre ed aperture varie.
Hitchcock lavorò, per i tempi, con effetti all'avanguardia, utilizzando persino uccelli meccanici per diverse sequenze, e sfruttò come non mai all'epoca il fattore pubblicitario, girando più trailer, di cui uno con se stesso sul set che parla al pubblico come nelle introduzioni delle puntate della fortunata serie Alfred Hitchcock presents (vedi 1, 2).
Jessica Tandy è fantastica. Le bastano uno sguardo o un'espressione per dimostrare tutto il suo disappunto. Questo, però, non le impedisce di sottolineare al figlio quanto sa di Melanie, sulla quale le notizie scandalistiche raccontano di bagni nelle fontane di Roma, un dettaglio che Melanie, con la sua spiccata personalità, cavalca di fronte ai sospetti di Mitch, in un divertente dialogo serrato che si chiude con il suo ironico: "voglio poter vivere saltando nuda nelle fontane".
Tippi Hedren - che prese qui il nome dato alla figlia, Melanie Griffith - gioca a fare la Audrey Hepburn bionda e le riesce con successo: è perfetta nei panni della donna hitchcockiana, bella, ricca, fredda a prima vista, ma improvvisamente e insospettatamente passionale. Del suo avvicinamento a Mitch, però, Hitchcock non ci dice nulla: si diverte molto a raccontarci la fase delle prime schermaglie ma poi, complice anche l'evoluzione della storia, vediamo i due scambiarsi baci come fossero già una coppia... sappiamo però, ancora dalla sua intervista a Truffaut, che aveva girato una scena  di questo tipo, in cui i due, prima di baciarsi, ipotizzavano i possibili motivi dello strano comportamento degli uccelli e immaginavano un passero a capo della rivolta che diceva a tutti "uccelli di tutto il mondo unitevi. Non avete nient'altro da perdere che le vostre piume".
Va ricordato, rispetto alla scelta ricaduta su Nathalie Kay, in arte "Tippi" , che il regista aveva perso la sua attrice preferita - Grace Kelly nel 1956 si era sposata con Ranieri di Monaco e aveva dovuto abbandonare le scene -, e era una splendida modella notata in uno spot per la bevanda dietetica Sego.
La regia, come sempre nei grandi capolavori del maestro del brivido, è un manuale di cinema proiettato sullo schermo. Hitchcock realizza una serie di sequenze indimenticabili costruite alla perfezione. Si pensi all'intera scena del negozio in cui Mitch finge di scambiare Melanie per una commessa e questa che sta al gioco pensando di essere lei a fare uno scherzo al suo "cliente": tutto è girato con la leggerezza di una commedia, ma i giochi di sguardi e le battute della sceneggiatura permettono allo spettatore di flirtare insieme ai due protagonisti. È subito particolarmente evidente, infatti, che le parole di Mitch sull'uccellino nella gabbia dorata siano un malcelato riferimento alla vita della bella, ricca e viziata Melanie, di cui però non sapremo mai granché...
Nella sequenza fuori dalla scuola Hitchcock dimostra tutta la sua capacità di generare tensione. Melanie arriva da una strada in discesa, l'edificio in altura non può non far pensare alla casa di Norman Bates in Psycho, all'interno della quale, peraltro, erano (profeticamente) appese alle pareti diverse immagini di uccelli... La ragazza si siede su una panchina, in attesa che Annie finisca di fare lezione ai bambini, e pian piano, dietro di lei, i corvi iniziano a posarsi sulla struttura che serve per far arrampicare i bambini. La mdp riprende i pochi corvi iniziali, stacca su Melanie e poi, a più riprese, torna sullo spazio alle spalle della ragazza che, senza che questa se ne accorga, si riempie di uccelli. È il tipico meccanismo della suspense in Hitchcock: il pubblico sa prima del personaggio che questo sta correndo un pericolo, generando una forte empatia dello spettatore nei confronti di chi è sullo schermo. Il disagio di chi guarda è amplificato dalla musica: i bambini stanno cantando una filastrocca... quante volte il cinema horror da qui in poi userà le canzoni dei bambini per generare terrore (si pensi ad esempio a quanto sia significativo l'uso che ne fa Wes Craven nel primo Nightmare. Dal profondo della notte - 1984).
Quella canzone, Risseldy Rosseldy versione statunitense di una tradizionale scozzese, Wee Cooper O’Fife (leggi), è l'unica del film, che oltre a questa prevede solo qualche nota che Melanie suona con il pianoforte a casa dei Brenner. L'intera colonna sonora, infatti, è costruita sul silenzio, un silenzio strutturato ad arte da Remi Gassmann e Oskar Sala, limitato ai rumori, ai versi e al battito delle ali degli uccelli, trattati però come una vera partitura, supervisionata direttamente da Bernard Herrmann.
C'è, infine, ancora tanto Alfred Hitchcock nella sequenza ambientata nel centro di Bodega Bay. Ormai Melanie e Mitch sono certi che non siano più delle casualità gli attacchi degli uccelli, anche se non sanno spiegarsi il perché, ed è a questo punto che la sceneggiatura prevede l'ingresso di una specialistica, un'appassionata ornitologa che entra nel bar proprio in quel momento (Hitchcock ha più volte dichiarato di non essere interessato alla verosimiglianza e ben vengano, in nome del ritmo della trama, soluzioni adatte come questa). L'ornitologa, infatti, è scettica e smentisce ogni sospetto degli astanti che reputa dei mitomani: la sua ostentata certezza, però, crollerà quando vedrà con i suoi occhi di cosa sono capaci gli uccelli in quei giorni a Bodega Bay... e le buffe profezie dell'ubriacone nel bar, che cita Ezechiele e la fine del mondo, diventano improvvisamente le frasi più assennate pronunciate lì dentro.
Ha la stessa funzione di distanza dal problema, di sottovalutazione della tragedia, anche l'atteggiamento della polizia, che minimizza quanto sta accadendo, così come accadrà fino a poco prima della fine, quando persino i giornali radio citano l'inspiegabile attacco degli uccelli nella cittadina californiana liquidandolo in pochi secondi. Hitchcock ha spesso lavorato sull'identificazione dello spettatore con il colpevole in realtà innocente, motivo ossessivamente ripetuto nelle sue pellicole: in questo caso un accusato non c'è e lo sostituisce comunque il senso di impotenza di chi si trova braccato da animali che nessuno potrebbe mai considerare pericolosi. Il processo psicologico è lo stesso... l'uomo incompreso rischia la vita anche perché chi gli è attorno non crede a quello che sta capitando.
L'incendio regala un altro splendido momento di suspense hitchcokiana con l'uomo che si accende una sigaretta mentre tutte le persone dal ristorante gli urlano inutilmente di non gettare a terra il cerino. Come sempre il personaggio non sa quello che spettatore e, in questo caso, gli altri personaggi sanno: una fuoriuscita di benzina ha raggiunto i suoi piedi e le conseguenze sono devastanti.
La concitazione di quei momenti è paragonabile a quella di un film catastrofico anni '70 e Melanie trova riparo in una cabina telefonica che diventa, ancora più della casa o del ristorante, lo spazio più angusto in cui rintanarsi, segno che ormai le gabbie siano necessarie agli uomini e che il rapporto con gli uccelli si è completamente ribaltato in favore dei secondi.
La ripresa dall'alto con Bodega Bay in fiamme è uno dei momenti cult, una vera veduta a volo d'uccello - mai come questa volta è il caso di usare quest'espressione -, in una soggettiva dalla parte dei veri protagonisti del film. Quegli uccelli comuni che furono il principale elemento di fascinazione per Hitchcock durante la lettura del racconto di Daphne du Maurier e, come disse a Truffaut nel famoso libro-intervista Il cinema secondo Hitchcock, "non avrei girato il film se si fosse trattato di avvoltoi o uccelli da preda". A noi, quindi, non resta che ringraziare che in quel libro non si parlasse di alcun rapace...

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