sabato 23 agosto 2014

La legge del mitra (Corman 1958)

Altro titolo che non rende giustizia al più evocativo originale Machine Gun Kelly, che invece riportava il soprannome del protagonista George Kelly, appunto, un gangster realmente vissuto nell'epoca del proibizionisimo, che qui viene interpretato da un giovane Charles Bronson.
Il grande attore americano, con il volto duro e segnato, che lo renderà una maschera del cinema americano negli anni seguenti, a questa data, però, pur avendo esordito solo sette anni prima, aveva all'attivo già poco meno di trenta film...
Corman, in soli otto giorni, realizza ancora un film low budget in questo suo primo periodo, che si chiuderà solo con I vivi e i morti (1960), che segnerà l'inizio dell'avventura Poe.

Leggi la trama:
George Kelly compie una rapina in banca e, una volta messo al sicuro il denaro, raggiunge una casa-rifugio con la fidanzata Flo (Susan Cabot). Qui ritrovano anche Harry (Frank DeKova), un benzinaio che in passato è stato cacciatore in Africa, da dove proviene il puma che tiene chiuso in una gabbia lì nei pressi.
Dopo un secondo colpo in banca, stavolta fallimentare, la banda, costituita anche da Michael Fandango (Morey Amsterdam), Howard (Jack Lambert) e Maize, decide di rapire Sherryl Vito (Lori Martin) e la sua governante, Lynn Gryson (Barboura Morris), per chiedere un grosso riscatto al padre, Andrew (Robert Griffin), ricco dirigente di un'acciaieria.
I rapporti di forza tra i membri della banda, il mancato coraggio di Machine Gun Kelly e il tradimento di uno dei componenti della banda faranno tramontare anche quest'altro colpo.
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Come nei casi precedenti, la pellicola ha una trama essenziale, luoghi d'azione ridotti all'osso e diverse scene girate in "effetto notte", per evidenti motivi d'economia, caratteristiche tipiche di un B-movie, ma il livello, rispetto ai precedenti film di Roger Corman, è sensibilmente più alto, soprattutto per l'approfondimento degli aspetti psicologici e, forse, anche perché un film di gangster non necessita degli effetti speciali come invece quelli di fantascienza e horror realizzati in passato dal regista statunitense.
Corman, tra l'altro, come suo solito, riesce con ingegno a trasformare la mancanza di soldi in una virtù: un esempio perfetto è una delle scene iniziali, in cui vediamo  avvicinarsi all'ingresso di una banca un'automobile, da cui scendono solo i rapinatori, la mdp non li segue, rimanendo fissa sul portone, un escamotage che riduce i tempi e soprattutto i costi, ma non fa perdere ritmo alla storia e, per di più, crea anche della suspense nell'attesa di ciò che sta accadendo all'interno dell'istituto di credito.
Il grande tema del film, però, è l'analisi psicologica del protagonista: apparentemente un duro, ma in realtà molto fragile. L'abusato topos dell'uomo forte, alla base di tanti western e noir, viene qui ribaltato dalla figura di un uomo che è pronto a dare in pasto ad un puma i suoi rivali, ma che suda freddo se vede una bara, un gatto nero o un tatuaggio con teschio e tibie incrociate.
George viene anche  preso in giro da chi gli sta intorno: lo fa Howard che propone come suo soprannome il suono del mitra - di fatto una pernacchia - al posto del lungo Machine Gun Kelly; lo fa la madre di Flo, tenutaria di un bordello, che gli dà del buono a nulla. Persino la stessa fidanzata, l'unica a sapere delle sue debolezze, gli urla in faccia che non è un uomo, aprendo un squarcio d'ambiguità anche sulla sessualità di George, con un tema, quello dell'omosessualità velata, che nello stesso anno caratterizzava un capolavoro di un altro regista del New American Cinema come Arthur Penn (Furia selvaggia, 1958).
E Sarà proprio Flo, quando lo vedrà tirarsi indietro per mancanza di coraggio, ad imbracciare il mitra, in una sorta di prefigurazione della fantastica mamma Baker interpretata da Shelley Winters nel bellissimo Il clan dei Barker (Corman 1970).
La conferma che la pellicola è considerata un cult soprattutto negli Stati Uniti arriva da autori come Martin Scorsese e Quentin Tarantino: il primo lo cita con il leone tenuto in gabbia in Mean Streets (1973); il secondo inserisce la locandina di Machine Gun Kelly nel mitico Jack Rabbit Slim's, in cui Mia Wallace e Vincent Vega partecipano alla gara di ballo...

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