lunedì 22 luglio 2024

La sala professori (Çatak 2023)

Gran bel film quello di İlker Çatak, che ha girato quello che può essere definito un thriller etico e filosofico, che parla di relativismo e ambiguità della giustizia, partendo da un ambito scolastico che è sineddoche dell'intera società.
Presentata al Festival di Berlino e candidata per la Germania all'Oscar per il 2024, la pellicola è davvero un meccanismo a orologeria, psicologico e ansiogeno, in cui lo svelamento della relatività della giustizia non abbandona lo spettatore nemmeno una volta uscito dal cinema (trailer).
Per quasi tutta la durata della storia, la colonna sonora di Marvin Miller, con il suo scandito rintocco, una goccia che scava il marmo (tema principale), ci accompagna per i claustrofobici ambienti di una scuola, quella in cui insegna Karla Nowak (Leonie Benesch), la giovane professoressa di matematica ed educazione fisica arrivata da qualche mese come supplente e che si mostra diversa da tutti gli altri colleghi, per etica professionale e metodologia di insegnamento. Lavora sempre per il bene comune della sua classe, senza privilegiare nessuno dei suoi componenti, dà molto ai ragazzi e chiede loro altrettanto, spesso anche oltre quanto richiesto solitamente alla loro età. 
La preside, Bettina Böhm (Anne-Kathrin Gummich), ripete spesso che la scuola che dirige è a tolleranza zero sull'etica degli studenti, e il fatto che da qualche tempo si verifichino dei furti, le sta togliendo alcune certezze a riguardo.
Come in ogni comunità, c'è chi è pronto a tutto pur di punire il colpevole, come il professor Thomas Liebenwerda (Michael Klammer), sostenuto da Vanessa König (Sarah Bauerett), che spingono i rappresentanti degli studenti a fare i nomi dei compagni di classe sospettati di aver rubato; chi, come la preside vuole fare chiarezza senza esagerare nel giustizialismo; chi, come Karla, vorrebbe garantire a tutti, soprattutto ai ragazzi e ai suoi allievi, l'innocenza fino a prova contraria. Di fatto nella scuola si mette in scena la consueta opposizione tra chi educa per dominare e chi educa per liberare, come è stato ben sottolineato da Christian Raimo qualche mese fa (leggi).
L'atmosfera generatasi nella scuola porta a dubitare di fronte ad ogni minimo dubbio e, in questo stato di cose, i preconcetti trovano terreno fertile e le accuse si riversano rapidamente nei confronti di uno studente turco, Alì (Can Rodenbostel), con conseguente convocazione dei genitori (o stesso Çatak è nato nel 1984 a Berlino da emigranti turchi). Poi, però, i dubbi si concentrano principalmente su una delle dipendenti della scuola, Friederike Kuhn (Eva Löbau), accusata proprio da Karla che, in maniera del tutto imprevedibile, si ritroverà per questo in un'assurda situazione fuori dal suo controllo. Come se non bastasse, peraltro, uno dei suoi migliori allievi, Oskar (Leonard Stettnisch), è proprio il figlio della donna, e in breve tempo la protagonista sarà messa in cattiva luce con i ragazzi, con i loro genitori e con i suoi colleghi, in un crescendo che, ad ogni passo, la attanaglierà sempre di più. 
D'altronde Karla, come tutte le persone che si mostrano integerrime, non attira la simpatia dei colleghi. È spigolosa, non cede mai alle consuetudini del luogo, è considerata particolarmente polemica perché non asseconda mai nessuna opinione se non la condivide appieno. La sua estrema correttezza la porta persino a evitare di parlare polacco con un collega che ha le sue stesse origini per rispetto degli altri. E con gli studenti si mostra esigente come lo è con se stessa: ogni decisione deve essere condivisa e non svantaggiare nessuno; la fiducia deve essere ricambiata; l'impegno non deve mai mancare. Solo così, chiedere a ragazzi di dodici anni se c'è un numero tra lo 0,9 periodico e l'1 o fare preparare loro una relazione sulla scoperta taletiana dell'eclissi all'origine della spiegazione dei fenomeni naturali priva di connessioni col divino, non risulta un problema insormontabile, come lo sarebbe per molti genitori, sconvolti infatti dalla difficoltà dei compiti dati dall'insegnante.
Eppure è proprio Karla che, per capire chi sia il ladro all'interno della scuola, lascia la propria giacca incustodita come esca sotto la camera del proprio pc...
Scoprirà, così, che tutto questo non basta a non finire nei guai, perché gestire e insegnare è cosa ardua, ma farlo con gli adulti, tanto più utilizzando gli stessi metodi, non funziona affatto, poiché gli adulti negano l'evidenza, si mostrano profondamente egoisti, sono più vendicativi e molto meno disposti al confronto.
I ragazzi, invece, hanno una chiave che un bravo insegnante sa trovare pur di comunicare con loro, anche quando a casa nessuno glielo ha ancora mai insegnato. E così, nel caso di Oskar, che eccelle in matematica, può esserlo il regalo del cubo di Rubik da risolvere attraverso i suoi algoritmi.
I momenti di scontro e di mancanza di controllo non cambiano l'assioma della preside, che proprio a Karla, preoccupata per Oskar, dice "il ragazzo è lucidissimo, sa fare 2+2, siamo noi in realtà a essere confusi". Quella lucidità diventerà anche violenta e vendicativa, segno di una crescita accelerata del ragazzo, ma Karla resterà sempre dalla sua parte.
Se la scuola sta per la società tutta, il giornalino d'istituto rappresenta il giornalismo ed è facile riconoscervi le sue aberrazioni, quando al posto della ricerca della verità, nonostante i proclami, la redazione scolastica scivola rapidamente nel sensazionalismo, quando Karla in un'intervista si rifiuta di affrontare alcuni argomenti, perché ancora incerti, e ai "giornalisti" appare giusto fare le stesse domande alla parte avversa, aumentando clamorosamente l'ingiustizia, la confusione e la disinformazione sul caso su cui invece vorrebbero far chiarezza.
İlker Çatak incolla lo spettatore alla poltrona e, hitchcockianamente, riesce a farlo entrare in totale empatia con Karla, condividendo lo stesso disagio e la stessa sensazione di ingiustizia. Musica, sceneggiatura, recitazione della bravissima Benesch e inquadrature contribuiscono a tutto ciò. Tra queste si noti la scena in cui la stessa Karla lascia la stanza attigua alla grande vetrata che dà sulla palestra, le cui righe sembrano rinchiudere i ragazzi nella palestra e i professori nella sala che dà il titolo al film, in una netta separazione quantomai significativa. Tra le immagini più belle, però, resta quella che chiude la pellicola: iconograficamente connessa a un trionfo, per giunta nordico, è in realtà l'esatto opposto.
La sala professori è una pellicola imperdibile per tutti, data la sua intrinseca capacità di mettere a nudo le contraddizioni della nostra società, ma che genitori e insegnanti a contatto con gli adolescenti dovrebbero vedere ancor di più per le domande che pone sulla vita scolastica e sul rapporto tra adulti e ragazzi.

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