Il film che Danny Boyle ha dedicato alla figura di Steve Jobs, fondatore della Apple e suo amministratore delegato fino al 2011, è qualcosa di molto strano.
Pur se adattamento della biografia di Walter Isaacson, la pellicola non racconta la sua vita, come ci si aspetterebbe dal titolo onomastico, forse anche perché già fatto due anni prima con Jobs (Stern 2013), ma focalizza l'attenzione sul personaggio attraverso tre conferenze, quelle che da Steve erano interpretate come degli spettacoli in cui appariva come unica star insieme ai suoi prodotti.
Si parte dal 1984 a Cupertino, quando il famoso informatico-inventore (Michael Fassbender) sta per presentare il primo personal computer Macintosh e, nella trance da prestazione, anche una camicia con il taschino, ideale per tenere il floppy disk da sfoderare teatralmente al momento giusto, può essere un'esigenza fondamentale. A seguirlo nei suoi capricci e nelle sue idee c'è Joanna (Kate Winslet), il suo braccio destro, che lo accompagnerà anche quando sarà licenziato per le basse vendite e passerà alla NeXt.
Anche nella nuova compagnia, però, vivrà un'esperienza negativa, segnata dalla seconda conferenza narrata nel film, cosicché nel 1998 tornerà alla Apple, con il trionfo dell'iMac, il cui retro colorato e trasparente gli permette di dire che, pur se i suoi acquirenti non potranno aprirlo, almeno potranno guardarlo all'interno... è l'inizio del successo.
Le convinzioni granitiche di Steve non si incrinano mai: il pc deve distinguersi ed essere incompatibile con tutti gli altri sistemi, non implementabile, e nemmeno chi lo acquista può aprirlo, appunto. Significativa in tal senso, la discussione con John Sculley (Jeff Daniels), in cui Jobs ammette che il suo spasmodico bisogno di controllo dipende dall'abbandono dei suoi genitori naturali.
Le sue rigidità lavorative si accordano, peraltro, con la sua vita privata: duro con gli amici e colleghi Hertzfeld (Michael Stuhlbarg) e Wozniak (Seth Rogen), che considera dei musicisti al servizio del direttore d'orchestra - ovviamente se stesso -, lo è anche con la sua ex, Chrisann Brennan (Katherine Waterston), da cui ha avuto Lisa, la bimba che non ha riconosciuto come figlia, ma che sembra fare breccia in lui solo quando si avvicina al suo lavoro o al suo modo di pensare... non a caso la ragazza dovrà aspettare i 19 anni per vedere il padre ammettere di aver dato il suo nome ad un computer e di aver conservato il disegno fatto con uno dei suoi apparecchi quando era solo una bambina.
Il film è sostenuto dalle ottime interpretazioni di Fassbender e Winslet (entrambi nominati agli Oscar) che, dato l'impianto teatrale della pellicola, non è poco, ma il cinema sembra decisamente assente. Assenza di una storia, regia pressoché anonima, sceneggiatura senza acuti, se non uno, quando Steve, autoincensandosi, replica a Joanna "Dio ha mandato suo figlio in missione suicida ma ci è simpatico lo stesso perché ha inventato gli alberi".
Steve Jobs resta un progetto poco cinematografico che, inserito nella filmografia di Danny Boyle, non cambia l'idea già fornita dal suo lavoro che, pur vincendo un Oscar molto generoso con The Millionaire (2008), non era andato oltre i buoni livelli raggiunti a metà degli anni novanta con Piccoli omicidi tra amici (1994) e Trainspotting (1996).
Si parte dal 1984 a Cupertino, quando il famoso informatico-inventore (Michael Fassbender) sta per presentare il primo personal computer Macintosh e, nella trance da prestazione, anche una camicia con il taschino, ideale per tenere il floppy disk da sfoderare teatralmente al momento giusto, può essere un'esigenza fondamentale. A seguirlo nei suoi capricci e nelle sue idee c'è Joanna (Kate Winslet), il suo braccio destro, che lo accompagnerà anche quando sarà licenziato per le basse vendite e passerà alla NeXt.
Anche nella nuova compagnia, però, vivrà un'esperienza negativa, segnata dalla seconda conferenza narrata nel film, cosicché nel 1998 tornerà alla Apple, con il trionfo dell'iMac, il cui retro colorato e trasparente gli permette di dire che, pur se i suoi acquirenti non potranno aprirlo, almeno potranno guardarlo all'interno... è l'inizio del successo.
Le convinzioni granitiche di Steve non si incrinano mai: il pc deve distinguersi ed essere incompatibile con tutti gli altri sistemi, non implementabile, e nemmeno chi lo acquista può aprirlo, appunto. Significativa in tal senso, la discussione con John Sculley (Jeff Daniels), in cui Jobs ammette che il suo spasmodico bisogno di controllo dipende dall'abbandono dei suoi genitori naturali.
Le sue rigidità lavorative si accordano, peraltro, con la sua vita privata: duro con gli amici e colleghi Hertzfeld (Michael Stuhlbarg) e Wozniak (Seth Rogen), che considera dei musicisti al servizio del direttore d'orchestra - ovviamente se stesso -, lo è anche con la sua ex, Chrisann Brennan (Katherine Waterston), da cui ha avuto Lisa, la bimba che non ha riconosciuto come figlia, ma che sembra fare breccia in lui solo quando si avvicina al suo lavoro o al suo modo di pensare... non a caso la ragazza dovrà aspettare i 19 anni per vedere il padre ammettere di aver dato il suo nome ad un computer e di aver conservato il disegno fatto con uno dei suoi apparecchi quando era solo una bambina.
La vera Joanna Hoffman e Kate Winslet nel film |
Steve Jobs resta un progetto poco cinematografico che, inserito nella filmografia di Danny Boyle, non cambia l'idea già fornita dal suo lavoro che, pur vincendo un Oscar molto generoso con The Millionaire (2008), non era andato oltre i buoni livelli raggiunti a metà degli anni novanta con Piccoli omicidi tra amici (1994) e Trainspotting (1996).
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