venerdì 7 giugno 2024

Marcello mio (Honoré 2024)

Christophe Honoré, o meglio Chiara Mastroianni.
Difficile guardare il film del regista francese senza pensare esclusivamente all'attrice che lo interpreta, poiché la pellicola è una vera e propria forma di terapia di Chiara per la perdita dell'ingombrante padre, Marcello, a cui ovviamente rimanda il titolo. Per lo spettatore, invece, la sensazione di aver assistito con voyeurismo a una seduta di terapia altrui, con tanta cinefilia.
L'intera storia è un continuo rimando a ruoli e momenti della carriera di Marcello Mastroianni, a partire dalla primissima sequenza che mostra Chiara attrice - a cui viene chiesto di essere "meno Deneuve e più Mastroianni" - come Anita Ekberg, in piedi all'interno della fontana parigina di Place Saint-Sulpice, nota anche come dei Quatre Points Cardinaux. La Fontana di Trevi, in una sorta di chiusura del cerchio, arriverà molto più avanti nel film, con Chiara stavolta nei panni del padre, che, come faceva lui ne La dolce vita (Fellini 1960), entra nella grande vasca (trailer).

E l'ossessiva ricerca di ottenere l'aspetto di Marcello caratterizza gran parte delle sequenze e prende avvio da Chiara che, dopo aver significativamente letto L'immortale (Catherynne M. Valente 2023), davanti allo specchio sogna di diventare suo padre e al risveglio decide di mettere in atto la trasformazione.
La straordinaria somiglianza tra i due permette un'operazione di trasformismo a tratti impressionante che lascia esterrefatti. L'operazione, però, non si limita a questo, poiché l'intera trama si fonde con la vita reale di Chiara: nel film, infatti, ci sono anche sua madre Catherine Deneuve, il suo ex compagno e oggi suo miglior amico, Melvil Poupaud, e l'ex marito, il cantautore Benjamin Biolay. Nel cast, di fatto, tutti interpretano se stessi - fatta eccezione per l'ossessiva interpretazione di Chiara/Marcello -, da  Fabrice Luchini a Nicole Garcia, da Francesca Fialdini a Stefania Sandrelli. La giornalista televisiva italiana e l'attrice viareggina, peraltro, compaiono insieme in scena in Da noi... a ruota libera, tipico contenitore RAI da fascia pomeridiana, con la prima che intervista la seconda citando Divorzio all'italiana (Germi 1961), con Sandrelli e Mastroianni, poco prima di mostrare, come in un riconoscimento all'americana, una serie di personaggi che vestono i panni di Marcello in celebri pellicole del passato.
C'è il Ferdinando Cefalù detto 'Fefè' dello stesso Divorzio all'italiana, ma anche il Carlo Danesi di Vita da cani (Monicelli 1950), l'indimenticato Gabriele di Una giornata particolare (Scola 1977), il Romano Patroni di Oci ciornie (Michalkov 1987), lo Spyros de Il volo (Angelopoulos 1986), e il Pippo Botticella/Fred di Ginger e Fred (Fellini 1986), che è proprio Chiara Mastroianni.
Il viaggio a Roma sposta l'ambientazione del film in Italia, che poi arriverà anche sul litorale fino a Formia, cosicché della città eterna vediamo la stazione Termini, l'arco di Sisto V per l'acquedotto Felice (1585) lì nei pressi, il cimitero Monumentale del Verano - dov'è la sepoltura di Marcello Mastroianni, fino agli studi RAI intitolati a Fabrizio Frizzi di via Ettore Romagnoli in zona Nomentana.
La protagonista parla con la madre di quanto sia simile al padre e ricorda quanto da bambina avrebbe voluto i genitori sposati; Catherine Deneuve dice a Luchini di avere un buon ricordo di François Ozon (i tre lavorarono insieme a Potiche - La bella statuina, 2010, in cui, come precisa l'attore, lui era sposato con Deneuve che lo tradiva con Depardieu), ma soprattutto, andando con la figlia a rivedere l'appartamento in cui Chiara è cresciuta e in cui viveva anche Marcello al citofono pronuncia l'iconico "Je suis Catherine Deneuve".
E come se non bastasse Chiara litiga come se fosse il padre con la madre per le reali gelosie di lei per Maria Callas che allora abitava al piano di sotto.
È tutto clamorosamente metacinematografico e Fabrice Luchini, che dichiara di conoscere dall'infanzia Melvil Poupaud (che tra l'altro si chiama così in onore Jean-Pierre Melville), ne ricorda anche i genitori, Chantal e Michel Poupaud. Lo stesso attore francese, che in studio ha in bella vista una foto di Sofia Loren (un'altra delle donne più importanti di Mastroianni, a prescindere dal loro tipo di relazione), cita Le notti bianche (Visconti 1957), in cui Marcello recitava al fianco di Maria Schell, e poi parla anche di Michel Bouquet e della sua teoria secondo cui un attore per essere bravo non deve avere personalità, altrimenti vedremmo l'uomo e non il personaggio. E Chiara Mastroianni, in effetti, sembra non fare altro che annullare se stessa per diventare suo padre, in quella che Catherine Deneuve e Melvil Poupaud considerano un'oggettiva schizofrenia scaturita dal bisogno di avere ancora vicino suo padre. E aggiungerei, per parafrasare Woody Allen, che avere la suoneria con La cavalcata delle valchirie di Wagner non depone a suo favore...
Tanta musica del passato utilizzata nella colonna sonora, sin dalla già citata sequenza della fontana parigina, il cui sottofondo è la voce di Luigi Tenco nella struggente Mi sono innamorato di te. In un concerto di Benjamin Biolay, Chiara sale sul palco e canta Una terra promessa di Eros Ramazzotti, ricordando a tutti che il padre le cantava spesso qual brano, mentre la Chiara bambina pattina con la madre sulle note di A Dean Martin di Fabio Concato. Nella scena in tv, vediamo anche il vero Mastroianni che, in una puntata di Studio Uno del 1965, duetta con Mina cantando Se piangi ridi, portando con sé il cocker Bobby (la canzone è di Bobby Solo) che abbaia con lui, in un altro dettaglio, quello del cocker che il film non manca di aggiungere tra gli incontri di Chiara in giro per Parigi.
Oltre quanto già detto, Chiara passeggia per Parigi vestita come il Guido Anselmi di 8 e 1/2 (Fellini 1963), si presenta a tutti come Marcello e parla di sé al maschile. Questo accade anche con Colin (Hugh Skinner), l'unico personaggio di fantasia della storia, un soldato inglese che Chiara incontra per una Parigi notturna in alcuni sogni felliniani e al quale rivela la battuta più tristemente saggia del film: "non saper rinunciare all'amore significa esporsi alle peggiori sofferenze".
Di Fellini, ovviamente, non può mancare la mitica sequenza finale de La dolce vita sulla spiaggia di Passo Scuro, che qui invece viene ripensata a Formia, consueta località di villeggiatura di Marcello Catherine e Chiara bambina, e dove oggi Chiara/Marcello fa lo stesso gesto del padre che non sente a causa del rumore della risacca (vedi).
Chiara si è liberata del peso del padre? Forse sì e il bagno nuda in mare lo lascia supporre, ma d'altro canto dovrà sempre fare i conti, come tutti d'altronde, con quello che le è stato detto da Luchini, leggendo Nietzsche: "Tutto quanto di buono c'è nella vita è ereditato". E nel suo caso l'assunto è fatalmente più concreto.

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