giovedì 25 luglio 2024

Il buio oltre la siepe (Mulligan 1962)

Uno dei capolavori della Universal degli anni Sessanta, con Robert Mulligan alla regia e un futuro altro regista, allora appena trentaquattrenne, alla produzione, Alan J. Pakula, per l'adattamento di un romanzo di successo, quello della statunitense Harper Lee (1926-2016), scritto nel 1960 e vincitore del premio Pulitzer nel 1961, da cui ha derivato la sceneggiatura Horton Foote.
Quest'ultimo, l'attore protagonista Gregory Peck e la scenografia, firmata da Alexander Golitzen, Henry Bumstead e Oliver Emert, vinsero i rispettivi Oscar nel 1963, mentre rimasero solo candidature quelle per il miglior film, la regia, l'attrice non protagonista (la giovanissima Mary Badham), la fotografia di Russell Harlan e la colonna sonora di Elmer Bernstein (trailer).
Come spesso accade, la fama della pellicola è determinata anche dal contesto storico in cui venne realizzata: uscito un anno prima dell'omicidio Kennedy (1963) e due prima della promulgazione del Civil Rights Act (1964), resa impellente dalle proteste del movimento per i diritti civili agli afroamericani, ma che non trasformò del tutto, com'è naturale che fosse, la situazione esplosiva che, di lì a poco, portò anche all'omicidio di Malcolm X (1965) e di Martin Luther King (1968).
Sono anni di grande fermento, in cui Il buio oltre la siepe rappresenta un passo coraggioso dalla parte dei sani principi democratici e antirazziali, con una storia ambientata in uno degli stati del sud, l'Alabama, e negli anni '30, quando tutto quello che i cittadini americani stavano vivendo doveva sembrare lontano, ma evidentemente non lo era così tanto...
A rappresentare quegli ideali progressisti l'avvocato Atticus Finch, interpretato da un gigante come Gregory Peck, uno dei "buoni" per antonomasia dell'età dell'oro di Hollywood e che, pur se negli anni ebbe moltissimi ruoli di prestigio, quando in età avanzata gli veniva chiesto quale fosse il suo preferito, rispondeva "sono tanti. Nell'ordine, Atticus Finch, Atticus Finch, Atticus Finch e ancora Atticus Finch".
Il bell'inizio fatto di dettagli è una premessa che ci informa subito che quello che stiamo per vedere è un film di formazione. Un orologio da taschino, un fischietto, delle biglie, un'armonica a bocca, dei disegni sono il tesoro trovato da Jeremy detto Jem (Phillip Alford) e da Jean Louise detta Scout (Mary Badham) nel buco di un albero. I due bambini, di dieci e sei anni, sono i figli di Atticus, rimasto vedovo da quattro anni, che si divide tra loro, con l'aiuto della domestica Calpurnia (Estelle Evans), e la professione di avvocato, che svolge tenendo fede ai suoi principi democratici, difendendo d'ufficio i più deboli.
La famiglia vive così, nella piccola cittadina di Maycomb, in una tipica casa del sud, in legno, con il portico in facciata corredato di un'immancabile sedia a dondolo, circondata da un buon vicinato, in cui tutti sembrano amici e pronti a darsi una mano di fronte alle difficoltà. Fa eccezione Arthur Radley, che tutti chiamano Boo (Robert Duvall alla sua prima apparizione cinematografica), un uomo con problemi mentali, che vive nella casa di fianco ai Finch, che i bambini reputano una sorta di casa maledetta, da cui stanno lontano se non per delle prove di coraggio nelle quali è coinvolto anche il loro compagno di giochi, Charles Baker Harris, detto Dill (John Megna). Questa parte della pellicola è quella più tipica del romanzo di formazione, in cui sembra di vedere tanto altro cinema statunitense successivo - in primis un film epocale come Stand by me (Reiner 1986) - e in cui la colonna sonora di Bernstein ha la capacità di farci entrare.
A raccontarci tutto è la voce narrante di una donna, quella di Scout adulta, che ricorda la storia più sensazionale della propria infanzia, che ha segnato la sua crescita. In quei giorni, infatti, il giudice Taylor (Paul Fix), amico di Atticus, gli chiede di assumere la difesa di Tom Robinson, un afroamericano accusato ingiustamente di aver violentato una donna. I ragazzi impareranno che gli ideali del padre non sono condivisi da tutti, che la giustizia può essere manipolata, che anche le cose più ovvie possono essere messe in dubbio dall'ingiustificata paura del diverso, e che ciò che non conosciamo non per questo è automaticamente negativo ma che, anzi, diverso e ignoto possono anche essere la nostra salvezza...
Scout è quel che si diceva un maschiaccio, il suo carattere impulsivo la porta a rispondere per le rime a chiunque, anche alla signora Dubose, l'anziana vicina che non risparmia strali alle nuove generazioni, e persino a fare a cazzotti quando inizia ad andare a scuola, venendo sistematicamente tirata fuori dai guai dal fratello Jem. Ed è proprio dopo una scazzottata che Atticus, che i figli chiamano per nome - ennesimo segno di un rapporto diverso, quasi amicale, ma che non per questo ignora i ruoli familiari - le insegna la necessità di mettersi nei panni degli altri per capirne i pensieri e i comportamenti.
Harper Lee con Scout che indossa le mitiche All Star
Risulta anacronistico e fa un certo effetto a sentirlo oggi, che Atticus, quando la figlia gli riporta di aver di nuovo litigato, perché provocata da un compagno che le dice che suo padre difende i "musi neri", la rimprovera consigliandole di dire "negri".
Sono tante le curiosità del film. Il buio oltre la siepe, il titolo che venne dato all'edizione italiana del romanzo, pubblicato solo dopo l'uscita del film, non ha alcuna connessione né con il libro, né con la pellicola originaria. La frase, infatti, rimanda alle parole pronunciate dalla voce fuoricampo di Scout poco prima della fine della storia, ma solo nella versione italiana del film.
Il titolo originale di romanzo e film, invece, To Kill a Mockingbird, "uccidere un usignolo" (in realtà un tordo, ma anche la traduzione del testo non fu fedele), cita Atticus, che ricorda come da bambino il padre gli regalò un fucile con la raccomandazione di non sparare agli usignoli, e lo sceriffo Heck Tate (Frank Overton), che paragona Boo a un usignolo, in una metafora ripetuta anche dalla stessa Scout.
È strano che Mulligan e Foote non inserirono in sceneggiatura la citazione cinematografica presente all'inizio del romanzo, quando Scout racconta che Dill, arrivato a Maycomb dal Mississippi per passare l'estate, aveva raccontato loro di aver visto Dracula, che ovviamente è quello di Tod Browning con Bela Lugosi, uno dei capisaldi del cinema horror.
In diverse sequenze la bambina indossa delle All Star, le celebri scarpe alte e da basket, che di primo acchito può sembrare un anacronismo negli anni '30. Eppure non è così, poiché il modello venne creato nel 1917 dalla Converse in collaborazione con il campione Chuck Taylor.
Anche la presenza di un frigorifero in casa dei Finch in quegli anni non deve sorprendere poiché, anche se in Italia arrivò negli anni Cinquanta del Novecento, negli Stati Uniti il frigorifero era stato introdotto nelle case a partire dal 1913.
Il piccolo Dill Harris, il bambino che sulle prime si mostra snob e fa amicizia con Jem e Scout, è il personaggio del romanzo ispirato a Truman Capote, amico d'infanzia di Harper Lee, nonché colui che la spinse a scrivere il libro. Ma l'elemento maggiormente autobiografico è proprio in Scout, con cui la scrittrice doveva identificarsi, tanto più che Atticus Finch era modellato su suo padre, Amasa A.C. Lee, vedovo, avvocato e legislatore in Alabama (Maycomb è quindi la Monroeville in cui i Lee abitavano), che nel 1923 difese davvero un cliente afroamericano. E, non a caso, Gregory Peck ci tenne a conoscere Amasa, allora ottantaduenne, che purtroppo morì prima dell'uscita del film. Per questo Harper Lee regalò all'attore l'orologio di suo padre, che Peck portò con sé alla cerimonia degli Oscar del 1963.
Per quanto detto, soprattutto all'inizio di questa analisi, la parte di maggior fascino del film è indubbiamente quella del processo, che di fatto colloca Il buio oltre la siepe tra i grandi legal thriller della storia del cinema. Atticus difende Robinson con grande scaltrezza e mettendo in luce dettagli così clamorosi da rendere evidente l'ottusità di quella condanna. Tutto appare chiaro dalle sue parole, cosicché la deposizione dell'accusato risulta il racconto esatto di quanto accaduto, in cui i veri colpevoli sono in realtà Mayella Ewell (Collin Wilcox Paxton) e suo padre Bob (James Anderson), che pure sono vittime di povertà e ignoranza. Per Atticus, nell'arringa finale (vedi), sono questi i motivi del preconcetto razzista, che contrasta con il principio di uguaglianza nei diritti per tutti gli uomini. Anche il vecchio luogo comune, di matrice ebraico-cristiana, del mancinismo come fattore negativo è elemento basilare per la comprensione dei fatti: e se il cattivo opera con la sinistra, l'innocente non può nemmeno usarla quella mano: più chiaro di così...
Naturalmente chiarezza e manicheismo così accentuati sono finalizzati ad amplificare ancora di più l'ingiustizia perpetrata dai tredici componenti della giuria. Anche la piccola aula di tribunale è stracolma ed è nettamente divisa in due parti: in basso i bianchi, che parteggiano per gli Ewell, in alto, dalla balconata, la comunità nera, sacerdote compreso, con cui assistono al processo anche Jem, Scout e Dill.
Eppure, mentre una storia e un film comuni si chiuderebbero con il processo, ne Il buio oltre la siepe c'è ancora spazio per riprendere quel romanzo di formazione, nel quale di fatto la questione razziale è una lunga parentesi, per dimostrarci che sono Jem e Scout i veri protagonisti, non Atticus, che è il loro eroe e, in fondo, anche il nostro... il miglior personaggio di Gregory Peck, non poco. 

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