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venerdì 31 ottobre 2025

Una battaglia dopo l'altra (Anderson 2025)

Paul Thomas Anderson gioca a fare Quentin Tarantino e i fratelli Coen insieme, dimostrando per l'ennesima volta la capacità di cambiare genere con ottimi risultati, e, pur se Una battaglia dopo l'altra forse non è al livello dei suoi pellicole più riuscite, è un gran bel film.
Il regista californiano in questi anni è stato in grado di passare con disinvoltura dal biopic anni '70 Boogie Nights (1997) all'altmaniano Magnolia (1999), dal dramma storico de Il petroliere (2007) per poi tornare agli anni '70 con Vizio di forma (2014), dal reducismo di The Master (2012) all'alta società de Il filo nascosto (2017), fino a Licorice Pizza (2021), in cui tornavano ancora gli anni '70 e che già aveva in nuce qualcosa dell'epica tarantiniana e dell'ironia dei Coen (trailer).
La pellicola, adattata dallo stesso Anderson dal romanzo Vineland di Thomas Pynchon, ha un inizio che già dice tanto sulla sua qualità tecnica: un movimento da dolly di altri tempi (oggi probabilmente un drone) permette alla mdp di alzarsi e mostrarci il centro di detenzione immigrati di Otay Mesa, quartiere meridionale di San Diego in California. Ma saranno tanti
Nei French 75, gruppo rivoluzionario che libera prigionieri, svaligia banche, piazza bombe, ci sono anche Perfidia Beverly Hills (Teyana Taylor) e Pat Calhoun, detto "Ghetto Pat" (Leonardo DiCaprio), coppia mista, nera lei, bianco lui... che già per questo rappresentano una provocazione verso il sistema. A contrastarli l'esercito, con in testa il colonnello Steven J. Lockjaw (Sean Penn) che, infatuato della bellissima Perfidia, dopo averla arrestata, riesce a ottenere da lei del sesso travolgente e fuori dal comune (la donna arriva a sodomizzarlo con una pistola).
Perfidia, che rischia quarant'anni di prigione dopo un omicidio, si piega a collaborare con Steven facendo arrestare i suoi ex compagni. Affronta anche la maternità in maniera decisamente sui generis e, durante la gravidanza, ripete "metto me stessa al primo posto", lasciando poi la responsabilità di allevare la piccola Charlene al solo Pat. I due, peraltro, cambieranno identità, diventando Bob e Willa Ferguson, e andranno a vivere lontano da lì, ma Steven Lockjaw non li dimenticherà e le loro vite sedici anni dopo si incroceranno di nuovo...
Una battaglia dopo l'altra
 è un film di avventura, in cui legami personali, tradimenti, contraddizioni, inseguimenti, bombe, toni grotteschi e ribaltamento della morale comune muovono continuamente la trama, in cui poi sopratttutto la presenza di tre giganti, come DiCaprio, Penn e del Toro, fa il resto.
Il primo si cala nei panni di un uomo lontanissimo dal maschio alfa che ci si aspetterebbe in quel contesto: è lui a seguire la compagna, che è una leader naturale e ribelle per tradizione familiare, come non manca di fargli notare la madre di Perfidia Ed è sempre lui a rimanere accanto alla figlia, mentre Perfidia decide di dare priorità alla sua libertà di donna attivista e non ingabbiabile né in galera, né nello schema familiare più consono.
Penn interpreta uno straordinario personaggio degno di un film dei Coen o persino dei Monty Python, anche lui molto lontano dall'idea più tradizionale di militare. Nelle sue continue contraddizioni, ama essere sottomesso dalla dominante Perfidia, ma allo stesso tempo critica le coppie miste e, davanti al club dei Pionieri del Natale, una sorta di massoneria destrorsa e suprematista, fa di tutto per nascondere le proprie inclinazioni e la sua passione per una donna nera.
Quello di Benicio del Toro, il sensei Sergio St. Carlos, maestro di karate di Willa, in fondo, è il personaggio meno sorprendente e il suo ruolo si limita ad accompagnare Pat nella soluzione dei problemi della sua nuova vita.
Tanti i momenti divertenti di una pellicola che ha come principale caratteristica i toni della commedia, a partire dalle reazioni di Pat/Bob Ferguson che, ormai lontano dagli anni della guerriglia quotidiana, vive in maniera pigra e in vestaglia, sempre sballato dalle sostanze che assume, qualcosa di vicino al Jeffrey "Drugo" Lebowski del celebre film dei Coen (Il grande Lebowski, 1998). Quando riceve una telefonata in codice non è in grado di ricordare la parola d'ordine ed entra in paranoia, con uno sguardo paragonabile al John Travolta/Vincent Vega che arriva a casa di Mia Wallace/Uma Thurman in Pulp Fiction (Tarantino, 1994). È geloso della figlia, tanto da accogliere uno degli amici della ragazza con "se le fai qualcosa lo farò a tutta la tua famiglia". E da perfetto boomer, da lei impara a farsi i selfie col cellulare. Willa sarà sempre più simile a sua madre e, di fronte alle raccomandazioni paterne, "stai attenta", la sua riposta non potrà che essere "non ci pensao nemmeno".
Bello e divertente il piano-sequenza con Pat e Sergio che entrano in casa di quest'ultimo, passando per numerose stanze che si susseguono, ricolme di latinos. Davvero degni dei Coen e dei Python i nomi del club dei Pionieri del Natale, ma anche quello dell'ordine delle Sorelle del Castoro Coraggioso.
La cinefilia di Anderson è sempre molto presente e così anche un semplice momento, come quello in cui Perfidia Beverly Hills spara con il mitra in segno di giubilo, è un omaggio al cinema, con la protagonista che urla in piena esaltazione "mi sento Tony Montana", citando il personaggio principale interpretato da Al Pacino del remake di Scarface (De Palma 1983).
Pat, invece, anni dopo, quando è ormai noto come Bob Ferguson e sua figlia è un'adolescente, la aspetta a casa guardando vecchi film in televisione. Quello che gli vediamo guardare è La battaglia di Algeri (Pontecorvo 1966).
Il sensei Sergio St. Carlos, invece, che nel suo ufficio in palestra ha appeso il poster giapponese di Superman (Donner 1978), cita un attore di Hollywood parlando con Bob: "sai cos'è la libertà? Non avere paura [...] come Tom Cruise". 
La colonna sonora è firmata ancora una volta dal chitarrista dei Radiohead, Jonny Greenwood, già autore delle musiche per cinque film di Anderson (Il petroliere, The Master, Vizio di forma, Il filo nascosto, Licorice pizza). Tra i brani di contesto, invece, Ready or not dei Fugees (1996) e poi, naturalmente, non può mancare un classico ispanico, il bolero messicano Perfidia, cantato dai Los Panchos (1947), dettaglio cinefilo finale, dato che sulle note della stessa canzone, composta originariamente da Alberto Domínguez Borrás, nel 1939, ballano Ingrid Bergman e Humphrey Bogart in Casablanca (Curtiz 1942, vedi), e ripreso nella versione di Nat King Cole (ascolta), nel magnifico In the mood for love (Kar-Wai 2000).

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